Acquisto crediti da superbonus: il Fisco sulla tassazione della plusvalenza
Una nuova risposta dell'Agenzia delle Entrate entra nel merito della rilevanza reddituale derivante dal differenziale tra credito d'imposta spettante e costo d'acquisto
Sono tante e importanti le criticità presenti nella normativa che ha messo in piedi nel nostro ordinamento il superbonus 110% e il meccanismo delle opzioni alternative (sconto in fattura e cessione del credito). Tra queste vi è certamente l'innovazione fiscale di una norma che ha consentito l'ottenimento di un credito fiscale superiore alla spesa e che, in caso di sconto o cessione, consente evidentemente una plusvalenza per l'acquirente della detrazione.
Plusvalenza da acquisto credito: interviene l'Agenzia delle Entrate
L'argomento era già stato affrontato superficialmente dall'Agenzia delle Entrate con la "famosa" Circolare 23 giugno 2022, n. 23/E che nel paragrafo "Applicazione dello sconto da parte del professionista che rilascia il visto di conformità" aveva chiarito un aspetto fondamentale (sfuggito a molti).
In particolare, il professionista che si occupa della progettazione, delle asseverazioni o del visto di conformità e che applica lo sconto in fattura acquisendo un credito d'imposta del 110%, beneficia di un provento assimilabile all'esercizio dell'attività professionale e, pertanto, assoggettato a tassazione ai sensi dell’articolo 54 del TUIR.
Con la nuova risposta n. 472 del 30 novembre 2023, il Fisco è tornato sull'argomento rispondendo ad un quesito presentato da uno studio associato di commercialisti in merito alla qualificazione fiscale del "differenziale positivo" conseguente al pagamento di un corrispettivo inferiore al valore dei crediti.
Cosa dice il TUIR
Preliminarmente AdE ha ricordato i contenuti dell'art. 1 del d.P.R. n. 917/1986 (TUIR) a mente del quale ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, costituisce presupposto di imposta il possesso di redditi, in denaro o in natura, appartenenti ad una delle categorie tassativamente indicate nel successivo articolo 6:
- redditi fondiari;
- redditi di capitale;
- redditi di lavoro dipendente;
- redditi di lavoro autonomo;
- redditi d'impresa;
- redditi diversi.
Ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, dunque, qualora si verifichi un arricchimento del contribuente non inquadrabile in una delle predette categorie reddituali specificatamente individuate dalla normativa, in linea di principio, detto arricchimento non è assoggettabile ad imposizione diretta.
La disciplina fiscale delle associazioni professionali
L'art. 5, comma 3, lettera c), del TUIR assimila, ai fini della determinazione del reddito, le associazioni senza personalità giuridica costituite tra persone fisiche per l'esercizio in forma associata di arti e professioni, alle società semplici in ragione della presenza dei medesimi elementi costitutivi.
Tale assimilazione comporta che le associazioni professionali non possano svolgere attività d'impresa e che il proprio reddito imponibile è costituito dalla sommatoria delle singole categorie di reddito indicate all'art. 6 del TUIR, identificate in ragione della loro fonte di produzione. Il reddito complessivo così determinato è imputato per trasparenza, ai sensi del medesimo articolo 5, in capo a ciascun associato.
Nel caso di specie, il provento è pari alla differenza positiva tra il valore nominale del credito di imposta acquisito ai sensi dell'articolo 121 del Decreto Legge n. 34/2020 (Decreto Rilancio) e il corrispettivo pagato dallo Studio Associato, che si considera "incassato" al momento dell'effettivo utilizzo in compensazione, ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, con le imposte e contributi dovuti, secondo le stesse modalità spettanti al beneficiario della detrazione.
Le persone fisiche e le associazioni
Prima di rispondere puntualmente alla domanda, l'Agenzia delle Entrate ha osservato che già con l'introduzione del superbonus 110%, il legislatore ha inteso riconoscere ai contribuenti un'agevolazione, sotto forma di detrazione dall'imposta lorda, di ammontare superiore ai costi sostenuti senza, tuttavia, prevedere alcuna rilevanza reddituale di tale differenziale positivo (pari al 10% delle spese medesime).
In assenza di una specifica disposizione in tal senso, la rilevanza reddituale di tale differenziale va ricercata in applicazione delle regole generali di tassazione del reddito.
Per quanto concerne le persone fisiche non titolari di reddito di impresa nonché le associazioni costituite tra persone fisiche per l'esercizio in forma associata di arti e professioni, occorre valutare se tale differenziale positivo rientri in una delle categorie reddituali di cui al citato articolo 6 del TUIR.
Al riguardo, l'Agenzia delle Entrate ritiene che detto differenziale o "provento" non rientri in nessuna delle categorie reddituali, in quanto l'acquisto del credito di imposta dietro corrispettivo:
- non costituisce un impiego di capitale e, quindi, non può essere considerato un reddito di capitale;
- non può essere considerato un reddito di lavoro autonomo in quanto per il suo calcolo si considera la differenza tra l'ammontare dei compensi in denaro o in natura percepiti nel periodo d'imposta, anche sotto forma di partecipazione agli utili, e quello delle spese inerenti all'esercizio dell'arte o professione effettivamente sostenute nel periodo stesso;
- non rientra neanche tra i redditi dal carattere eterogeneo e residuale rispetto alle altre categorie tra le quali le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso, ovvero dal rimborso di titoli o certificati di massa.
La risposta al quesito
In definitiva, nel caso di studio associato l'acquisto di crediti di imposta corrispondenti alla detrazione nella misura del 110 per cento, da utilizzare in compensazione:
- non originano da prestazioni professionali rese dallo Studio e/o da soggetti associati
- non rappresentano il corrispettivo in natura di prestazioni professionali rese dai medesimi soggetti.
Pertanto, in assenza di una espressa previsione normativa, volta ad attribuire rilevanza reddituale all'eventuale differenziale positivo tra l'importo nominale del credito e il prezzo di acquisto dello stesso, e stante la non riconducibilità di tale differenziale in una delle categorie reddituali previste dal TUIR, detto acquisto non genera reddito imponibile in capo allo Studio Associato istante.
Concludendo, ai sensi della citata circolare n. 23/E/2022, l'Agenzia delle Entrate ha confermato che i crediti acquisiti ai sensi del citato articolo 121 del decreto Rilancio in relazione a prestazioni professionali (ad esempio applicando il cd. sconto in fattura) rese nei confronti di committenti che hanno esercitato l'opzione ivi disciplinata costituisce un provento percepito nell'esercizio dell'attività professionale e, pertanto, assoggettato a tassazione ai sensi dell'articolo 54 del TUIR.
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