Acquisto immobile abusivo all’asta: cosa prevede la legge?

È possibile ottenere il permesso di costruire in sanatoria per un immobile acquistato all'asta mediante procedura espropriativa? Ne parla Palazzo Spada in un'interessante sentenza

di Redazione tecnica - 27/12/2024

La vendita all’asta mediante procedura espropriativa di un immobile illecitamente realizzato non ha effetto sanante sull’abuso conseguito.

In caso di acquisto di un manufatto affetto da illeciti edilizi, infatti, l’unica concessione che viene fatta in tal senso riguarda la possibilità di presentare il permesso di costruire in sanatoria entro 120 giorni dall’atto di trasferimento, a patto però che le ragioni di credito per le quali si interviene risalgano ad una data anteriore rispetto all’entrata in vigore della norma sulla base della quale è stata presentata l’istanza di condono.

Acquisto abuso all’asta: è possibile ottenere il permesso in sanatoria?

A spiegarlo è il Consiglio di Stato con la sentenza del 29 novembre 2024, n. 9583, con la quale ha rigettato un ricorso contro il diniego dell’istanza di sanatoria - richiesta ai sensi della Legge n. 724/1994 (Secondo Condono Edilizio) - per un immobile acquistato mediante procedura espropriativa all’asta. Sull'immobile era già stata respinta una richiesta di condono in seguito all’accertamento dell’inottemperanza all’ordine di demolizione relativo ad ulteriori opere abusive realizzate quando la definizione della domanda era ancora pendente.

In proposito, i giudici di Palazzo Spada chiariscono che l’acquisto con procedura espropriativa all’asta di un immobile affetto da illeciti edilizi non ha effetto sanante sull’abuso.

In caso di acquisto di un immobile abusivo all’asta, infatti, l’art. 40 della Legge n. 47/1985 (Primo Condono Edilizio), concede, al più, all’aggiudicatario di poter presentare domanda di permesso in sanatoria entro un tempo massimo di 120 giorni dalla notifica del decreto dell’autorità giudiziaria, ma solo se “le ragioni di credito per cui si interviene o procede siano di data anteriore all'entrata in vigore della presente legge”.

Ebbene, in questo caso, “la ragione del credito” risale al 2009, e quindi non anteriore all’entrata in vigore della Legge n. 724/1994, sulla base della quale l’istanza di condono è stata presentata.

Si rileva peraltro che l’aggiudicatario fosse perfettamente a conoscenza, al momento dell’assegnazione, della natura abusiva dell’immobile e anche della comunicazione del preavviso di diniego notificata al tempo ai precedenti proprietari, pertanto non poteva riporre alcun legittimo affidamento sull’eventuale definizione favorevole della sanatoria.

La sola circostanza che preme sottolineare nel caso in esame, infatti, è il fatto che l’istanza di condono era già stata respinta prima del decreto di trasferimento dell’immobile, che quindi, al momento dell’assegnazione, non era più suscettibile di sanatoria.

Diniego di condono: provvedimento valido dall’emissione, non dalla comunicazione

Secondo una consolidata giurisprudenza, il diniego di condono non è da ricomprendersi tra gli atti di natura ricettizia di cui all’art. 21-bis della Legge n. 241/1990 (Norme in materia di procedimento amministrativo) - che peraltro includono i soli provvedimenti limitativi della sfera giuridica dei privati - in quanto l’art. 32, comma 37, del DL n. 269/2003, convertito nella Legge n. 326/2003 (Terzo Condono) prevede espressamente la formazione del silenzio-assenso dopo 24 mesi dalla presentazione, qualora non intervenisse prima un provvedimento con esito negativo da parte del Comune.

La norma, in particolare, dà rilievo al momento dell’adozione del diniego di condono, e non al momento della ricezione della comunicazione di diniego da parte dell’interessato.

In altre parole, il provvedimento di diniego risulta valido quando viene emanato, e non quando viene comunicato, e quindi, anche se la notifica dell’atto dovesse essere stata destinata solo ad una parte dei soggetti interessati - come in questo caso si lamenta - tale mancanza non potrebbe comportare l’annullamento del provvedimento, che, appunto, era già valido al momento della ricezione della comunicazione.

Anche volendo dare adito, però, alla doglianza secondo cui il diniego di condono sarebbe un atto a natura ricettizia, viene chiarito che la notifica ai destinatari è condizione di efficacia e non di validità dell’atto.

Di conseguenza: “L’omessa notifica […] determina l’inefficacia dell’atto esclusivamente nei confronti dei destinatari per i quali la notifica è stata omessa, ferma restando la piena efficacia del medesimo nei confronti degli altri destinatari, oltre che della pubblica amministrazione emanante.

Nel caso in esame, il diniego è stato notificato al richiedente, mentre non è pervenuto ai comproprietari e debitori esecutati; tale condizione può determinare l’inefficacia dell’atto nei confronti dei soggetti che non l’hanno ricevuto, ma non l’inefficacia o l’invalidità assoluta e definitiva dell’atto in sé. Il ricorso dev’essere integralmente respinto.

© Riproduzione riservata

Documenti Allegati