Affidamenti diretti e conflitti di interessi: l’indagine ANAC
Preoccupanti le rilevazioni emerse dall'analisi dell'Autorità Nazionale Anticorruzione e riportate in un comunicato a firma del Presidente Busia
Con il Comunicato del Presidente ANAC dell’11 gennaio 2023, n. 1 sono stati pubblicati gli esiti di un’indagine condotta sulle modalità di gestione delle situazioni di conflitto di interesse nell’ambito dei contratti pubblici da parte dei comuni, con particolare riferimento agli affidamenti diretti.
Conflitti di interesse e affidamenti diretti: il Comunicato ANAC
In particolare, l’analisi è stata svolta per verificare il grado di osservanza degli obblighi dichiarativi, previsti in materia di conflitti di interesse nel settore dei contratti pubblici, con particolare riferimento agli affidamenti diretti, che già rappresentano un ambito critico in sede di vigilanza ordinaria.
Come spiega ANAC, l’affidamento diretto si caratterizza per l’assenza strutturale di un confronto competitivo nell’individuazione dell’assegnatario, aspetto che rende necessario garantire che la scelta dell’appaltatore avvenga senza condizionamenti impropri.
L’analisi è stata condotta utilizzando la Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici (BDNCP), dalla quale è stato estratto un campione di appalti, relativi all’anno 2021, aventi ad oggetto servizi tecnici affidati da comuni italiani, con particolare riferimento ai comuni non capoluogo di provincia, per importi inferiori a 150mila euro mediante procedura senza bando, in relazione ai quali è stato verificato il rispetto degli obblighi dichiarativi del RUP previsti dall'art. 42 d.lgs. 50/2016 (Codice dei Contratti Pubblici).
I risultati dell'analisi
Dall’analisi condotta è emerso quanto segue:
- in presenza di attestazione di dichiarazione conforme, sono risultati non conformi alle prescrizioni normative circa il 42% degli affidamenti diretti (n. 1.075 su n. 2.587 affidamenti diretti), con una percentuale di mancate risposte di circa il 36%;
- ove l’Autorità ha verificato l’effettivo contenuto delle dichiarazioni rese dai RUP, il tasso di non conformità è stato più elevato e ha riguardato il 55,79% degli affidamenti diretti (n. 448 su 803), con una percentuale di mancate risposte del 12,43%.
Gli affidamenti per i quali non è pervenuta una risposta non sono stati inclusi tra quelli ritenuti non conformi.
Secondo l'Autorità, Le criticità riscontrate evidenziano una sostanziale inadeguatezza nella gestione del conflitto di interesse da parte degli enti locali, fattispecie sulla quale il nuovo PNA 2022-2024 ha riservato uno specifico focus nella parte speciale.
Oltre ad essere disciplinato espressamente dall’art. 42 d.lgs. 50/2016, la gestione del conflitto di interesse, ricorda ANAC, costituisce una ordinaria misura di prevenzione della corruzione, prevista dal d.P.R. n. 62/2013, oltre che dai piani di prevenzione della corruzione e dai piani integrati di attività e organizzazione delle singole amministrazioni.
Scarsa applicazione della disciplina sul conflitto di interesse
L’alto numero di dichiarazioni omesse o non conformi (prevalenti rispetto a quelle conformi), inoltre, dimostra che la disciplina del conflitto di interesse è scarsamente applicata, soprattutto nello specifico settore esaminato (affidamento diretto dei servizi professionali tecnici). Il mancato corretto assolvimento dell’obbligo strumentale (assunzione della dichiarazione), infatti, rende pressocché impossibile l’emersione delle ordinarie situazioni di conflitto e la gestione delle stesse.
In nessuno dei casi esaminati è stato infatti segnalato un potenziale conflitto di interesse da gestire: il dato appare coerente con quanto emerso dall’attività di vigilanza ordinaria condotta in questi anni, che ha evidenziato in più occasioni carenze formali, ma anche omesse astensioni, anche negli affidamenti sotto soglia comunitaria.
Un quadro preoccupante, soprattutto alla luce della nozione di conflitto di interesse prevista dal nuovo codice dei contratti pubblici all’esame del Parlamento, che introduce un onere probatorio a carico di chi intende far valere il conflitto di interesse, con il rischio di azzerare l’ambito applicativo della norma, in modo incoerente e sproporzionato rispetto alle più ampie formulazioni previste dalle norme comunitarie (art. 24 Dir. UE 24/2014 e art. 35 Dir. UE 23/2014) e dalle altre norme nazionali (art. 6bis L. 241/90 e art. 6-7 DPR 62/2013).
Le conclusioni di ANAC
In conclusione, ANAC richiama l’attenzione delle stazioni appaltanti al puntuale rispetto della normativa in tema di conflitto di interessi, intesa anche quale misura di prevenzione del rischio corruttivo, in particolare riferimento agli affidamenti diretti, caratterizzati dalla sostanziale assenza di confronto competitivo.
Si tratta di un contesto in cui, ribadisce l’Autorità, è necessario raccogliere per ogni affidamento le dichiarazioni di insussistenza del conflitto di interesse del responsabile unico del procedimento. Queste dichiarazioni dovranno essere protocollate all’atto dell’accettazione dell’incarico e conservate dalla stazione appaltante, che dovrà provvedere a controllarne a campione la veridicità.
In presenza di potenziali conflitti di interesse, ovvero di circostanze sopraggiunte che determinino l’insorgenza di un potenziale conflitto di interesse, il RUP dovrà astenersi dallo svolgimento di qualsiasi attività relativa alla specifica procedura, quanto a darne tempestiva comunicazione al superiore gerarchico, aggiornando, se presente, la dichiarazione sul conflitto di interesse che dovrà essere nuovamente protocollata. In questo modo, una volta emerso il conflitto di interesse, anche solo potenziale, la stazione appaltante dovrà valutare la specifica situazione e adottare le misure più idonee, tenuto conto del singolo caso concreto e delle peculiarità della specifica struttura organizzativa, per scongiurare che il perseguimento del primario interesse pubblico possa essere compromesso dall’operato del dipendente in conflitto di interesse.
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