AGCM: Colpite ed affondate le norme sull’equo compenso
28/11/2017
Con buona pace di tutti, secondo l’AGCM (Autorità garante della concorrenza e del mercato) la disciplina dell’equo compenso per tutte le professioni prevista dal decreto-legge fiscale collegato alla manovra, di fatto, ostacola la concorrenza. Colpite ed affondate senza appello, quindi, le norme sull'equo compenso.
L’Autorità ha pubblicato, sul bollettino n. 45 del 27 novembre 2017, la segnalazione AS 1452 inviata ai presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, nonché al Presidente del Consiglio dei Ministri AS1452, avente ad oggetto alcune disposizioni previste nel decreto-legge 148/2017 e nel disegno di legge AC 4741 di conversione dello stesso, recante “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148, recante disposizioni urgenti in materia finanziaria e per esigenze indifferibili. Modifica alla disciplina dell’estinzione del reato per condotte riparatorie” (c.d. decreto fiscale).
Nel dettaglio in tema di “equo compenso” per le professioni,
l’Autorità ha segnalato la contrarietà ai principi
concorrenziali di quanto previsto dall’art. 19-quaterdecies del
ddl in esame che introduce il principio generale per cui
le clausole contrattuali tra i professionisti e alcune categorie di
clienti, che fissino un compenso a livello inferiore rispetto ai
valori stabiliti in parametri individuati da decreti ministeriali,
sono da considerarsi vessatorie e quindi nulle. L’AGCM precisa che
la disposizione, nella misura in cui collega l’equità del
compenso a paramenti tariffari contenuti nei decreti anzidetti,
reintroduce di fatto i minimi tariffari, con l’effetto di
ostacolare la concorrenza di prezzo tra professionisti nelle
relazioni commerciali con alcune tipologie di clienti c.d. “forti”
e ricomprende anche la Pubblica Amministrazione.
L’Autorità ha sottolineato come, secondo i consolidati principi
antitrust nazionali e comunitari, le tariffe professionali
fisse e minime costituiscano una grave restrizione della
concorrenza, in quanto impediscono ai professionisti di
adottare comportamenti economici indipendenti e, quindi, di
utilizzare il più importante strumento concorrenziale, ossia il
prezzo della prestazione.
L'AGCM ha precisato, anche, che tale intervento, laddove approvato nei termini proposti, determinerebbe un’ingiustificata inversione di tendenza rispetto all’importante e impegnativo processo di liberalizzazione delle professioni in atto da oltre un decennio e a favore del quale l’Autorità si è costantemente pronunciata, né risponde ai principi di proporzionalità concorrenziale. L'Autorità ha, Inoltre, aggiunto che eventuali criticità connesse all’elevato potere di domanda potrebbero essere affrontate attraverso un migliore utilizzo delle opportunità offerte da nuovi modelli organizzativi o dalle misure recentemente introdotte dal Jobs Act per tutelare i lavoratori autonomi in situazioni di squilibrio contrattuale e non tramite la misura in questione, che avrebbe l’unico effetto di alterare il corretto funzionamento delle dinamiche di mercato e l’efficiente allocazione delle risorse.
A cura di Redazione LavoriPubblici.it
© Riproduzione riservata
- Tag: