ALLARME RIBASSI: ANCHE INARSIND RISPONDE ALLA NOSTRA INCHIESTA
10/12/2009
Sembra non avere tregua l’inchiesta da noi avviata sui criteri
utilizzati dagli enti pubblici italiani per l’affidamento degli
incarichi di progettazione. Dopo le risposte fornite dall’arch.
Massimo Gallione, presidente Consiglio nazionale Architetti
PPC, dall’ing. Giovanni Rolando, presidente Consiglio
nazionale ingeneri, dal dott. Pietro Antonio De Paola,
presidente Consiglio nazionale Geologi, dall’arch. Braccio Oddi
Baglioni, presidente Oice e dall’arch. Paolo Grassi,
presidente Federarchitetti, arrivano anche quelle dell’Ing.
Salvo Garofalo, presidente di InArSind, Sindacato Ingegneri e
Architetti Liberi Professionisti Italiani.
Come anche gli altri 5 presidenti, l’Ing. Garofalo ha dimostrato particolare attenzione verso il problema sollevato dal nostro portale, rispondendo puntualmente alle domande da noi poste.
Sulle procedure di affidamento
Presidente, perché negli affidamenti degli incarichi il sistema più utilizzato è quello del prezzo più basso e non quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa?
I motivi sono molteplici e variano da una Amministrazione all’altra. Molte sono convinte, in buona o cattiva fede, che con questo sistema si risparmi, altre hanno uffici tecnici con poco personale, o peggio a tutt’altro affaccendato, e questa soluzione offre l’indubbio vantaggio di essere spedita.
I RUP perdono meno tempo perché, non devono esaminare e comparare centinaia di curricula, fare complesse e discutibili valutazioni e poi non sono sottoposti alle pressioni degli amministratori e dei progettisti amici inoltre, essendo, almeno teoricamente trasparente”,l’attività svolta è meno soggetta alle contestazioni politiche e giudiziarie.
Peccato che con questo sistema, almeno per come è stato sin qui applicato, il risultato è stato quasi sempre disastroso. Sia per colpa degli uffici tecnici che per colpa dei professionisti: i primi spesso hanno messo a basa d’asta importi di progettazione che non facevano riferimento alla tariffa ma alle somme disponibili rifiutando di ragionare su come può essere fatto un progetto con ribassi dell’ordine del 75%, i secondi, spinti dalla necessità, dall’incoscienza o dalla voglia di “farsi “ un curriculum, hanno proposto ribassi incredibili. Il risultato è stato che i professionisti corretti che hanno rispettato gli impegni si sono dovuti accontentare di costi orari inferiori a quelli della donna delle pulizie mentre i più “intraprendenti” hanno ridotto, in funzione dell’onorario, la qualità del progetto oppure hanno scaricato i sacrifici su giovani colleghi ancora più disperati.
Sulla derogabilità dei minimi di tariffa e sugli attuali ribassi
Presidente, qual è l’idea del suo Consiglio in merito al problema relativo alla derogabilità dei minimi di tariffa e come pensa che sia possibile evitare i ribassi "selvaggi"?
Non abbiamo mai manifestato preclusioni di principio sull’abolizione dei minimi tariffari, anche perché da alcuni studi condotti non sempre la “vecchia tariffa” era adeguata (ad esempio i calcoli strutturali in zona sismica) risultando in diversi casi antieconomica. Siamo stati i primi in Italia a fare una proposta alternativa ai minimi tariffari basandoci sulle esperienze concrete di altri paesi europei e sugli standard della FIDIC (Federazione Internazionale Degli Ingegneri Liberi Professionisti) a cui, come Sindacato, aderiamo in campo internazionale. Il sistema proposto, che almeno apparentemente aveva ottenuto unanimi consensi, era basato sui costi e sulla qualità del progettista (Quality Based Selection o QBS) inoltre per garantire la qualità del progetto avevamo chiesto un capitolato prestazionale prima della gara e la validazione di un Ente terzo alla consegna del progetto sia per far sapere ai “furbi” che non ci sarebbero stati sconti sulla qualità degli elaborati sia di per tutelare l’Ente che spesso, in presenza di ribassi altissimi, si ritrova con progetti che giunti in cantiere vengono attaccati costantemente dall’impresa esecutrice con la conseguenza di aver risparmiato lo 0,4% dell’importo dell’opera per prestazioni tecniche per andare a pagare per varianti, riserve etc anche il 25% dell’importo dei lavori. Oggi a oltre tre anni dalla legge Bersani la situazione è diventata intollerabile ed è urgente, nell’interesse della collettività e dei liberi professionisti, trovare una soluzione. Se non si vogliono fare subito ragionamenti sofisticati si può pensare ad un provvedimento “tampone” come ad esempio limitare il ribasso massimo alla vecchia tariffa al 20-30% ma nel contempo occorre studiare una proposta organica che regoli seriamente le offerte per prestazioni tecniche procedendo attraverso la concertazione con i Sindacati delle libere professioni interessate stabilendo con questi un vero e proprio tempario di base per tipologie di progetti, aggiornabile e integrabile annualmente con dei meccanismi legati al costo del lavoro e all’indice Istat. Si stabiliscano i requisiti per partecipare alle gare in modo equilibrato evitando categorie iperspecialistiche e fatturati esagerati che sbarrano di fatto la partecipazione ai giovani e ai professionisti che in questi anni non hanno voluto partecipare a questo “gioco al massacro”.
Infine si guardi in modo serio alle offerte (anomalie, controlli di regolarità, validazione dei progetti, etc) in modo da garantire alle Amministrazioni non solo un prezzo di “mercato” ma anche una prestazione di alta qualità.
Sulla dignità della professione
Presidente, ritiene che un ribasso "selvaggio" tolga dignità alla professione ed in tal caso quali meccanismi crede che possano utilizzare i Consigli provinciali e nazionali degli Ordini per porre rimedio ad un problema definito da tutti veramente grave?
La risposta è ovviamente si. Gli Ordini Provinciali e i Consigli Nazionale, hanno già gli strumenti per porre fine a questo fenomeno dato che la violazione dell’art. 2233c.c. secondo comma, in base al quale “in ogni caso la misura del compenso deve essere adeguata all’importanza dell’opera e al decoro della professione” è segnalata, nei codici deontologici, come illecito disciplinare. Ma a Inarsind non risultano provvedimenti presi in tal senso, ecco perché, facendo pressione sul governo e l’opinione pubblica, è opportuno intervenire alla fonte con una nuova normativa che impedisca l’utilizzo del sistema del prezzo più basso sic et simpliciter.
Sulla riforma delle libere professioni
Presidente, sino a qualche tempo fa le libere professioni tecniche erano molto vicine al CUP che era anche riuscito a presentare una legge di iniziativa popolare. Oggi la posizione delle professioni tecniche sembra più debole. Quali strumenti ritiene, oggi, possano essere utilizzati affinché in questa legislatura veda la luce la riforma delle libere professioni?
E’ da 26 anni che i politici (sia di destra che di sinistra) ci prendono in giro tentando di riformare con gli stessi principi professioni assolutamente diverse fra di loro. Non si possono applicare le stesse regole a notai e architetti i o a farmacisti e ingegneri inoltre in questo campo regna grande confusione anche ai livelli più elevati di conoscenza (vedi ad esempio l’Antitrust che in un documento di quest’anno, con un’interpretazione che è stata ampiamente contestata, ha definito i professionisti come imprese e gli Ordini, in quanto loro enti rappresentativi, associazioni di imprese, assoggettati di conseguenza alle regole antitrust). Oggi, dopo cinque lustri, sembra che la nostra classe politica abbia compreso che è meglio optare per una legge snella e lasciare alle singole categorie la possibilità di stabilire regole e principi attinenti lo svolgimento della professione specifica. A nostro avviso i tecnici in generale e Architetti e gli Ingegneri in particolare debbono cogliere l’occasione per fare chiarezza su molte questioni da sempre “borderline” ad esempio: sulla formazione universitaria e post-laurea, sui ruoli all’interno delle categorie, sulle competenze, sulla rappresentanza etc, mettendo attorno ad un tavolo Ordini, Sindacati di categoria, Università ed Ente di Previdenza per far sì che dopo la riforma ognuno ricopra il ruolo che gli compete evitando confusioni che fino ad oggi sono state utilizzate dai politici per deleggittimarci.
Per quanto attiene i vari CUP (Comitato Unitario Professioni), PAT (Patto fra le professioni di Area Tecnica) e oggi anche il Cogepapi (Coordinamento tra Geometri, Periti Agrari e Periti Industriali) sono a nostro avviso una forma di rappresentanza impropria e distorta e senza alcuna oggettiva legittimazione nati al di fuori della legislazione ordinistica dal cui ambito traggono risorse ingiustificate, alimentando lo stato di confusione, con proposte alternative a quelle istituzionali e con dinamiche di dubbia efficacia che spesso giovano più a dividere che ad unire si pensi agli architetti rimasti nel CUP mentre gli altri tecnici sono confluiti nel Pat.
Sulle procedure per superare l’attuale crisi
Presidente, quali possono essere, secondo Lei tre possibili risposte all’attuale crisi delle libere professioni?
1) Considerare i liberi professionisti non come un soggetto da “spremere”, ma come elementi vitali e propulsivi per l’economia del Paese. Al pari di altre attività economiche, riservare loro agevolazioni fiscali, incentivi, agevolazioni creditizie e facilitazioni per l’avviamento e lo sviluppo delle attività degli Studi (attrezzature, software, personale, etc). Prevedere delle agevolazioni per chi assume neolaureati con contratti biennali di formazione post-universitaria e per chi crea studi associati. Studiare delle agevolazioni all’accesso alla libera professione per i giovani colleghi che, ormai da molti anni, vivono in modo marginale la professione. Personalmente trovo immorale che molti colleghi esercitino due o tre lavori contemporaneamente (qualche volta incompatibili fra loro) mentre i nostri giovani, dopo anni di sacrifici, non riescono a rendersi autonomi economicamente.
2) Stabilire dei criteri equi per l’assegnazione degli incarichi pubblici e per partecipare alle gare escludendo chi non può svolgere in maniera esclusiva la libera professione. Creare dei modelli di domanda, curriculum etc, che abbiano valenza nazionale. Ridurre al minimo la burocrazia e utilizzare a pieno le nuove tecnologie di comunicazione protocollando domande, progetti ed elaborati elettronicamente.
3) Lo stato faccia la sua parte investendo per modernizzare il paese (le scuole dove mandiamo i nostri figli sono fra le più insicure d’Europa), il nostro enorme patrimonio storico-artistico ha bisogno di grandi interventi, ci sono migliaia e migliaia di “strutture strategiche” che non sono state rese antisismiche, abbiamo problemi idrogeologici spaventosi. Si diano incentivi seri ai privati per rendere sicuri, almeno per strutture ed impianti, i propri immobili entro tempi prestabiliti.
Ringraziamo il Presidente Garofalo per le sue interessanti risposte e invitiamo tutti i professionisti a partecipare al nostro sondaggio on line, fornendo una loro risposta alle suddette domande, in modo da rendere partecipi i nostri rappresentanti delle idee provenienti dalla base al fine aprire un tavolo di concertazione virtuale che dia una risposta condivisa ad un problema comune a tutte le professioni tecniche.
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Come anche gli altri 5 presidenti, l’Ing. Garofalo ha dimostrato particolare attenzione verso il problema sollevato dal nostro portale, rispondendo puntualmente alle domande da noi poste.
Sulle procedure di affidamento
Presidente, perché negli affidamenti degli incarichi il sistema più utilizzato è quello del prezzo più basso e non quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa?
I motivi sono molteplici e variano da una Amministrazione all’altra. Molte sono convinte, in buona o cattiva fede, che con questo sistema si risparmi, altre hanno uffici tecnici con poco personale, o peggio a tutt’altro affaccendato, e questa soluzione offre l’indubbio vantaggio di essere spedita.
I RUP perdono meno tempo perché, non devono esaminare e comparare centinaia di curricula, fare complesse e discutibili valutazioni e poi non sono sottoposti alle pressioni degli amministratori e dei progettisti amici inoltre, essendo, almeno teoricamente trasparente”,l’attività svolta è meno soggetta alle contestazioni politiche e giudiziarie.
Peccato che con questo sistema, almeno per come è stato sin qui applicato, il risultato è stato quasi sempre disastroso. Sia per colpa degli uffici tecnici che per colpa dei professionisti: i primi spesso hanno messo a basa d’asta importi di progettazione che non facevano riferimento alla tariffa ma alle somme disponibili rifiutando di ragionare su come può essere fatto un progetto con ribassi dell’ordine del 75%, i secondi, spinti dalla necessità, dall’incoscienza o dalla voglia di “farsi “ un curriculum, hanno proposto ribassi incredibili. Il risultato è stato che i professionisti corretti che hanno rispettato gli impegni si sono dovuti accontentare di costi orari inferiori a quelli della donna delle pulizie mentre i più “intraprendenti” hanno ridotto, in funzione dell’onorario, la qualità del progetto oppure hanno scaricato i sacrifici su giovani colleghi ancora più disperati.
Sulla derogabilità dei minimi di tariffa e sugli attuali ribassi
Presidente, qual è l’idea del suo Consiglio in merito al problema relativo alla derogabilità dei minimi di tariffa e come pensa che sia possibile evitare i ribassi "selvaggi"?
Non abbiamo mai manifestato preclusioni di principio sull’abolizione dei minimi tariffari, anche perché da alcuni studi condotti non sempre la “vecchia tariffa” era adeguata (ad esempio i calcoli strutturali in zona sismica) risultando in diversi casi antieconomica. Siamo stati i primi in Italia a fare una proposta alternativa ai minimi tariffari basandoci sulle esperienze concrete di altri paesi europei e sugli standard della FIDIC (Federazione Internazionale Degli Ingegneri Liberi Professionisti) a cui, come Sindacato, aderiamo in campo internazionale. Il sistema proposto, che almeno apparentemente aveva ottenuto unanimi consensi, era basato sui costi e sulla qualità del progettista (Quality Based Selection o QBS) inoltre per garantire la qualità del progetto avevamo chiesto un capitolato prestazionale prima della gara e la validazione di un Ente terzo alla consegna del progetto sia per far sapere ai “furbi” che non ci sarebbero stati sconti sulla qualità degli elaborati sia di per tutelare l’Ente che spesso, in presenza di ribassi altissimi, si ritrova con progetti che giunti in cantiere vengono attaccati costantemente dall’impresa esecutrice con la conseguenza di aver risparmiato lo 0,4% dell’importo dell’opera per prestazioni tecniche per andare a pagare per varianti, riserve etc anche il 25% dell’importo dei lavori. Oggi a oltre tre anni dalla legge Bersani la situazione è diventata intollerabile ed è urgente, nell’interesse della collettività e dei liberi professionisti, trovare una soluzione. Se non si vogliono fare subito ragionamenti sofisticati si può pensare ad un provvedimento “tampone” come ad esempio limitare il ribasso massimo alla vecchia tariffa al 20-30% ma nel contempo occorre studiare una proposta organica che regoli seriamente le offerte per prestazioni tecniche procedendo attraverso la concertazione con i Sindacati delle libere professioni interessate stabilendo con questi un vero e proprio tempario di base per tipologie di progetti, aggiornabile e integrabile annualmente con dei meccanismi legati al costo del lavoro e all’indice Istat. Si stabiliscano i requisiti per partecipare alle gare in modo equilibrato evitando categorie iperspecialistiche e fatturati esagerati che sbarrano di fatto la partecipazione ai giovani e ai professionisti che in questi anni non hanno voluto partecipare a questo “gioco al massacro”.
Infine si guardi in modo serio alle offerte (anomalie, controlli di regolarità, validazione dei progetti, etc) in modo da garantire alle Amministrazioni non solo un prezzo di “mercato” ma anche una prestazione di alta qualità.
Sulla dignità della professione
Presidente, ritiene che un ribasso "selvaggio" tolga dignità alla professione ed in tal caso quali meccanismi crede che possano utilizzare i Consigli provinciali e nazionali degli Ordini per porre rimedio ad un problema definito da tutti veramente grave?
La risposta è ovviamente si. Gli Ordini Provinciali e i Consigli Nazionale, hanno già gli strumenti per porre fine a questo fenomeno dato che la violazione dell’art. 2233c.c. secondo comma, in base al quale “in ogni caso la misura del compenso deve essere adeguata all’importanza dell’opera e al decoro della professione” è segnalata, nei codici deontologici, come illecito disciplinare. Ma a Inarsind non risultano provvedimenti presi in tal senso, ecco perché, facendo pressione sul governo e l’opinione pubblica, è opportuno intervenire alla fonte con una nuova normativa che impedisca l’utilizzo del sistema del prezzo più basso sic et simpliciter.
Sulla riforma delle libere professioni
Presidente, sino a qualche tempo fa le libere professioni tecniche erano molto vicine al CUP che era anche riuscito a presentare una legge di iniziativa popolare. Oggi la posizione delle professioni tecniche sembra più debole. Quali strumenti ritiene, oggi, possano essere utilizzati affinché in questa legislatura veda la luce la riforma delle libere professioni?
E’ da 26 anni che i politici (sia di destra che di sinistra) ci prendono in giro tentando di riformare con gli stessi principi professioni assolutamente diverse fra di loro. Non si possono applicare le stesse regole a notai e architetti i o a farmacisti e ingegneri inoltre in questo campo regna grande confusione anche ai livelli più elevati di conoscenza (vedi ad esempio l’Antitrust che in un documento di quest’anno, con un’interpretazione che è stata ampiamente contestata, ha definito i professionisti come imprese e gli Ordini, in quanto loro enti rappresentativi, associazioni di imprese, assoggettati di conseguenza alle regole antitrust). Oggi, dopo cinque lustri, sembra che la nostra classe politica abbia compreso che è meglio optare per una legge snella e lasciare alle singole categorie la possibilità di stabilire regole e principi attinenti lo svolgimento della professione specifica. A nostro avviso i tecnici in generale e Architetti e gli Ingegneri in particolare debbono cogliere l’occasione per fare chiarezza su molte questioni da sempre “borderline” ad esempio: sulla formazione universitaria e post-laurea, sui ruoli all’interno delle categorie, sulle competenze, sulla rappresentanza etc, mettendo attorno ad un tavolo Ordini, Sindacati di categoria, Università ed Ente di Previdenza per far sì che dopo la riforma ognuno ricopra il ruolo che gli compete evitando confusioni che fino ad oggi sono state utilizzate dai politici per deleggittimarci.
Per quanto attiene i vari CUP (Comitato Unitario Professioni), PAT (Patto fra le professioni di Area Tecnica) e oggi anche il Cogepapi (Coordinamento tra Geometri, Periti Agrari e Periti Industriali) sono a nostro avviso una forma di rappresentanza impropria e distorta e senza alcuna oggettiva legittimazione nati al di fuori della legislazione ordinistica dal cui ambito traggono risorse ingiustificate, alimentando lo stato di confusione, con proposte alternative a quelle istituzionali e con dinamiche di dubbia efficacia che spesso giovano più a dividere che ad unire si pensi agli architetti rimasti nel CUP mentre gli altri tecnici sono confluiti nel Pat.
Sulle procedure per superare l’attuale crisi
Presidente, quali possono essere, secondo Lei tre possibili risposte all’attuale crisi delle libere professioni?
1) Considerare i liberi professionisti non come un soggetto da “spremere”, ma come elementi vitali e propulsivi per l’economia del Paese. Al pari di altre attività economiche, riservare loro agevolazioni fiscali, incentivi, agevolazioni creditizie e facilitazioni per l’avviamento e lo sviluppo delle attività degli Studi (attrezzature, software, personale, etc). Prevedere delle agevolazioni per chi assume neolaureati con contratti biennali di formazione post-universitaria e per chi crea studi associati. Studiare delle agevolazioni all’accesso alla libera professione per i giovani colleghi che, ormai da molti anni, vivono in modo marginale la professione. Personalmente trovo immorale che molti colleghi esercitino due o tre lavori contemporaneamente (qualche volta incompatibili fra loro) mentre i nostri giovani, dopo anni di sacrifici, non riescono a rendersi autonomi economicamente.
2) Stabilire dei criteri equi per l’assegnazione degli incarichi pubblici e per partecipare alle gare escludendo chi non può svolgere in maniera esclusiva la libera professione. Creare dei modelli di domanda, curriculum etc, che abbiano valenza nazionale. Ridurre al minimo la burocrazia e utilizzare a pieno le nuove tecnologie di comunicazione protocollando domande, progetti ed elaborati elettronicamente.
3) Lo stato faccia la sua parte investendo per modernizzare il paese (le scuole dove mandiamo i nostri figli sono fra le più insicure d’Europa), il nostro enorme patrimonio storico-artistico ha bisogno di grandi interventi, ci sono migliaia e migliaia di “strutture strategiche” che non sono state rese antisismiche, abbiamo problemi idrogeologici spaventosi. Si diano incentivi seri ai privati per rendere sicuri, almeno per strutture ed impianti, i propri immobili entro tempi prestabiliti.
Ringraziamo il Presidente Garofalo per le sue interessanti risposte e invitiamo tutti i professionisti a partecipare al nostro sondaggio on line, fornendo una loro risposta alle suddette domande, in modo da rendere partecipi i nostri rappresentanti delle idee provenienti dalla base al fine aprire un tavolo di concertazione virtuale che dia una risposta condivisa ad un problema comune a tutte le professioni tecniche.
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A cura di Ilenia
Cicirello
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