ANCHE I PROFESSIONISTI NEL MIRINO DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE
26/10/2006
L’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 32 del 19
ottobre scorso avente per oggetto: “Indagini finanziarie -
Poteri degli uffici: art. 32, primo comma, numeri 2), 5) e 7) del
D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e art. 51, secondo comma, numeri
2), 5) e 7), del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, come modificati
dai commi 402 e 403 dell'art. 1 della legge 30 dicembre 2004, n.
311” al capitolo 5 interviene precisando la nuova valenza
probatoria dei prelevamenti nei confronti dei professionisti e i
nuovi obblighi contabili per gli esercenti arti e professioni.
Il comma 402, lettera a) della citata legge n- 311/2004 ha esteso ai lavoratori autonomi la presunzione di “compensi” ai prelevamenti e agli importi riscossi per i quali non siano stati indicati i beneficiari, sempre secondo il citato principio dell'inerenza.
In sostanza, tale norma ha esteso, ai fini delle imposte sui redditi, ai lavoratori autonomi il regime presuntivo di imponibilità oltre che alle operazioni di accredito/versamenti anche a quelle di addebito/prelevamenti o somme riscosse.
L’Agenzia delle Entrate, nella circolare precisa che la disposizione intende valorizzare l'analisi della maggiore capacità di spesa, comunque manifestata e non giustificata dal lavoratore autonomo, e correlare tale maggiore capacità con le ulteriori operazioni attive anch’esse effettuate presuntivamente “in nero”, nell’ambito della specifica attività esercitata.
Anche con riguardo ai prelevamenti dei professionisti valgono pertanto gli stessi argomenti comunemente addotti in relazione all’efficacia probatoria dei versamenti e dei prelevamenti già consentita dalla disciplina previgente per le imprese.
Circa l’estensione soggettiva della disposizione operata dalla legge, occorre osservare in particolare che il fondamento economico sotteso al descritto meccanismo presuntivo, che si basa per le imprese prevalentemente sull’acquisto e vendita di beni, è configurabile anche per i lavoratori autonomi, sebbene non vendano beni bensì prestino servizi.
Del resto, la soggezione anche dei lavoratori autonomi alla regola presuntiva intende attestare nella sua essenza, semplicemente e comprensibilmente, che i prelevamenti per i quali non si può (illegalmente, come ad esempio, per l'eventuale pagamento di tangenti) o non si vuole (per mero spirito evasivo, come per il pagamento di retribuzioni “fuori busta” o di acquisti in nero) fornire detta indicazione sono da considerare costi in nero che hanno ragionevolmente generato compensi non contabilizzati.
Ricordiamo, poi, che l'art. 35, comma 12, del decreto legge n. 223 del 2006 convertito in legge n. 248/2006 ha modificato l'art. 19 del D.P.R. n. 600 del 1973 in tema di adempimenti contabili degli esercenti arti e professioni, prevedendo - attraverso l’inserimento di due nuovi commi, terzo e quarto - la tenuta di uno o più conti correnti bancari o postali ai quali affluiscono, obbligatoriamente, le somme riscosse nell’esercizio dell’attività e dai quali sono effettuati i prelevamenti per il pagamento delle spese. Inoltre, i compensi in denaro per l'esercizio di arti e professioni sono riscossi esclusivamente mediante assegni non trasferibili o bonifici ovvero altre modalità di pagamento bancario o postale nonché mediante sistemi di pagamento elettronico, salvo per importi unitari inferiori a 100 euro.
La circolare n. 28/E del 2006, paragrafo 7, ha precisato che per quanto riguarda i conti correnti bancari o postali, da tenere obbligatoriamente sia per il prelievo di somme finalizzate al pagamento delle spese sostenute sia per il versamento dei compensi riscossi, non necessariamente devono essere “dedicati” esclusivamente all’attività professionale, ma possono eventualmente essere utilizzati anche per operazioni non afferenti l'esercizio dell'arte o della professione. Ciò significa che gli stessi possono essere utilizzati per effettuare operazioni anche a titolo personale, ferma restando la possibilità di utilizzo dei “prelevamenti personali”, ai fini dell’esercizio delle presunzioni legali previste dai numeri 2) dell'art. 32 del D.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 51 del D.P.R. n. 633 del 1972, qualora il contribuente non ne giustifichi la destinazione.
L’obbligo di istituzione del conto corrente bancario o postale per le finalità di cui sopra decorre dall'entrata in vigore del citato decreto legge (4 luglio 2006).
Il successivo comma 12-bis dell’art. 35, inserito dalla legge di conversione del 4 agosto 2006, n. 248, dispone che l’originario limite di 100 euro di cui al quarto comma dell'art. 19 del D.P.R. n. 600 del 1973, introdotto dal precedente comma 12, “si applica a decorrere dal 1 luglio 2008. Dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e fino al 30 giugno 2007 il limite e' stabilito in 1000 euro. Dal 1 luglio 2007 al 30 giugno 2008 il limite è stabilito in 500 euro”.
A seguito delle modifiche apportate dalla legge di conversione, la stessa circolare n. 28 precisa che “l’obbligo di riscuotere i compensi in argomento mediante strumenti finanziari “tracciabili”, nei limiti appena richiamati, decorre dalla data di entrata in vigore della predetta legge di conversione." (12 agosto 2006).
Per ultimo vale la pena ricordare alcune sentenze di Cassazione che confermano le indicazioni dell’Agenzia delle Entrate.
Cassazione n. 18016 del 9/9/2005 confermata dalla Cassazione n. 19003 del 28/9/2005 in cui in sintesi si precisa che “In caso di acquisizioni dei movimenti di un c/c bancario debbono essere considerati ricavi sia le operazioni attive sia quelle passive a meno che non si dimostri che corrispondano a operazioni già contabilizzate o estranee all’attività”.
Cassazione n. 14420 dell’8/7/2005 in cui in sintesi si precisa che “La presunzione di omessa fatturazione di ricavi conseguiti dal contribuente correlata agli accertati prelevamenti operati su c/c bancari, ritenuti uscite di cassa, deve ritenersi superata qualora gli assegni siano stati regolarmente contabilizzati e si fornisca giustificazione in ordine al transito e al conteggio in contabilità dei dati in questione”.
Cassazione n. 5365 del 6/2/2006, 10/3/2006 in cui in sintesi si precisa che “Le risultanze delle indagini bancarie conservano il loro valore di presunzioni legali juris tantum anche ove l’Amministrazione non abbia provveduto a contestare le risultanze al contrinìbuente e a sollecitarne i chiarimenti e non sono liberamente valutabili dal giudice. Perciò permane in capo al contribuente l’onere di fornire in giudizio le prove che smentiscano le risultanze bancarie”.
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Il comma 402, lettera a) della citata legge n- 311/2004 ha esteso ai lavoratori autonomi la presunzione di “compensi” ai prelevamenti e agli importi riscossi per i quali non siano stati indicati i beneficiari, sempre secondo il citato principio dell'inerenza.
In sostanza, tale norma ha esteso, ai fini delle imposte sui redditi, ai lavoratori autonomi il regime presuntivo di imponibilità oltre che alle operazioni di accredito/versamenti anche a quelle di addebito/prelevamenti o somme riscosse.
L’Agenzia delle Entrate, nella circolare precisa che la disposizione intende valorizzare l'analisi della maggiore capacità di spesa, comunque manifestata e non giustificata dal lavoratore autonomo, e correlare tale maggiore capacità con le ulteriori operazioni attive anch’esse effettuate presuntivamente “in nero”, nell’ambito della specifica attività esercitata.
Anche con riguardo ai prelevamenti dei professionisti valgono pertanto gli stessi argomenti comunemente addotti in relazione all’efficacia probatoria dei versamenti e dei prelevamenti già consentita dalla disciplina previgente per le imprese.
Circa l’estensione soggettiva della disposizione operata dalla legge, occorre osservare in particolare che il fondamento economico sotteso al descritto meccanismo presuntivo, che si basa per le imprese prevalentemente sull’acquisto e vendita di beni, è configurabile anche per i lavoratori autonomi, sebbene non vendano beni bensì prestino servizi.
Del resto, la soggezione anche dei lavoratori autonomi alla regola presuntiva intende attestare nella sua essenza, semplicemente e comprensibilmente, che i prelevamenti per i quali non si può (illegalmente, come ad esempio, per l'eventuale pagamento di tangenti) o non si vuole (per mero spirito evasivo, come per il pagamento di retribuzioni “fuori busta” o di acquisti in nero) fornire detta indicazione sono da considerare costi in nero che hanno ragionevolmente generato compensi non contabilizzati.
Ricordiamo, poi, che l'art. 35, comma 12, del decreto legge n. 223 del 2006 convertito in legge n. 248/2006 ha modificato l'art. 19 del D.P.R. n. 600 del 1973 in tema di adempimenti contabili degli esercenti arti e professioni, prevedendo - attraverso l’inserimento di due nuovi commi, terzo e quarto - la tenuta di uno o più conti correnti bancari o postali ai quali affluiscono, obbligatoriamente, le somme riscosse nell’esercizio dell’attività e dai quali sono effettuati i prelevamenti per il pagamento delle spese. Inoltre, i compensi in denaro per l'esercizio di arti e professioni sono riscossi esclusivamente mediante assegni non trasferibili o bonifici ovvero altre modalità di pagamento bancario o postale nonché mediante sistemi di pagamento elettronico, salvo per importi unitari inferiori a 100 euro.
La circolare n. 28/E del 2006, paragrafo 7, ha precisato che per quanto riguarda i conti correnti bancari o postali, da tenere obbligatoriamente sia per il prelievo di somme finalizzate al pagamento delle spese sostenute sia per il versamento dei compensi riscossi, non necessariamente devono essere “dedicati” esclusivamente all’attività professionale, ma possono eventualmente essere utilizzati anche per operazioni non afferenti l'esercizio dell'arte o della professione. Ciò significa che gli stessi possono essere utilizzati per effettuare operazioni anche a titolo personale, ferma restando la possibilità di utilizzo dei “prelevamenti personali”, ai fini dell’esercizio delle presunzioni legali previste dai numeri 2) dell'art. 32 del D.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 51 del D.P.R. n. 633 del 1972, qualora il contribuente non ne giustifichi la destinazione.
L’obbligo di istituzione del conto corrente bancario o postale per le finalità di cui sopra decorre dall'entrata in vigore del citato decreto legge (4 luglio 2006).
Il successivo comma 12-bis dell’art. 35, inserito dalla legge di conversione del 4 agosto 2006, n. 248, dispone che l’originario limite di 100 euro di cui al quarto comma dell'art. 19 del D.P.R. n. 600 del 1973, introdotto dal precedente comma 12, “si applica a decorrere dal 1 luglio 2008. Dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e fino al 30 giugno 2007 il limite e' stabilito in 1000 euro. Dal 1 luglio 2007 al 30 giugno 2008 il limite è stabilito in 500 euro”.
A seguito delle modifiche apportate dalla legge di conversione, la stessa circolare n. 28 precisa che “l’obbligo di riscuotere i compensi in argomento mediante strumenti finanziari “tracciabili”, nei limiti appena richiamati, decorre dalla data di entrata in vigore della predetta legge di conversione." (12 agosto 2006).
Per ultimo vale la pena ricordare alcune sentenze di Cassazione che confermano le indicazioni dell’Agenzia delle Entrate.
Cassazione n. 18016 del 9/9/2005 confermata dalla Cassazione n. 19003 del 28/9/2005 in cui in sintesi si precisa che “In caso di acquisizioni dei movimenti di un c/c bancario debbono essere considerati ricavi sia le operazioni attive sia quelle passive a meno che non si dimostri che corrispondano a operazioni già contabilizzate o estranee all’attività”.
Cassazione n. 14420 dell’8/7/2005 in cui in sintesi si precisa che “La presunzione di omessa fatturazione di ricavi conseguiti dal contribuente correlata agli accertati prelevamenti operati su c/c bancari, ritenuti uscite di cassa, deve ritenersi superata qualora gli assegni siano stati regolarmente contabilizzati e si fornisca giustificazione in ordine al transito e al conteggio in contabilità dei dati in questione”.
Cassazione n. 5365 del 6/2/2006, 10/3/2006 in cui in sintesi si precisa che “Le risultanze delle indagini bancarie conservano il loro valore di presunzioni legali juris tantum anche ove l’Amministrazione non abbia provveduto a contestare le risultanze al contrinìbuente e a sollecitarne i chiarimenti e non sono liberamente valutabili dal giudice. Perciò permane in capo al contribuente l’onere di fornire in giudizio le prove che smentiscano le risultanze bancarie”.
A cura di Gianluca
Oreto
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