Abusi e sanzioni edilizie: quando conta il tempo trascorso?
di Redazione tecnica - 20/01/2021
Se c'è un errore che genera ricorsi e sentenze in materia edilizia, è l'idea che il tempo trascorso dalla realizzazione di un abuso edilizio possa in qualche modo legittimare un intervento non autorizzato.
Abusi edilizi sanabili e non sanabili
Oltre a questa (errata) convinzione, bisogna ricordare che il Testo Unico Edilizio fa una grande distinzione tra abusi che possono essere sanati e quelli, invece, che possono essere solo rimossi. Gli articoli 36 e 37 del DPR n. 380/2001 prevedono, infatti, la cosiddetta doppia conformità per la quale un intervento eseguito in assenza o difformità di permesso di costruire o di segnalazione certificata di inizio può ottenere il permesso di costruire in sanatoria se l’intervento risulta conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda.
Cosa accade per gli interventi che non possono essere sanati? L'amministrazione ha due strade:
- emanare l'ordine di demolizione;
- oppure, nel caso la demolizione non possa essere eseguita senza pregiudicare la stabilità della parte conforme, emettere una sanzione alternativa.
Tempo trascorso tra l'ordine di demolizione e realizzazione dell'abuso
Ma quanto conta il tempo intercorso tra la realizzazione dell'abuso e la sanzione edilizia (demolitoria o pecuniaria)?A rispondere a questa domanda sono intervenute diverse sentenze di ogni ordine e grado. L'ultima arriva dal Consiglio di Stato che, con la sentenza n. 347 dell'11 gennaio 2021, ci consente di approfondire nuovamente questo argomento.
Il caso di specie
Il caso trattato dai giudici di Palazzo Spada riguarda il ricorso presentato per la riforma di una decisione del TAR concernente una sanzione pecuniaria per opere realizzate in parziale difformità da un permesso di costruire. In particolare, il TAR aveva rigettato il ricorso presentato dal proprietario di un immobile per violazione della normativa relativa alle distanze obbligatorie. Secondo il proprietario, però, la sanzione fatta dall'amministrazione dovrebbe essere attenuata, visto il lungo tempo trascorso (circa 25 anni) dalla realizzazione dell'edificio stesso. Inoltre, secondo il ricorrente non ci sarebbe alcun interesse pubblicoche giustifichi la sanzione comminata.
Le sanzioni edilizie e il tempo
Fermo restando che per i giudici è assodato, vista la perizia, che nel caso di specie le distanze con la sede stradale non sono conformi, ci si concentra sul tempo con cui il Comune ha effettuato le verifiche e poi "staccato" la multa, ossia circa 25 anni.
Questo tipo di sanzioni, confermano i giudici, "non risentono del tempo trascorso dalla commissione dell'abuso". E, poi, si legge ancora, una ordinanza di demolizione non deve essere accompagnata dalla motivazione circa l'interesse pubblico, "in quanto il lasso di tempo intercorso fra il momento della realizzazione dell’abuso e l’adozione dell’ordine di demolizione non è idoneo ad ingenerare un legittimo affidamento in capo al privato interessato, né impone all’Amministrazione uno specifico onere di motivazione". Questo perché, aggiungono i giudici, il trascorrere del tempo "rafforza il carattere abusivo dell’intervento, anche perché non ci si può fondatamente dolere del ritardo con cui l’Amministrazione ripristina la legalità".
Cos'è l'ordine di demolizione
Lo spiega l'adunanza plenaria: "è un atto vincolato ancorato esclusivamente alla sussistenza di opere abusive e non richiede una specifica motivazione circa la ricorrenza del concreto interesse pubblico alla rimozione dell’abuso. In sostanza, verificata la sussistenza dei manufatti abusivi, l’Amministrazione ha il dovere di adottarlo, essendo la relativa ponderazione tra l'interesse pubblico e quello privato compiuta a monte dal legislatore. In ragione della natura vincolata dell’ordine di demolizione, non è pertanto necessaria la preventiva comunicazione di avvio del procedimento, né un’ampia motivazione".
Multe al posto dell'ordinanza di demolizione, vale lo stesso ragionamento sul tempo?
Per i giudici nessun dubbio. Lo stesso ragionamento, per quanto riguarda la tempistica, legata all'ordinanza di demolizione, vale anche per la sanzione alternativa fatta al posto della sanzione demolitoria. Secondo il DPR n. 380/2001 (c.d. Testo Unico Edilizia) c'è la possibilità di sostituire la sanzione demolitoria con quella pecuniaria. Una decisione che spetta all'amministrazione comunale "nella fase esecutiva del procedimento, successiva ed autonoma rispetto all'ordine di demolizione: fase esecutiva, nella quale le parti possono dedurre in ordine alla situazione di pericolo di stabilità del fabbricato, presupposto per l’applicazione della sanzione pecuniaria in luogo di quella demolitoria, con la conseguenza che tale valutazione non rileva ai fini della legittimità del provvedimento di demolizione". La multa di solito, viene fatta quando è impossibile demolire le parti abusive senza un pregiudizio della parte legale. La multa fatta dal comune, dunque per i giudici è in linea con la normativa, visto che hanno "una finalità ripristinatoria e non afflittiva e pertanto alle stesse non si attaglia il divieto di retroattività".
Abuso edilizio illecito permanente
L'abuso edilizio, come ha evidenziato il Tar di Torino (sentenza n.1044/2019), "avendo natura di illecito permanente, si pone in perdurante contrasto con le norme amministrative sino a quando non viene ripristinato lo stato dei luoghi e, pertanto, da un lato, l’illecito sussiste anche quando il potere repressivo si fonda su una legge entrata in vigore successivamente al momento in cui l'abuso è posto in essere e, dall'altro, in sede di repressione dell'abuso medesimo, è applicabile il regime sanzionatorio vigente al momento in cui l’amministrazione provvede ad irrogare la sanzione stessa: in forza della natura permanente dell'illecito edilizio, infatti, colui che ha realizzato l’abuso mantiene inalterato nel tempo l'obbligo di eliminare l'opera abusiva e anche il potere di repressione può essere esercitato retroattivamente, cioè anche per fatti verificatisi prima dell'entrata in vigore della norma che disciplina tale potere". L'appello, dunque, è stato respinto.
A cura di Redazione LavoriPubblici.it
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