Abusi edilizi e istanza di demolizione: dopo 90 giorni bene e area di sedime al patrimonio del Comune
18/01/2018
L'ingiustificata inottemperanza all'ordine di demolizione della costruzione abusiva comporta l'automatica acquisizione del bene al patrimonio comunale in favore del quale deve essere disposta la restituzione, e l'acquisizione non costituisce impedimento giuridico alla demolizione da parte del proprietario in assenza di delibera comunale che dichiari la sussistenza di interesse pubblico al mantenimento dell'opera.
Lo ha ribadito la Suprema Corte di Cassazione nella sentenza 5 ottobre 2017, n. 1564 con la quale ha rigettato il ricorso presentato contro una precedente decisione della Corte di appello che aveva confermato l'acquisizione dell'area interessata dagli abusi edilizi al patrimonio del Comune, ai sensi dell'art. 31 comma 3 del d.P.R. n. 308/2001 (c.d. Testo Unico Edilizia)
Ricordiamo che l'art. 31 (Interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali), comma 3 del Testo Unico Edilizia recita:
Se il responsabile dell'abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di novanta giorni dall'ingiunzione, il bene e l'area di sedime, nonché quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune. L'area acquisita non può comunque essere superiore a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita.
Sul punto la Corte d'appello ha argomentato che la ricorrente, a fronte dell'ordinanza di demolizione delle opere abusive, aveva omesso nel termine di 90 giorni di adempiere, avendo provveduto alla demolizione solo successivamente, a seguito di una seconda ordinanza di demolizione. L'inottemperanza alla prima ingiunzione comunale a demolire il manufatto abusivo comportava, quale conseguenza, che quest'ultimo dovesse essere restituito al Comune divenuto proprietario a seguito dell'inutile decorso del termine di legge previsto dall'articolo 31 cit., a nulla rilevando che la ricorrente avesse inoltrato due richieste di permesso costruire in sanatoria, istanze poi respinte.
La decisione della Cassazione
Confermando la tesi dei giudici di appello, gli ermellini hanno ricordato la disciplina per la demolizione delle opere realizzate in assenza di permesso di costruire o in totale difformità ovvero con variazioni essenziali, prevista dall'art. 31 del DPR n. 380/2001. In particolare:
- l'autorità comunale ingiunge al proprietario e al responsabile dell'abuso la rimozione o la demolizione dell'intervento, con concessione di un termine di novanta giorni per adempiere;
- decorso inutilmente tale termine "il bene e l'area di sedime vengono acquisiti, di diritto e gratuitamente, al patrimonio del Comune";
- l'accertamento dell'inottemperanza all'ingiunzione a demolire, costituisce titolo per l'immissione nel possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari;
- l'opera acquisita è demolita con apposita ordinanza, salvo che con deliberazione consiliare "non si dichiari l'esistenza di prevalenti interessi pubblici e sempre che l'opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici ed ambientali".
Lo stesso art. 31, inoltre, stabilisce che il giudice, con la sentenza di condanna per il reato di cui all'art. 44 d.P.R. n. 380/2001, ordina la demolizione delle opere abusive, se non sia stata altrimenti eseguita.
Secondo la Cassazione, l'effetto ablatorio si verifica ope legis alla inutile scadenza del termine fissato per ottemperare all'ingiunzione di demolire, mentre la notifica dell'accertamento formale dell'inottemperanza si configura solo come titolo necessario per l'immissione in possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari che non costituisce impedimento tecnico-giuridico alla possibilità di eseguire l'ordine di demolizione, in quanto il trasferimento dell'immobile nella disponibilità dell'ente locale è esclusivamente preordinato ad una sua più agevole demolizione - il cui onere economico va posto in ogni caso a carico dei responsabili dell'abuso edilizio - e non invece ad incrementare il patrimonio dell'ente locale con opere che contrastano con l'assetto urbanistico del territorio
Anche la giurisprudenza amministrativa ha recentemente ribadito il principio secondo cui "l'acquisizione gratuita al patrimonio comunale delle opere abusive, prevista dall'art. 7 comma 3, della legge 28 febbraio 1985 n. 47 (ora art. 31 comma 3, D.P.R. n. 380 del 2001) è, un atto dovuto senza alcun contenuto discrezionale, ed è subordinato unicamente all'accertamento dell'inottemperanza e al decorso del termine di legge (novanta giorni) fissato per la demolizione e il ripristino dello stato dei luoghi".
I giudici amministrativi hanno ribadito che, dopo aver accertato l'inottemperanza all'ordine di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi, il provvedimento di acquisizione gratuita delle opere abusive e dell'area di sedime è consequenziale e, dunque, non è autonomamente impugnabile in mancanza di tempestiva impugnazione dell'ordine stesso, da cui la conclusione che "E' inammissibile il ricorso avverso l'atto di acquisizione al patrimonio del Comune delle opere abusive e dell'area di sedime, ex art. 7 comma 3, della legge 28 febbraio 1985 n. 47 (ora art. 31 comma 3, D.P.R. n. 380 del 2001), in caso di mancata impugnativa dell'atto presupposto, costituito dall'ordine di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi rimasto inottemperato".
Dunque, l'autonomia del provvedimento di acquisizione al patrimonio comunale e l'automaticità dell'acquisizione alla accertata scadenza del termine per la demolizione, comportano, quale consequenzialità logica che questo non sia autonomamente impugnabile in assenza di impugnazione del medesimo ordine di demolizione, come ritenuto dalla giurisprudenza amministrativa per il principio di consequenzialità all'inottemperanza all'ordine di demolizione.
Nel caso in esame, il Tribunale, accertata l'inottemperanza all'ordine di demolizione entro il termine di legge, rilevato che le due istanze di permesso a costruire in sanatoria erano state respinte e che la ricorrente non aveva impugnato, in via amministrativa, né il provvedimento di demolizione, né il provvedimento di rigetto/silenzio rifiuto, ha correttamente disposto l'acquisizione del bene e dell'area di sedime al patrimonio del Comune in conseguenza dell'accertata inottemperanza all'ordine di demolizione, non contestato nei suoi presupposti legittimanti avanti all'autorità amministrativa, e correttamente la Corte d'appello ha confermato la predetta statuizione.
A cura di Redazione LavoriPubblici.it
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