Abusi edilizi: il potere-dovere delle amministrazioni di eseguire le ordinanze stabilite
11/06/2013
Procedimenti sanzionatori repressivi nei confronti di abusi
edilizi: è dovere delle amministrazioni comunali portare a
termine il procedimento, come previsto dall'art. 2, comma
1 della legge n. 241/199 e dall'art. 21 quater della
stessa norma, il quale dispone che "i provvedimenti
amministrativi efficaci sono eseguiti immediatamente".
Un principio di esecutorietà che si traduce,
secondo il Consiglio di Stato, in un potere-dovere da parte
dell'amministrazione di portare ad effettiva attuazione i propri
provvedimenti emessi al termine di un procedimento: ed è proprio
sulla base di tale orientamento che, con la sentenza n. 2565 del 10
maggio 2013, Palazzo Spada ha accolto l'appello della proprietaria
di un immobile per la riforma della sentenza del Tar Puglia - Bari
Sez. III n. 2132/2012 contro il comune di Casamassima, concernente
il ricorso avverso il silenzio-rifiuto dell'amministrazione
comunale in relazione all'esecuzione di un provvedimento
sanzionatorio edilizio.
Nella fattispecie, il giudice di prime cure aveva respinto
il ricorso della cittadina, la quale aveva segnalato non
soltanto l'abuso edilizio presente nell'edificio adiacente la
propria abitazione, ma anche la mancata esecuzione del conseguente
ordine di demolizione emanato dall'amministrazione comunale. Tale
decisione del Tar portava come motivazioni il fatto che sul
ripristino dello stato di diritto era stato fatto ricorso
straordinario al Presidente della Repubblica, per cui l'obbligo di
adempienza ai provvedimenti sanzionatori non sarebbe più spettato
al Comune e, in secondo luogo, che non era possibile parlare di
silenzio rifiuto date le attività prodromiche, e quindi
anticipatorie, all'esecuzione dell'ordinanza di ripristino - quali
la richiesta di fondi alla Regione Puglia al fine di sostenere la
spesa - che l'amministrazione comunale aveva posto in essere.
Di diverso parere il Consiglio di Stato, che ha invece accolto
l'appello successivo a tale sentenza, rilevando infatti
un'inerzia in senso tecnico dell'amministrazione
comunale, dato che la stessa avrebbe dovuto ultimare il
procedimento sanzionatorio avviato, adottando, a
seguito dell'emanazione dell'ingiunzione di demolizione, i
provvedimenti e gli atti materiali ulteriori, diretti a darvi piena
attuazione.
Oltre a richiamare la legge n. 241/1999, è necessario infatti
tenere conto delle disposizioni del testo unico n. 380 del 2001
sull'obbligo di eseguire l'ordinanza di demolizione entro
il termine di novanta giorni successivi alla sua notifica, decorso
il quale l'amministrazione ha lo specifico dovere di emanare gli
atti conseguenti e di porre in essere l'attività materiale di
adeguamento dello stato di fatto a quello di diritto. Ne
deriva che a fronte di un'istanza tesa all'esercizio dei suoi
poteri repressivi in materia edilizia, l'inerzia del Comune
consente all'interessato di ricorrere avverso il suo
silenzio.
La sentenza chiarisce inoltre che nel caso preso in esame l'inerzia
serbata non è certamente scriminata dalla semplice impugnazione,
con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, del
provvedimento ripristinatorio attesa la persistente esecutorietà
del provvedimento impugnato, in assenza di un provvedimento
cautelare di sospensiva, e che gli atti prodromici posti in essere
dal Comune, essendo attività ormai risalenti nel tempo, non possono
essere considerati come sufficiente indizio della volontà di
esecuzione dell'ingiunzione di demolizione.
Tutte motivazioni che hanno stabilito l'obbligo del Comune
di portare a compimento il procedimento repressivo degli abusi
edilizi commessi mediante l'adozione di tutti gli atti e le
operazioni materiali entro trenta giorni dalla
comunicazione o notificazione della sentenza stessa.
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