Abusi edilizi: l'acquisizione dell'immobile al patrimonio pubblico non blocca l'ordine di demolizione
05/02/2018
La delibera comunale che vuole salvare l'opera abusiva al suo normale destino di demolizione previsto per legge, non può fondarsi su valutazioni di carattere generale o riguardanti genericamente più edifici, ma deve essere puntuale e dare conto delle specifiche esigenze che giustificano la scelta di conservazione del singolo manufatto.
Lo ha chiarito la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza 29 dicembre 2017, n. 57942 che ha rigettato il ricorso presentato per la riforma di una Ordinanza della Corte di Appello che aveva respinto l'istanza diretta a ottenere la sospensione dell'esecuzione dell'ordine di demolizione contenuto nella sentenza della medesima Corte d'appello.
Tra le motivazioni, la ricorrente aveva prospettato:
l'omessa considerazione da parte della Corte territoriale della deliberazione del Consiglio comunale che aveva stabilito di destinare gli edifici abusivi acquisiti al patrimonio comunale alla edilizia residenziale pubblica, privilegiando nelle assegnazioni gli occupanti degli stessi, trattandosi di deliberazione incompatibile con la demolizione;
l'omessa considerazione della sentenza del TAR, con cui era stato ordinato al Comune di Cava de' Tirreni di pronunziarsi entro 30 giorni sulla richiesta di riconoscimento del particolare interesse pubblico del manufatto di proprietà della ricorrente, con la nomina di un commissario ad acta per il caso di inerzia, trattandosi di atto incompatibile con l'esecuzione dell'ordine di demolizione, che quindi avrebbe dovuto essere sospesa dalla Corte d'appello.
Gli ermellini, confermando la tesi della Corte di Appello, hanno ribadito un concetto riguardo l'incidenza delle delibere delle amministrazioni comunali, relative alla destinazione degli immobili abusivi acquisiti al patrimonio di tali amministrazioni, e alla conseguente incompatibilità con la loro demolizione. In particolare, la delibera comunale che dichiara l'esistenza di un interesse pubblico prevalente sul ripristino dell'assetto urbanistico violato, sottraendo l'opera abusiva al suo normale destino di demolizione previsto per legge, non può fondarsi su valutazioni di carattere generale o riguardanti genericamente più edifici, ma deve dare conto delle specifiche esigenze che giustificano la scelta di conservazione del singolo manufatto, precisamente individuato.
Sullo stesso argomento la Cassazione si era già espressa:
- con la sentenza n. 25824 del 22/05/2013 che ha reputato legittimo il rigetto, da parte del giudice dell'esecuzione, di istanza di sospensione dell'ordine di demolizione, in presenza di due delibere comunali aventi per oggetto i criteri per individuare l'esistenza di prevalenti interessi pubblici al mantenimento delle opere abusive e i criteri per locare gli immobili già acquisiti al patrimonio comunale;
- con le sentenze n. 9864 del 17/02/2016, n. 30170 del 24/05/2017 e n. 11419 del 29/01/2013, con le quali era stato chiarito che "Il giudice dell'esecuzione, al quale sia richiesto di revocare l'ordine di demolizione contenuto nella sentenza di condanna, ha il potere di sindacare la delibera di acquisizione gratuita dell'opera abusiva al patrimonio comunale, che dichiari l'esistenza di prevalenti interessi pubblici rispetto al ripristino dell'assetto urbanistico violato".
Ne consegue l'irrilevanza della deliberazione adottata dal Consiglio comunale, in quanto priva della necessaria specificità e di qualsiasi riferimento al manufatto realizzato dalla ricorrente e di cui è stata disposta la demolizione, giacché con la stessa sono state solamente approvate le linee di indirizzo per l'adozione dei provvedimenti ai sensi dell'art. 31, comma 5 d.P.R. 380/2001 e dell'art. 1, comma 65, Iegge Regione Campania n. 5/2013, stabilendo che tali provvedimenti riguarderanno prioritariamente gli immobili abusivi costituenti costruzione autonomamente utilizzabile a scopo residenziale realizzati a far data dal 31 marzo 2003.
A cura di Redazione LavoriPubblici.it
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