Agenzia delle Entrate: Parente o affine: indifferente per la validità della notifica
31/08/2016
Ai fini della regolarità della notificazione eseguita nel
domicilio del destinatario a mani di “persona di famiglia” (parente
o affine) ivi reperita, non occorre che il consegnatario sia anche
convivente, salva la prova contraria dell’occasionalità della
presenza di questi all’indirizzo dell’interessato.
Così ha concluso la Cassazione, con la sentenza n. 16440 del 5
agosto 2016, che ha ritenuto valida la notifica effettuata mediante
consegna dell’atto tributario a mani della cognata del contribuente
rinvenuta presso l’abitazione di questi.
La vicenda processuale
Un contribuente impugnava una cartella di pagamento emessa a suo
carico sul presupposto della definitività del prodromico atto di
accertamento, con ricorso che veniva respinto dalla Commissione
tributaria provinciale.
L’appello dell’interessato era invece accolto dal giudice
tributario regionale che, esaminate le relate di notifica degli
atti presupposti della cartella, constatava che la notificazione,
effettuata tramite mezzo messo speciale, era stata eseguita
all’indirizzo dell’interessato mediante consegna a persona presente
nell’abitazione che si era qualificata come cognata del
destinatario.
Sulla base della certificazione anagrafica prodotta dalla parte
privata, dalla quale risultava che la sottoscrittrice non conviveva
con il contribuente, il collegio di seconde cure dichiarava la
nullità della notifica degli atti presupposti, osservando che
“la ricevente non era di fatto familiare convivente, risultando
comprovato che risiedeva nello stesso condominio ma in interno
diverso”.
L’Agenzia delle Entrate ricorreva in sede di legittimità per
violazione e falsa applicazione degli articoli 60 del Dpr 600/1973
e 139, secondo comma, del codice di procedura civile, lamentando
che, contrariamente a quanto sostenuto dal giudice di merito, lo
stato di convivenza non era necessario ai fini della validità della
notifica ex articolo 139.
Aggiungeva poi che, in ogni caso, le risultanze delle
certificazioni anagrafiche non potevano avere rilevanza esclusiva,
in quanto non idonee a escludere la sussistenza in concreto del
requisito dell’affectio familiae ovvero del vincolo
affettivo e solidaristico che, legando i componenti di una comunità
familiare o parentale, fa presumere che la persona di famiglia che
riceve l’atto provvederà a consegnarlo al destinatario.
Piuttosto, precisava la parte pubblica, l’unico elemento idoneo a
escludere la ritualità della notifica poteva essere considerato,
ove ricorrente e provato, l’“occasionalità” e la mera
“momentaneità” in concreto della presenza della persona di famiglia
presso l’abitazione del destinatario.
La pronuncia della Corte
Il Collegio supremo ha accolto il ricorso dell’Agenzia, cassando
la pronuncia impugnata e rinviando ad altra sezione del medesimo
collegio regionale del Lazio.
La Corte ha innanzitutto osservato che, non essendo il rapporto di
convivenza prescritto dall’articolo 139, secondo comma, codice di
procedura civile, l’ufficiale notificatore non è tenuto a svolgere
indagini o ricerche particolari in ordine all’effettività dello
stesso. E nemmeno, nel caso di consegna a soggetto qualificatosi
“persona di famiglia”, a indicare espressamente tale stato nella
relata di notificazione.
L’esegesi di legittimità, rileva l’odierna pronuncia, per un verso
ha esteso il concetto di “persona di famiglia” fino a
ricomprendervi “non solo i parenti ma anche gli affini” e
ha escluso che sia implicito nella previsione codicistica che la
“persona di famiglia” debba convivere col destinatario della
notifica. Per altro verso, ha ritenuto che, in caso di notifica
ex articolo 139 cpc, la qualità di persona di famiglia si
presume iuris tantum dalle dichiarazioni recepite nella
relata di notifica, salva la prova contraria – il cui onere incombe
su chi contesta la validità della notificazione – circa
“l’inesistenza di un rapporto con il consegnatario comportante
una delle qualità su indicate ovvero la occasionalità della
presenza dello stesso consegnatario (Cass. nn.23368/2006,
21362/2010, 26501/2014, 7211/2016)”.
Nella fattispecie, osserva la Cassazione, il concorso di
circostanze fattuali (la presenza della consegnataria presso
l’abitazione del destinatario e il rapporto di affinità con questi)
ha reso operante la presunzione di legge circa la sussistenza tra i
soggetti di una relazione tale da far ritenere, in mancanza di
idonee prove contrarie, la regolarità della notificazione.
Osservazioni
Quando non possa essere eseguita in mani del diretto
interessato, ai sensi dell’articolo 138 cpc, la notificazione può
essere effettuata, all’indirizzo del destinatario, mediante
consegna della copia dell’atto a determinati soggetti, individuati
dalla legge tassativamente e secondo un ordine preferenziale.
In base all’articolo 139 cpc, i consegnatari che possono ricevere
l’atto per conto del destinatario sono la “persona di famiglia
o addetta alla casa, all’ufficio o all’azienda”, purché non
minore di quattordici anni o non palesemente incapace; in mancanza
di dette persone, il “portiere dello stabile dove è
l’abitazione, l’ufficio o l’azienda” e, quando mancasse anche
il portiere, “un vicino di casa che accetti” di ricevere
l’atto.
Già in passato, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che il
concetto di “persona di famiglia” ricomprende non solo i parenti ma
anche gli affini del destinatario, escludendo altresì che sia
necessario il requisito della convivenza – non espressamente
menzionato dall’articolo 139 in parola – risultando piuttosto
sufficiente l’esistenza di un vincolo (di parentela o affinità,
appunto) tale da giustificare la presunzione che la “persona di
famiglia” consegnerà l’atto al destinatario (cfr
Cassazione, 26931, 25307 e 15973 del 2014 e 7714 e 1063 del
2013).
È stato altresì osservato che, in caso di notifica ex
articolo 139, secondo comma, cpc, la qualità di persona di famiglia
o di addetta alla casa, all’ufficio o all’azienda di chi ha
ricevuto l’atto si presume iuris tantum dalle
dichiarazioni recepite dall’ufficiale giudiziario nella relata di
notifica, incombendo sul destinatario, che contesti la validità
della notificazione, l’onere di fornire la prova contraria,
dimostrando o l’inesistenza di un rapporto con il consegnatario
comportante una delle qualità innanzi indicate ovvero
l’occasionalità della presenza dello stesso consegnatario presso il
recapito dell’interessato (tra le più recenti, cfr
Cassazione, 18270, 9939 e 7688 del 2015 e 19065/2014).
L’odierna pronuncia, dunque, conferma una regola che oramai appare
consolidata, valorizzando la massima d’esperienza in virtù della
quale la persona reperita presso l’abitazione del destinatario di
un atto deve intendersi in generale sempre idonea a ricevere
validamente una notifica a questi indirizzata: ciò in quanto il
vincolo affettivo e solidaristico che lega consegnatario e
destinatario è idoneo a fondare la presunzione relativa (rispetto
alla quale, peraltro, la prova contraria appare piuttosto ardua)
che la persona di famiglia avrà cura di consegnare l’atto al
diretto interessato.
A cura dell’Agenzia delle Entrate
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