Ambiente: ad alto rischio 442 Comuni ed oltre 8 milioni di abitanti, il 13,7% degli italiani
30/10/2017
Sono 442 i comuni italiani ad alto rischio e sono abitati da oltre 8 milioni di persone in una superficie di quasi 18.000 kmq, il 5,9% della superficie nazionale; quelli a rischio medio-alto sono 1690, interessano quasi 77.000 kmq, il 25% del territorio nazionale, e sono abitati da 11,6 milioni di persone. Napoli, Palermo, Catania, Messina, Brescia, Reggio Calabria, Perugia, Foggia, Rimini, Salerno sono tra i comuni con il rischio più elevato.
Sono questi alcuni dei dati della ricerca Cresme/Consiglio Nazionale degli Architetti “Lo stato del territorio italiano, tra rischio sismico, idrogeologico, e consumo di suolo” presentata oggi a Padova nel corso della Conferenza Nazionale degli Ordini degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori. Ricerca che per la prima volta analizza come la combinazione del rischio idrogeologico (pericolo di frane e di alluvioni) con quello legato alla sismicità ricada sui territori italiani.
Come i comuni a rischio alto anche quelli classificati a rischio medio alto sono caratterizzati dalla compresenza dei tre elementi di rischio naturale. Per tutti la sismicità è elevata, complessivamente qui vivono oltre 11,6 milioni di persone, di cui 298 mila nelle aree a rischio frana elevato (pari a 5.200 kmq) e 174 mila persone nelle aree a pericolosità di alluvione elevata (pari a 2.052 kmq). Anche nei comuni a rischio medio esistono contemporaneamente i tre elementi di rischio naturale: ben 38.540 kmq sono in zona sismica 1 o 2 dove risiedono oltre 2 milioni di persone; nelle aree ad elevato rischio di frana (pari a 5.360 kmq) risiedono 234 mila persone mentre nelle aree ad elevato rischio di alluvione (pari a 2.740 kmq) risiedono 740mila persone.
I comuni classificati a rischio medio basso sono 1.122 tra i quali non vi sono comuni ad elevato rischio sismico ma che hanno aree ad elevato rischio di frana, pari a 4.918 kmq, e aree ad elevato rischio di alluvione, pari a 3.408 kmq. In particolare nelle prime risiedono 205mila persone e nelle seconde oltre 415mila.
Nei comuni classificati a rischio naturale alto o medio alto risiedono circa 20 milioni di persone delle quali 5,3 milioni in Campania e 4 milioni in Sicilia. In queste regioni il pericolo da frana interessa rispettivamente 189.000 e 12.500 persone, il pericolo di alluvione riguarda 60.000 persone in Campania e 20.800 in Sicilia.
Nel Lazio e in Calabria la popolazione residente nei comuni classificati a rischio alto o medio-alto ammonta a circa 1,7 milioni di persone. In particolare in Calabria 12.500 persone sono in aree a pericolo di frana elevata e 20.800 persone nelle aree a pericolo di alluvione; nel Lazio 13.500 persone sono in aree a pericolo di frana e 11.200 a pericolo di alluvione.
Tra le situazioni più problematiche è da segnalare l’Emilia Romagna per l’esposizione al rischio di alluvione, con 171.500 persone esposte a questo problema e altre 35.300 persone che vivono nelle aree di pericolo di frana.
La ricerca approfondisce, poi, sul fronte degli eventi connessi al dissesto idrogeologico gli anni che vanno dal 2009 al 2016 rilevando un tendenziale peggioramento della situazione, e soprattutto un drammatica cronicità.
Complessivamente in 8 anni sono stati rilevati 5.824 eventi di dissesto, dei quali 853 hanno coinvolto direttamente la popolazione provocando 242 vittime.
Negli 8 anni le regioni in cui si sono registrati più di 500 eventi sono la Liguria con 745 eventi, il Piemonte con 609 eventi, la Toscana con 583 eventi e la Sicilia con 521.
Le regioni nelle quali sono stati rilevati meno di 100 eventi sono 5 ossia la Puglia (con 97 eventi), l’Umbria (con 70 eventi), la Basilicata (con 61 eventi), la Valle d’Aosta (con 45 eventi) e il Molise (con 34 eventi).
La Liguria emerge anche se si considera il numero di eventi in funzione della dimensione della regione, con 137 eventi per 1.000 kmq; nelle altre regioni questo dato è ben al disotto e al massimo si attesta a 26 eventi per 1.000 kmq in Campania, 25 eventi per 1.000 kmq nelle Marche e 23 eventi per 1.000 kmq in Abruzzo.
In Veneto tra il 2009 ed il 2016 si sono verificati 305 eventi; di questi 35 hanno causato danni a persone e, nello specifico, 24 morti. Nel 2016 gli eventi sono stati 49, hanno coinvolto 37 comuni e causato un morto.
Il biennio 2014 - 2015 è stato il peggiore per numero di eventi complessivi, rispettivamente 1.558 il primo anno e 1.466 il secondo, sia per gli eventi più gravi, ben 213 nel 2014 e 161 nel 2015, ma non per il numero di vittime, rispettivamente 34 nel 2014 e 23 nel 2015 a fronte di 51 vittime causate nel 2009. Nel 2016 sono stati rilevati 715 eventi coinvolgendo 515 comuni. Oltre 78 di questi eventi hanno provocato danni diretti alle popolazione (vittime, feriti, sfollati) e hanno provocato 13 vittime.
Per Giuseppe Cappochin, Presidente degli architetti italiani, “in occasione di tragedie o di calamità i problemi che devono essere affrontati non sono quasi mai - fortunatamente - connessi alla gestione dell’emergenza, grazie all’impegno e alla competenza del Dipartimento della Protezione Civile. Purtroppo è invece assolutamente evidente come nel Paese manchi la cultura della prevenzione e della manutenzione. Sono assolutamente necessari maggiori investimenti in termini di prevenzione attraverso i quali inaugurare un nuovo approccio verso i territori mettendo al primo posto la sicurezza della collettività. Se non si mette in sicurezza il suolo - e quanto è avvenuto negli ultimi mesi lo dimostra - non si pu garantire la sicurezza dei cittadini”.
“Il tema del dissesto idrogeologico - continua - va di pari passo con quello del consumo di suolo. Quest’ultimo va però affrontato con un approccio legislativo totalmente opposto rispetto a quello contenuto nel disegno di legge in discussione in Commissione al Senato: non una mera operazione ragionieristica sul risparmio di suolo che contiene riferimenti alla rigenerazione urbana sostenibile, ma la promozione della rigenerazione urbana sostenibile come principale azione per contrastare il consumo di suolo”.
A cura di Ufficio Stampa CNAPPC
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