Architetti e Ingegneri: meglio la Gestione Separata INPS o Inarcassa?
05/02/2016
Uno degli argomenti che nelle ultime settimane sta monopolizzando l’attenzione di professionisti e media è quello che riguarda il disegno di legge approvato in Consiglio dei Ministri per la tutela del lavoro autonomo (c.d. Jobs Act del lavoro autonomo).
Di questo argomento si è parlato durante la trasmissione Ballarò andata in onda il 3 febbraio scorso (leggi articolo), in cui una delegazione di partite IVA di diversa natura (freelance, giornalisti, avvocati, farmacisti, architetti,...) è intervenuta parlando dei problemi degli autonomi e rivolgendo al vice Ministro Enrico Zanetti alcune domande. Tra gli argomenti si è discusso di previdenza e di come una grossa fetta del disegno di legge riguardi solo gli iscritti alla Gestione Separata INPS, escludendo dalle tutele le professioni ordinistiche iscritte alle casse di previdenza private. Il Jobs Act del lavoro autonomo, infatti, si rivolge solo ad una piccola parte degli autonomi, appena 220.000 partite IVA, del totale, di cui almeno 1 milione e mezzo afferente alle Casse private.
Su questo argomento il vice Ministro Zanetti è stato chiaro precisando che l’idea riformistica del Governo non può toccare le Casse private dotate di piena autonomia e regolamenti interni che non possono essere modificati e ha provocatoriamente chiesto agli autonomi presenti in studio se preferiscano la chiusura delle loro Casse private e un riversamento in Gestione Separata INPS.
La risposta positiva unanime dei presenti ha colto di
sorpresa il vice Ministro e onestamente anche me, soprattutto per
quanto riguarda la Cassa di Previdenza di Architetti e Ingegneri
(Inarcassa).
Pur comprendendo le difficoltà derivanti dalla
contribuzione minima di molte professioni, ho
sempre pensato che stare dentro Inarcassa fosse certamente meglio
della previdenza INPS e, per chiarirmi le idee sui diversi sistemi
contributivi e la loro convenienza, ho chiesto lumi a Marco
Lombardini, delegato nazionale Inarcassa e rappresentante
del Movimento Inarcassa Insostenibile, domandando
se sia più conveniente rientrare dentro il sistema
previdenziale nazionale o rimanerne fuori per mantenere la propria
autonomia gestionale.
Il delegato Lombardini ha subito riconosciuto la complessità della domanda e ammesso che non esiste una risposta semplice ma “una serie di considerazioni sulla questione” che è utile far partire dalla stima del patrimonio delle casse privatizzate, circa 60 miliardi di euro, di cui 9 miliardi circa riguardano Inarcassa.
“I contributi che gli architetti e
gli ingegneri sono obbligati a versare - afferma Lombardini -
ammontano a 14,5% di soggettivo che va a creare il nostro
montante contributivo più il 4% di integrativo in parte retrocesso
nello stesso montante contributivo, in parte impiegato per
finanziare la nostra assistenza (Assicurazione medica di base,
maternità, invalidità temporanea, finanziamenti, prestiti,
Fondazione ecce cc)”. Oltre alla situazione di
base, In Inarcassa esistono agevolazioni ampie per
gli under 35.
Dall’altra parte, “gli autonomi a partita IVA iscritti a
Gestione Separata (GS) pagano una aliquota contributiva del
27,72%” ma non esistono agevolazioni per i giovani
iscritti.
Il contributo minimo Inarcassa
“Architetti e Ingegneri - continua Lombardini - sono obbligati ad un contributo minimo di 3.000 euro e possono accedere per 5 anni alla deroga su questi minimi perdendo però anzianità contributiva proporzionalmente a quanto non pagano. Possono integrare il versamento non corrisposto negli anni successivi. A questo contributo minimo corrisponde una pensione contributiva di 6.700 euro lordi che Inarcassa integra alla pensione minima di 10.500 euro lordi se si raggiungono alcuni requisiti reddituali e di ISEE”.
Il contributo minimo in GS Inps
“Gli iscritti a GS - rileva il delegato Inarcassa - hanno una sorta di contributo minimo equivalente a 4.310 euro che non sono obbligati a corrispondere ma se il loro versamento previdenziale risulta inferiore a questo minimo perdono anche qui proporzionalmente anzianità contributiva a meno di non reintegrare la somma successivamente”. Non esiste, però, una pensione minima
Il rendimento
“Il rendimento del nostro montante contributivo fondamentale per il valore delle nostre pensioni è vincolato alla variazione del monte redditi dei nostri associati (P.I.L. Inarcassa) con un valore minimo garantito all’1,5%. Inoltre il Consiglio di Amministrazione può deliberare un aumento di questo rendimento in funzione del rendimento del patrimonio”. All’interno dell’Inps, di contro, “il rendimento è legato al P.I.L. nazionale, negativo negli ultimi anni e quindi portato a 0 ai fini della rivalutazione del montante contributivo”.
Le tutele assistenziali
Sulla parte assistenziale Marco Lombardini rileva che la Gestione Separata ha tutele maggiori che vengono ampliate con il Jobs Act approvato, spiegando nel dettaglio dove.
“L’indennità di maternità –
continua Lombardini - esiste sia in Inarcassa
che nella GS. Il DDL però elimina il vincolo di astensione dal
lavoro in caso di maternità che invece non esiste in Inarcassa.
Viene prevista la sospensione del versamento contributivo in caso
di malattia e viene incrementata l’indennità in caso di
malattia grave. In Inarcassa esiste una indennità per
inabilità temporanea a seguito di malattia o infortunio erogata a
chi dimostri l’impossibilità di esercitare totalmente il proprio
lavoro per almeno 40 giorni continuativi.
Per la Gestione Separata vengono inoltre estesi i congedi
parentali che invece non esistono per Inarcassa.
Gli associati Inarcassa beneficiano automaticamente di una
assicurazione medica di base che copre i grandi
interventi e i gravi eventi morbosi”.
Il potere di rappresentanza
“Infine - afferma il delegato Inarcassa - esiste
una sostanziale differenza di rappresentanza: in Inarcassa
la governance viene selezionata attraverso un sistema di elezione
diretta. Sono gli iscritti stessi ad eleggere
territorialmente i propri delegati tra i quali vengono poi eletti i
vertici di Inarcassa, Presidente, Vicepresidente e Consiglieri di
Amministrazione. Questo implica una possibilità di influenza
diretta da parte degli associati alla cassa sulle politiche della
medesima. E’ altresì evidente che ci deve essere una
responsabilizzazione dell’associato stesso nell’informarsi,
partecipare e contribuire in prima persona a queste scelte.
Nell’INPS è evidente che la distanza tra gli iscritti e il
management è maggiore, questo rapporto ha un percorso molto più
tortuoso e indiretto e passa attraverso scelte governative e
statali”.
Le conclusioni
Per concludere Lombardini afferma di non credere che “la scelta del ricongiungimento di tutte le casse nella Previdenza Nazionale possa essere una soluzione ai problemi che attanagliano il lavoro autonomo. Credo invece sia necessario che le Casse di previdenza privatizzate prendano atto di quegli indirizzi che il DDL dà in termini di diritti del lavoro autonomo, e che cerchino di adeguare il loro comparto assistenziale alla normativa che si applicherà alla Gestione Separata per condividere da un punto di vista della tutelae dell’assistenza una visione universale che scavalchi le divisioni di categoria. Il lavoratore autonomo è tale ed ha problematiche simili, che sia o no iscritto ad un ordine professionale o ad una cassa previdenziale privatizzata o no”.
Ringrazio il delegato nazionale Marco Lombardini e lascio come sempre a voi ogni commento.
A cura di Ing. Gianluca Oreto
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