Architetti italiani, aperte nuove frontiere per lavorare nel Regno Unito

31/07/2014

Un semplice cambio di denominazione dell'Università blocca il riconoscimento della qualifica professionale nel Regno Unito. Il caso sollevato da molti architetti italiani arriva all'esame del SOLVIT e grazie alla collaborazione delle autorità italiane ed europee viene risolto.

L'accesso al riconoscimento della propria qualifica professionale è disciplinato dalla Direttiva 2005/36/CE. In sostanza, la norma europea, recepita in ogni Paese UE (in Italia, con Decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 206), consente al cittadino europeo di accedere alla professione corrispondente per la quale si è ottenuto il titolo nello Stato d'origine alle stesse condizioni previste dall'ordinamento di un altro Paese dell'Unione.

Negli ultimi mesi, numerosi architetti italiani hanno incontrato ostacoli per ottenere il riconoscimento per accedere ed esercitare la propria professione nel Regno Unito, nonostante il loro titolo sia correttamente inserito in un allegato della direttiva europea dove sono elencati per ogni Paese gli enti (per l'Italia, le università) riconosciuti che rilasciano il titolo di formazione.

L'autorità inglese, l'Architects Registration Board (ARB), sostiene che molte Università che hanno rilasciato il titolo agli architetti italiani non corrispondono a quelle indicate nell'allegato.

Come nel caso dell'architetto B.L., laureatosi a Catania, che racconta come il funzionario dell'ARB nel controllare i documenti "ha trovato una incongruenza tra il nome della mia Università (Università degli studi di Catania), indicata nel certificato, e il nome inserito nella lista dell'Annex 5 (5.7.1) della direttiva Europea del 2005 (Università di Catania)".

Una piccola apparentemente poco significativa differenza che però ha bloccato il processo di registrazione all'ARB.

Analoga situazione di G.P.: "Ho compilato il modulo d'iscrizione online per l'ARB a marzo 2012, pagando 110 sterline al momento della richiesta. Sono assolutamente certo che i documenti presentati corrispondano a quanto richiesto dall'ARB. Sono ormai mesi che la mia pratica è bloccata e stanno dando come unica motivazione quella che ci sono delle incongruenza tra come in quei documenti vengono chiamate alcune cose, per es. il nome dell'università o quello del mio corso di laurea, e come invece viene riportato sulla regolamentazione europea. Tutto ciò si sta inevitabilmente ripercuotendo sulla mia professione".

Ma sono decine e decine i casi di architetti e architette italiane nel Regno Unito che negli ultimi tempi si sono imbattuti nelle medesime difficoltà. La vicenda ha prima attivato gli esperti del SOLVIT poi il Ministero della Pubblica Istruzione (MIUR), il Dipartimento Politiche Europee e la Commissione europea.

Due i problemi che sono emersi. Alcuni atenei hanno effettivamente cambiato denominazione: l'Università di Reggio Calabria è ora Università degli studi Mediterranea di Reggio Calabria, mentre l'Università di Ancona è diventata Università Politecnica delle Marche. Il MIUR ha già comunicato alla Commissione europea le avvenute mutazioni.

Ma il vero problema è l'utilizzo dei termini "Università di" e "Università degli studi di". Le autorità italiane hanno più volte comunicato all'ARB che le due espressioni sono perfettamente equivalenti e possono quindi essere indifferentemente utilizzate dalle Università.

Gli atenei italiani che usano indifferentemente le due espressioni sono diverse, testimoniato proprio dai molti reclami degli architetti:Genova, Catania, Palermo, Napoli e Firenze, per citarne alcune.
In una recente comunicazione, il Punto nazionale di contatto per i riconoscimenti delle qualifiche professionali, istituito presso il Dipartimento Politiche Europee, ha nuovamente sollecitato l'ARB a tener conto che l'uso delle due terminologie non implica un automatico cambio del nome ma si tratta semplicemente di espressioni che identificano lo stesso ateneo. E la stessa Commissione europea, sollecitata dal Coordinatore nazionale della direttiva 2005/36/CE, è intervenuta chiedendo all'autorità inglese di tener conto della precisazione italiana.

E proprio recentemente, l'ARB ha definitivamente chiuso la questione accogliendo l'uso delle due espressioni equivalenti. Per la soddisfazione dei tanti architetti italiani che vogliono esercitare nel Regno Unito. Come Costanza Z. che ha scritto al SOLVIT: "Ho ricevuto dall'ARB una lettera che mi informa che la mia registrazione è stata accettata. Mi hanno già fornito il mio ARB registration number e pertanto risulto già iscritta e non è necessario che ripresenti la domanda. Grazie al SOLVIT per l'aiuto fornito, che si è dimostrato davvero essenziale e risolutivo". O Denis L.: "Grazie per l'impeccabile servizio di SOLVIT, l'ARB mi ha scritto dicendo che il chiarimento dall'UE c'era stato, e di conseguenza la mia domanda d'iscrizione è stata accettata".

Fonte: Dipartimento Politiche Europee

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