Autorità LLPP: Atto di segnalazione su appalti e qualificazione dei lavori
30/09/2013
L’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di
lavori, servizi e forniture, ha inviato il 25 settembre scorso al
Governo, l’Atto di segnalazione n. 3 avente ad oggetto la
“Qualificazione lavori”.
Con l’atto di segnalazione vengono segnalati alcuni fenomeni del sistema di qualificazione per i lavori, relativi alla struttura organizzativa delle SOA (Società Organismo di Attestazione), al fenomeno delle cessioni e degli affitti fittizi di azienda e all’utilizzo di certificati di esecuzione lavori (Cel) emessi da privati, posti in essere per conseguire diverse e più alte qualificazioni, indicando anche possibili interventi legislativi correttivi.
Sempre nello stesso atto di segnalazione, l’Autorità fornisce alcuni spunti di riflessione in merito alle modifiche del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (Codice) e del Regolamento di Attuazione, D.P.R. n. 207/2010 che si rendono necessarie per superare gli elementi di criticità evidenziati dal Consiglio di Stato nel Parere consultivo n. 3014, del 26 giugno 2013, sempre con riferimento al sistema della qualificazione nel settore dei lavori.
In merito alla struttura organizzativa delle SOA, l’Autorità, con l’atto di segnalazione in argomento auspica un intervento normativo idoneo ad un allargamento delle compagini sociali delle SOA, in quanto l’attuale prevalente sistema di conduzione familiare delle SOA ha costellato il mercato di piccoli soggetti attestatori, impedendo lo sviluppo di maggiori dimensioni che appaiono invece necessarie alla struttura del mercato delle imprese, in continua evoluzione.
L’Autorità rileva, anche, che, con riferimento al rapporto tra SOA e imprese, in materia di procedura di attestazione, il Regolamento prevede che le SOA abbiano, per poter esercitare la loro attività, un organico minimo. Tuttavia tale organico non appare correlato al numero di imprese attestate dalla singola SOA ed a parere dell’Autorità la normativa sull’organico minimo andrebbe rivisitata, agganciando l’organico, in modo proporzionale, al numero di attestati rilasciati o modificati nell’anno precedente, fermo restando, per il primo anno di attività, la sufficienza dell’organico minimo di legge.
Per quanto concerne il fenomemo delle cessioni e degli affitti fittizi di azienda, l’Autorità, per evitare i fenomeni abusivi in una certa misura aggravati dall’estensione dell’arco temporale di comprova dei requisiti di recente introdotta dal legislatore, si dovrebbe valutare l’opportunità di limitare, ad esempio a due anni, il periodo utile, antecedente alla cessione, ai fini della qualificazione.
Indipendentemente dal periodo preso a riferimento per la qualificazione, l’Autorità ritiene, comunque, indispensabile una modifica dell’art. 77 del D.p.r. n. 207/2010 che preveda che nei casi di cessione la verifica intermedia dell’attestazione rilasciata dopo la cessione, e limitatamente alle categorie e classifiche correlate all’azienda o al ramo oggetto di cessione, va effettuata alla scadenza del primo anno successivo al rilascio dell’attestazione conseguente alla cessione medesima e non dopo tre anni. Ciò, infatti, consentirebbe alla SOA di verificare in concreto e con riferimento ad un arco ragionevole di tempo, che oggetto della cessione è stato effettivamente un complesso organizzativo e produttivo capace di esplicare la propria funzionalità e non meri elementi formali trasferiti solo ai fini dell’ottenimento della qualificazione medesima.
Potrebbe, inoltre, essere valutata l’opportunità di affidare la verifica annuale ad una SOA diversa da quella che ha rilasciato l’attestazione. Si segnala che una simile previsione contribuirebbe anche a scongiurare l’evenienza che una SOA possa farsi promotrice, presso le imprese, di operazioni di cessione di rami o aziende.
In merito alle certificazioni rilasciate dai privati in occasione dell’esecuzione dei lavori l’Autorità, al fine di evitare che anche in questo caso si utilizzino attestazioni false difficilmente verificabili chiede una modifica normativa che subordini la possibilità, per le imprese, di spendere le certificazioni private ai fini della qualificazione solo quando sono accompagnate da dichiarazione sostitutiva di atto notorio ai sensi dell’art. 47 DPR 445/2000 rilasciata dal direttore dei lavori che attesti l’avvenuta esecuzione a regola d’arte, assumendo la responsabilità di tale dichiarazione.
Per quanto concerne, poi, le modifiche del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (Codice) e del Regolamento di Attuazione, D.P.R. n. 207/2010 che si rendono necessarie per superare gli elementi di criticità evidenziati dal Consiglio di Stato nel Parere consultivo n. 3014, del 26 giugno 2013, sempre con riferimento al sistema della qualificazione nel settore dei lavori.
Nell’atto di segnalazione, l’Autorità ricorda che il Consiglio di Stato, accogliendo in parte il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto dall’AGI (Associazione imprese generali), ha disposto l’annullamento delle norme di cui agli artt. 109, comma 2 e 107, comma 2, del Regolamento, relativamente all’individuazione delle categorie a qualificazione obbligatoria e delle categorie cd. super specialistiche o SIOS per le quali, in mancanza di qualificazione vige, rispettivamente, l’obbligo del subappalto e, per le SIOS, l’obbligo di partecipazione in ATI verticale al fine di poter eseguire quella parte di lavori non subappaltabile.
Con la medesima decisione, inoltre, il Consiglio di Stato ha disposto l’annullamento dell’art. 85, comma 1, lett. b) nn. 2 e 3, del Regolamento, nella parte in cui non consente all’impresa affidataria, a prescindere dalla quantità di lavori subappaltati, di utilizzare ai fini della qualificazione l’importo dei lavori subappaltati decurtato della quota eccedente il 30 o il 40 percento.
L’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, ritiene che siano possibili due ordini di alternative: da una parte potrebbe essere mantenuto fermo l’impianto normativo di cui al comma 1 dell’art. 109, contestualmente riducendo il numero delle categorie di lavori a qualificazione obbligatoria di cui al successivo comma 2 e, nel contempo, rendendo meno rigida la disposizione, contenuta nell’ultimo periodo del medesimo comma, relativa ai limiti di subappaltabilità delle SIOS, che superino il 15% dell’importo dell’appalto; dall’altra, potrebbe essere invertita la disposizione del comma 1 dell’art. 109, prevedendo, come regola generale, il divieto, per l’affidatario qualificato nella categoria prevalente, di eseguire lavorazioni per categorie diverse, a qualificazione obbligatoria. Anche in quest’ultimo caso, naturalmente, potrebbe essere opportuna una rivisitazione delle categorie specialistiche e superspecialistiche; ciò per aderire alla fondata osservazione del Consiglio di Stato, secondo cui molte delle categorie a qualificazione obbligatoria sono prive di connotati di particolare specialismo, ovvero del “notevole contenuto tecnologico” e della “rilevante complessità tecnica di cui all’art. 37, comma 11, del Codice dei contratti.
L’Autorità per quanto concerne, poi, le censure del Consiglio di Stato relative all’art. 85 del Regolamento, sono possibili due soluzioni alternative: la prima consiste nel ripristino della situazione precedente all’adozione dell’attuale Regolamento, ovvero nel riconoscere la possibilità per l’impresa aggiudicataria di qualificarsi per la categoria prevalente anche in relazione alle lavorazioni subappaltate (ivi comprese quelle a qualificazione obbligatoria) per un importo massimo del 30 o 40 per cento; la seconda, mantenendo l’impostazione attuale, dovrebbe necessariamente introdurre una revisione delle modalità di calcolo della quota utilizzabile ai fini della qualificazione, nel caso di subappalto, per le categorie scorporabili che non riproduca le incongruenze evidenziate nel parere. A tale proposito si potrebbe prevedere un meccanismo che, in analogia con quanto previsto dall’art. 24 del DPR 34/2000 per la categoria prevalente, assegni un valore massimo di qualificazione pari al 30 o al 40 per cento ma nella categoria scorporabile.
Per ultimo, l’Autorità segnala che qualsiasi tipo di intervento sull’attuale impianto normativo dovrà tener conto dell’esigenza di coordinamento delle disposizioni in esame con l’impianto complessivo del Codice al fine di evitare che si creino discrasie tra le stesse e quelle presenti per altri istituti quali quello della progettazione e della qualificazione acquisita dal direttore tecnico dell’impresa.
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Con l’atto di segnalazione vengono segnalati alcuni fenomeni del sistema di qualificazione per i lavori, relativi alla struttura organizzativa delle SOA (Società Organismo di Attestazione), al fenomeno delle cessioni e degli affitti fittizi di azienda e all’utilizzo di certificati di esecuzione lavori (Cel) emessi da privati, posti in essere per conseguire diverse e più alte qualificazioni, indicando anche possibili interventi legislativi correttivi.
Sempre nello stesso atto di segnalazione, l’Autorità fornisce alcuni spunti di riflessione in merito alle modifiche del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (Codice) e del Regolamento di Attuazione, D.P.R. n. 207/2010 che si rendono necessarie per superare gli elementi di criticità evidenziati dal Consiglio di Stato nel Parere consultivo n. 3014, del 26 giugno 2013, sempre con riferimento al sistema della qualificazione nel settore dei lavori.
In merito alla struttura organizzativa delle SOA, l’Autorità, con l’atto di segnalazione in argomento auspica un intervento normativo idoneo ad un allargamento delle compagini sociali delle SOA, in quanto l’attuale prevalente sistema di conduzione familiare delle SOA ha costellato il mercato di piccoli soggetti attestatori, impedendo lo sviluppo di maggiori dimensioni che appaiono invece necessarie alla struttura del mercato delle imprese, in continua evoluzione.
L’Autorità rileva, anche, che, con riferimento al rapporto tra SOA e imprese, in materia di procedura di attestazione, il Regolamento prevede che le SOA abbiano, per poter esercitare la loro attività, un organico minimo. Tuttavia tale organico non appare correlato al numero di imprese attestate dalla singola SOA ed a parere dell’Autorità la normativa sull’organico minimo andrebbe rivisitata, agganciando l’organico, in modo proporzionale, al numero di attestati rilasciati o modificati nell’anno precedente, fermo restando, per il primo anno di attività, la sufficienza dell’organico minimo di legge.
Per quanto concerne il fenomemo delle cessioni e degli affitti fittizi di azienda, l’Autorità, per evitare i fenomeni abusivi in una certa misura aggravati dall’estensione dell’arco temporale di comprova dei requisiti di recente introdotta dal legislatore, si dovrebbe valutare l’opportunità di limitare, ad esempio a due anni, il periodo utile, antecedente alla cessione, ai fini della qualificazione.
Indipendentemente dal periodo preso a riferimento per la qualificazione, l’Autorità ritiene, comunque, indispensabile una modifica dell’art. 77 del D.p.r. n. 207/2010 che preveda che nei casi di cessione la verifica intermedia dell’attestazione rilasciata dopo la cessione, e limitatamente alle categorie e classifiche correlate all’azienda o al ramo oggetto di cessione, va effettuata alla scadenza del primo anno successivo al rilascio dell’attestazione conseguente alla cessione medesima e non dopo tre anni. Ciò, infatti, consentirebbe alla SOA di verificare in concreto e con riferimento ad un arco ragionevole di tempo, che oggetto della cessione è stato effettivamente un complesso organizzativo e produttivo capace di esplicare la propria funzionalità e non meri elementi formali trasferiti solo ai fini dell’ottenimento della qualificazione medesima.
Potrebbe, inoltre, essere valutata l’opportunità di affidare la verifica annuale ad una SOA diversa da quella che ha rilasciato l’attestazione. Si segnala che una simile previsione contribuirebbe anche a scongiurare l’evenienza che una SOA possa farsi promotrice, presso le imprese, di operazioni di cessione di rami o aziende.
In merito alle certificazioni rilasciate dai privati in occasione dell’esecuzione dei lavori l’Autorità, al fine di evitare che anche in questo caso si utilizzino attestazioni false difficilmente verificabili chiede una modifica normativa che subordini la possibilità, per le imprese, di spendere le certificazioni private ai fini della qualificazione solo quando sono accompagnate da dichiarazione sostitutiva di atto notorio ai sensi dell’art. 47 DPR 445/2000 rilasciata dal direttore dei lavori che attesti l’avvenuta esecuzione a regola d’arte, assumendo la responsabilità di tale dichiarazione.
Per quanto concerne, poi, le modifiche del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (Codice) e del Regolamento di Attuazione, D.P.R. n. 207/2010 che si rendono necessarie per superare gli elementi di criticità evidenziati dal Consiglio di Stato nel Parere consultivo n. 3014, del 26 giugno 2013, sempre con riferimento al sistema della qualificazione nel settore dei lavori.
Nell’atto di segnalazione, l’Autorità ricorda che il Consiglio di Stato, accogliendo in parte il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto dall’AGI (Associazione imprese generali), ha disposto l’annullamento delle norme di cui agli artt. 109, comma 2 e 107, comma 2, del Regolamento, relativamente all’individuazione delle categorie a qualificazione obbligatoria e delle categorie cd. super specialistiche o SIOS per le quali, in mancanza di qualificazione vige, rispettivamente, l’obbligo del subappalto e, per le SIOS, l’obbligo di partecipazione in ATI verticale al fine di poter eseguire quella parte di lavori non subappaltabile.
Con la medesima decisione, inoltre, il Consiglio di Stato ha disposto l’annullamento dell’art. 85, comma 1, lett. b) nn. 2 e 3, del Regolamento, nella parte in cui non consente all’impresa affidataria, a prescindere dalla quantità di lavori subappaltati, di utilizzare ai fini della qualificazione l’importo dei lavori subappaltati decurtato della quota eccedente il 30 o il 40 percento.
L’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, ritiene che siano possibili due ordini di alternative: da una parte potrebbe essere mantenuto fermo l’impianto normativo di cui al comma 1 dell’art. 109, contestualmente riducendo il numero delle categorie di lavori a qualificazione obbligatoria di cui al successivo comma 2 e, nel contempo, rendendo meno rigida la disposizione, contenuta nell’ultimo periodo del medesimo comma, relativa ai limiti di subappaltabilità delle SIOS, che superino il 15% dell’importo dell’appalto; dall’altra, potrebbe essere invertita la disposizione del comma 1 dell’art. 109, prevedendo, come regola generale, il divieto, per l’affidatario qualificato nella categoria prevalente, di eseguire lavorazioni per categorie diverse, a qualificazione obbligatoria. Anche in quest’ultimo caso, naturalmente, potrebbe essere opportuna una rivisitazione delle categorie specialistiche e superspecialistiche; ciò per aderire alla fondata osservazione del Consiglio di Stato, secondo cui molte delle categorie a qualificazione obbligatoria sono prive di connotati di particolare specialismo, ovvero del “notevole contenuto tecnologico” e della “rilevante complessità tecnica di cui all’art. 37, comma 11, del Codice dei contratti.
L’Autorità per quanto concerne, poi, le censure del Consiglio di Stato relative all’art. 85 del Regolamento, sono possibili due soluzioni alternative: la prima consiste nel ripristino della situazione precedente all’adozione dell’attuale Regolamento, ovvero nel riconoscere la possibilità per l’impresa aggiudicataria di qualificarsi per la categoria prevalente anche in relazione alle lavorazioni subappaltate (ivi comprese quelle a qualificazione obbligatoria) per un importo massimo del 30 o 40 per cento; la seconda, mantenendo l’impostazione attuale, dovrebbe necessariamente introdurre una revisione delle modalità di calcolo della quota utilizzabile ai fini della qualificazione, nel caso di subappalto, per le categorie scorporabili che non riproduca le incongruenze evidenziate nel parere. A tale proposito si potrebbe prevedere un meccanismo che, in analogia con quanto previsto dall’art. 24 del DPR 34/2000 per la categoria prevalente, assegni un valore massimo di qualificazione pari al 30 o al 40 per cento ma nella categoria scorporabile.
Per ultimo, l’Autorità segnala che qualsiasi tipo di intervento sull’attuale impianto normativo dovrà tener conto dell’esigenza di coordinamento delle disposizioni in esame con l’impianto complessivo del Codice al fine di evitare che si creino discrasie tra le stesse e quelle presenti per altri istituti quali quello della progettazione e della qualificazione acquisita dal direttore tecnico dell’impresa.
A cura di Gabriele
Bivona
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