Banda larga, Ingegneri: la direzione è quella giusta
28/08/2015
La notizia dell’approvazione del programma operativo del Piano
Banda larga (CIPE 6 agosto 2015) è stata accolta tiepidamente
soprattutto dai tecnici che da tanti anni attendono una maggiore
attenzione da parte del Governo verso temi che riguardano
l’edilizia scolastica e ancor più le misure a contrasto del
dissesto idrogeologico.
I commenti sono stati abbastanza unanimi nel constatare la volontà del Governo a non voler affrontare in modo deciso uno dei problemi più gravi dei Paese, mentre si prevedono addirittura 2,2 miliardi subito per far partire immediatamente la fase attuativa del Piano Banda larga e 2,7 miliardi con altri provvedimenti normativi.
Ho chiesto un commento al Presidente del Consiglio Nazionale degli Ingegneri Armando Zambrano per sapere come mai si riescono a impiegare ben 4,9 miliardi di euro per la banda larga mentre ogni volta che si parla di dissesto idrogeologico, rischio sismico e scuole si contano solo le briciole.
”Il ritardo accumulato dall'Italia nel campo delle infrastrutture digitali è ormai imbarazzante - ha commentato il Presidente Zambrano - E non tanto per quanto riguarda i comuni cittadini (la cui propensione all'utilizzo delle tecnologie dell'informazione è in linea con i quello delle economie più avanzate) ma soprattutto per ciò che concerne il sistema imprenditoriale e la pubblica amministrazione; le imprese italiane sono quelle che hanno meno sviluppato l'e-commerce, mentre la nostra pubblica amministrazione non riesce ancora a utilizzare uno strumento come la PEC, che è stato imposto come obbligo a tutti i professionisti”.
”Per questo motivo - ha continuato il leader del CNI - il piano del Governo per la banda "ultra larga" va nella giusta direzione, che è quella di dotare il paese di una infrastruttura necessaria per poter competere alla pari con le economie più sviluppate del mondo”.
Il quadro storico
”La decisione del Governo deve, però, essere inquadrata in una prospettiva storica. Già nel 1995 la Telecom, allora azienda pubblica, aveva avviato il piano SOCRATE, che prevedeva il cablaggio di gran parte del paese, per un investimento di circa 13.000 miliardi di lire (poco più di 6,7 miliardi di euro); questo piano fu effettivamente avviato, con una spesa di 5.000 miliardi di lire (circa 2,6 miliari di euro), per poi essere abbandonato nel 1999 ed essere sostituito dalla tecnologia dell'ADSL, che si basa sull'utilizzo del doppino di rame esistente. La successiva privatizzazione di Telecom, ha di fatto bloccato ogni investimento infrastrutturale in questo campo; i soci privati di Telecom che si sono avvicendati negli anni hanno sempre badato a "creare valore" per gli azionisti (cioè per se stessi) piuttosto che a dotare il Paese di quelle infrastrutture necessarie a poter competere in uno scenario che si andava connaturando per la centralità delle tecnologie dell'informazione”.
”La privatizzazione della Telecom - ha concluso Zambrano - è il classico esempio di "privatizzazione dei profitti e di pubblicizzazione degli investimenti"; dopo 20 anni di totale immobilismo, è infatti ancora una volta il pubblico (cioè tutti noi) a farsi carico degli oneri derivanti da investimenti non più procrastinabili, il cui importo (4,9 miliardi di euro) non si discosta molto da quello del vecchio piano SOCRATE. Sul lato del rischio idrogeologico, questo Governo qualche passo in avanti l'ha fatto, per uscire da quella logica "dell'emergenza" che fa comodo a troppi. L'unità di missione sul rischio idrogeologico ha posto in essere un piano di investimenti per circa 7 miliardi di euro nell'arco di 7 anni; lontani dai circa 30 miliardi che necessiterebbero per mettere in sicurezza tutto il nostro paese, ma comunque tanti dopo anni di totale immobilismo. Se si riuscisse a coinvolgere in questo sforzo i privati cittadini, con politiche di incentivazione come quelle adottate per la ristrutturazione del patrimonio edilizio e per l'efficienza energetica, l'obiettivo di un paese libero dal rischio idrogeologico potrebbe essere alla nostra portata nell'arco di 10-15 anni”.
© Riproduzione riservata
I commenti sono stati abbastanza unanimi nel constatare la volontà del Governo a non voler affrontare in modo deciso uno dei problemi più gravi dei Paese, mentre si prevedono addirittura 2,2 miliardi subito per far partire immediatamente la fase attuativa del Piano Banda larga e 2,7 miliardi con altri provvedimenti normativi.
Ho chiesto un commento al Presidente del Consiglio Nazionale degli Ingegneri Armando Zambrano per sapere come mai si riescono a impiegare ben 4,9 miliardi di euro per la banda larga mentre ogni volta che si parla di dissesto idrogeologico, rischio sismico e scuole si contano solo le briciole.
”Il ritardo accumulato dall'Italia nel campo delle infrastrutture digitali è ormai imbarazzante - ha commentato il Presidente Zambrano - E non tanto per quanto riguarda i comuni cittadini (la cui propensione all'utilizzo delle tecnologie dell'informazione è in linea con i quello delle economie più avanzate) ma soprattutto per ciò che concerne il sistema imprenditoriale e la pubblica amministrazione; le imprese italiane sono quelle che hanno meno sviluppato l'e-commerce, mentre la nostra pubblica amministrazione non riesce ancora a utilizzare uno strumento come la PEC, che è stato imposto come obbligo a tutti i professionisti”.
”Per questo motivo - ha continuato il leader del CNI - il piano del Governo per la banda "ultra larga" va nella giusta direzione, che è quella di dotare il paese di una infrastruttura necessaria per poter competere alla pari con le economie più sviluppate del mondo”.
Il quadro storico
”La decisione del Governo deve, però, essere inquadrata in una prospettiva storica. Già nel 1995 la Telecom, allora azienda pubblica, aveva avviato il piano SOCRATE, che prevedeva il cablaggio di gran parte del paese, per un investimento di circa 13.000 miliardi di lire (poco più di 6,7 miliardi di euro); questo piano fu effettivamente avviato, con una spesa di 5.000 miliardi di lire (circa 2,6 miliari di euro), per poi essere abbandonato nel 1999 ed essere sostituito dalla tecnologia dell'ADSL, che si basa sull'utilizzo del doppino di rame esistente. La successiva privatizzazione di Telecom, ha di fatto bloccato ogni investimento infrastrutturale in questo campo; i soci privati di Telecom che si sono avvicendati negli anni hanno sempre badato a "creare valore" per gli azionisti (cioè per se stessi) piuttosto che a dotare il Paese di quelle infrastrutture necessarie a poter competere in uno scenario che si andava connaturando per la centralità delle tecnologie dell'informazione”.
”La privatizzazione della Telecom - ha concluso Zambrano - è il classico esempio di "privatizzazione dei profitti e di pubblicizzazione degli investimenti"; dopo 20 anni di totale immobilismo, è infatti ancora una volta il pubblico (cioè tutti noi) a farsi carico degli oneri derivanti da investimenti non più procrastinabili, il cui importo (4,9 miliardi di euro) non si discosta molto da quello del vecchio piano SOCRATE. Sul lato del rischio idrogeologico, questo Governo qualche passo in avanti l'ha fatto, per uscire da quella logica "dell'emergenza" che fa comodo a troppi. L'unità di missione sul rischio idrogeologico ha posto in essere un piano di investimenti per circa 7 miliardi di euro nell'arco di 7 anni; lontani dai circa 30 miliardi che necessiterebbero per mettere in sicurezza tutto il nostro paese, ma comunque tanti dopo anni di totale immobilismo. Se si riuscisse a coinvolgere in questo sforzo i privati cittadini, con politiche di incentivazione come quelle adottate per la ristrutturazione del patrimonio edilizio e per l'efficienza energetica, l'obiettivo di un paese libero dal rischio idrogeologico potrebbe essere alla nostra portata nell'arco di 10-15 anni”.
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