Codice Appalti: Non rispettati alcuni principi della legge delega
07/03/2016
Il Consiglio dei Ministri ha approvato, giovedì scorso in via preliminare, il decreto legislativo di recepimento delle direttive europee su appalti e concessioni (2014/23/UE, 2014/24/UE, 2014/25/UE) e di riordino dell’attuale legislazione costituita i via principale dal Codice dei contratti (D.Lgs. n. 163/2016) e dal Regolamento di attuazione (D.P.R. n. 207/2010).
Dopo i vari passaggi alla Consiglio di Stato, alla Conferenza delle Regioni ed alle Commissioni competenti di Camera e Senato, il provvedimento tornerà a Palazzo Chigi per la definitiva approvazione che dovrebbe avvenire entro il 18 aprile e la successiva pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale.
Sembra, anche, che sempre entro il 18 aprile dovrebbero essere pronte le linee guida che l’ANAC sta predisponendo in modo che il Nuovo Codice e le linee guida manderanno in pensione entro la fine del mese di aprile l’attuale Codice dei contratti ed il Regolamento di attuazione.
Sull’argomento abbiamo intervistato Rino La Mendola, attuale Vicepresidente del Consiglio Nazionale degli Architetti e coordinatore del Tavolo Lavori Pubblici della Rete delle Professioni Tecniche, che ci ha fornito le risposte ad alcune domande che crediamo siano le domande che si pongono tanti professionisti che dopo l’approvazione della legge delega, avevano sperato in un testo maggiormente vicino alle loro necessità. Dalle voci che arrivano da più parti, sembra che i giudizi non siano positivi ma, forse, c’è ancora la possibilità di migliorare un testo che governerà il comparto dei lavori pubblici per i prossimi anni.
Riportiamo qui di seguito le domande e le relative risposte.
Qual’è il suo giudizio sul testo approvato in via
preliminare dal Consiglio dei Ministri?
Non è certamente positivo: il testo varato dal Governo
tradisce una serie di principi enunciati dalla legge delega e
presenta una serie di criticità. Prima fra tutte, la mancanza
di una disciplina speciale sui Servizi di Architettura e Ingegneria
ed altri servizi tecnici; gli articoli che riguardano l’argomento
sono disseminati nel testo in modo poco organico e difficilmente
leggibile. Riteniamo che questa sia una carenza fondamentale,
nella consapevolezza che servizi come la progettazione non
possono essere regolamentati con regole analoghe o anche soltanto
simili a servizi generici, come quelli sociali o della
ristorazione; servizi che hanno peraltro riferimenti comunitari
diversi.
Uno degli slogan più usati per presentare il nuovo
codice è quello della “centralità del progetto”.
Secondo il suo giudizio, lo slogan trova riscontro
concreto nella norma?
Assolutamente no! Al di là degli slogan di facile
enunciazione, sebbene sia stato riservato all’argomento un Capo
specifico, non registriamo in realtà alcun concreto passo in
avanti. Gli articoli che riguardano i concorsi sono ripresi
dal vecchio codice e non sono migliorativi. Basti
pensare che il nuovo testo propone addirittura il
ricorso ai concorsi, in alternativa agli incarichi interni, anche
nei casi in cui l’intervento riguardi opere di particolare
interesse architettonico. In tal senso, registriamo un passo
indietro rispetto al vecchia norma. Avevamo inoltre chiesto
l’introduzione di un articolo che garantisse la priorità
dell’affidamento (e non l’opzione) delle fasi successive della
progettazione al professionista vincitore, al fine di scongiurare
il rischio che le amministrazioni continuino a bandire concorsi,
magari a fini propagandistici, che non si concretizzano mai
con la realizzazione delle opere in linea con le
previsioni del progetto vincitore. Nel testo approdato in Consiglio
dei Ministri non troviamo traccia di questo articolo, né di
articoli che concretizzino quella “drastica riduzione del ricorso
all’appalto integrato”, espressamente voluta
dalla legge delega.
Il nuovo codice offre nuove possibilità ai
giovani ed in generale ai liberi professionisti?
Per una concreta attuazione dell’apertura del
mercato sarà necessario che le linee guida dell’ANAC, da
varare in luogo del regolamento, abbandonino le vecchie
logiche dei requisiti tecnico-organizzativi, quali il
fatturato o il numero dei dipendenti, puntando esclusivamente
sulle capacità professionali (curriculum vitae, senza limiti
temporali) e su incentivi in favore dei raggruppamenti che
coinvolgano i giovani. Ci aspettavamo comunque una maggiore
concretezza nella ridefinizione del ruolo del pubblico dipendente
rispetto al libero professionista, con l’obiettivo di assegnare
prioritariamente, al primo, le attività di controllo
dell’intero processo di esecuzione di un opera pubblica, ed
al secondo, la progettazione, la direzione ed il
collaudo dei lavori. Ed ancora, auspicavamo maggiore chiarezza sul
tema dell’esternalizzazione dei servizi di architettura e
ingegneria in misura non inferiore all’ottanta per cento, quando i
lavori sono eseguiti in concessione, riducendo la
quota degli affidamenti in house sotto la soglia del venti
per cento, così come dettato dalla legge delega.
Per l’aggiudicazione dei servizi di architettura e di
ingegneria l’unico criterio utilizzabile sarà quello dell’offerta
economicamente più vantaggiosa. Ritiene che questo sia un
fatto positivo?
Certamente sì, però vorrei sottolineare che, con il nuovo
codice, le stazioni appaltanti non sono più tenute a calcolare
l’importo stimato dei servizi di architettura e ingegneria da
affidare, utilizzando regole certe come quelle dettate
dall’applicazione del D.M. 143/2013, appositamente varato dal
Ministero della Giustizia, di concerto con il Ministero delle
Infrastrutture. Quindi serve a poco ridurre i ribassi se poi
le stazioni appaltanti tornano ad essere libere di
sottostimare come credono l’importo da porre a
base di gara, mortificando la dignità dei professionisti e la
qualità delle prestazioni professionali.
Ritiene che il nuovo codice abbia raggiunto
l’obiettivo della legalità e della trasparenza negli
affidamenti dei servizi di architettura e di
ingegneria?
Vorrei ricordare che le procedure di affidamento dei
Servizi di Architettura e Ingegneria variano con il variare
dell’importo posto a base d’asta; pertanto, venuto meno l’obbligo
di calcolare tale importo con regole certe, le stazioni appaltanti
potranno riprendere a sottostimare gli importi da porre
a base d’asta, affidando i servizi con procedure errate
(es: un affidamento diretto o una procedura negoziata in luogo di
un affidamento a mezzo di asta pubblica). In tal senso, è
stato ignorato un chiaro orientamento dell’ANAC che, con la
determina n°4 del 2015, aveva sottolineato la delicatezza
dell’argomento, ribadendo in modo chiaro l’obbligo, per le stazioni
appaltanti, di calcolare l’importo del corrispettivo da porre a
base di gara, utilizzando il suddetto DM 143, in adempimento
peraltro a quanto sancito dall’art.5 della Legge 134/2012. Il nuovo
codice dunque sull’argomento alimenta una discrezionalità eccessiva
delle stazioni appaltanti, che mal si coniuga con lo slogan a cui
faceva riferimento nella domanda.
Avete proposto delle soluzioni alle criticità
rilevate?
Certamente! Abbiamo presentato al Governo un
documento redatto dal Tavolo tematico della Rete delle Professioni
Tecniche che, attraverso la modifica di un modesto pacchetto di
articoli, supererebbe le tante anomalie rilevate, proponendo
dispositivi votati alla concreta apertura del mercato,
all’introduzione di regole certe negli affidamenti, al vero
rilancio del concorso di progettazione, alla valorizzazione
della qualità delle prestazioni professionali ed
all’abrogazione di inutili balzelli a carico dei
professionisti, come la cauzione da versare per partecipare
alle gare. Ci auguriamo che il testo definitivo, che
verrà fuori dal secondo passaggio in Consiglio
dei Ministri, possa accogliere le nostre proposte. Nel
caso contrario, faremo sentire la nostre voce in tutte le sedi
opportune ed in particolare in occasione dei passaggi istituzionali
presso le commissioni tematiche dei due rami del
parlamento.
Ringraziamo il vicepresidente La Mendola per il prezioso contributo e lasciamo come sempre a voi ogni commento.
A cura di Redazione LavoriPubblici.it
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