Codice Appalti e Direttive Europee: segnali negativi dall'ANAC e dall'AGCM

18/12/2015

Mentre al Senato il testo del disegno di legge delega sul recepimento delle direttive europee non è andato in aula (tutto è stato slittato al 12 gennaio 2016 alla ripresa dei lavori dopo la sospensione per le festività natalizie), giungono alcuni segnali negativi da parte dell'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) e dall'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM).

Ricordiamo che il testo del disegno di legge delega è stato approvato (molto frettolosamente) dall'VIII Commissione del Senato il 10 dicembre scorso senza tenere conto del lavoro svolti dalle altre Commissioni parlamentari e, in alcuni casi, senza il parere delle commissioni stesse, svilendone il ruolo.
In particolare l'XI Commissione (Lavoro e Politiche sociali) del Senato, in un articolato parere indirizzato all'VIII Commissione, aveva richiesto di verificare se il testo approvato dalla Camera "tenga insieme il soddisfacimento delle istanze di carattere sociale, come previsto dalle direttive comunitarie, con la normativa di parità di trattamento e con quella relativa alla concorrenza" e aveva puntato gli occhi sulle lettere ddd), fff) e ggg) del provvedimento stesso.

Sul problema sollevato dalla Commissione lavoro del Senato sono arrivati i pareri dell'ANAC e dell'Antitrust.

In particolare, l'ANAC, con la Nota 10 dicembre 2015, n. 167213 indirizzata al presidente della Commissione Lavoro del Senato, ha precisato che "La clausola sociale, infatti, non può alterare o forzare la valutazione dell'aggiudicatario in ordine al dimensionamento dell'impresa e, in tal senso, non può imporre un obbligo di integrale riassorbimento dei lavoratori del pregresso appalto, senza adeguata considerazione delle mutate condizioni del nuovo appalto, del contesto sociale e di mercato o del contesto imprenditoriale in cui dette maestranze si inseriscono" e bocciato di fatto la lettera ggg) del comma 1, in cui è stata inserita la necessità di introduzione nei bandi di appalto pubblici di "clausole sociali volte a promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato".

L'Antitrust, con il parere 11/12/2015 firmato dal presidente Giovanni Pitruzzella, ha precisato che "il criterio generale da osservarsi è che eventuali limiti e restrizioni non possono formare oggetto di alcun obbligo e debbono in ogni caso risultare compatibili con l'organizzazione dell'impresa subentrante" aggiungendo che "solo in questi termini simili vincoli possono ritenersi compatibili con la libertà di concorrenza e con la libertà di iniziativa economica ex articolo 41 della Costituzione".
L'Antistrust ha ritenuto, anche, che "l'utilizzo in via prioritaria degli addetti già impiegati nel medesimo appalto deve consentire in ogni caso la scelta dei profili professionali da parte delle imprese potenziali aggiudicatarie" e che "l'introduzione di "clausole sociali" volte a promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato negli appalti pubblici di servizi pone dei problemi concorrenziali, posto che, pur nella genericità della formulazione, non viene prevista alcuna verifica di compatibilità con le esigenze di natura produttiva e tecnica dell'impresa entrante".

Avevo ragione, quindi, quando nella notizia pubblicata l'11 dicembre scorso (leggi articolo) affermavo che il provvedimento era stato approvato unicamente per problemi di natura temporale, dando al Governo, con un ordine del giorno, indicazioni che lasciano il tempo che trovano. Per altro, l'approvazione da parte dell'VIII Commissione è avvenuta in una seduta lampo iniziata alle ore 14:00 e terminata alle 15:00, ignorando gli oltre 100 emendamenti e ordini del giorno ed i pareri delle altre commissioni, approvando un testo contenente numerose criticità che avrebbe dovuto consentire la calendarizzazione in aula del provvedimento per il 17/12 ma così non è stato e tutto slitta al 12 gennaio 2016 quando saranno trascorsi, ormai, 21 mesi dall'entrata in vigore delle direttive europee e mancano soltanto tre mesi per evitare un procedimento di infrazione da parte dell'Unione europea.

La matassa si continua ad aggrovigliare sempre di più e sembra che sia in arrivo per gennaio un parere, probabilmente negativo della Commissione Bilancio del Senato che ha attenzionato parecchie lettere del provvedimento che potrebbero avere un impatto negativo con i conti pubblici.

Si pensi al problema del 2% relativo all'incentivo per i tecnici della pubblica amministrazione che, mentre serviva prima, in alcuni casi, per coprire i costi delle progettazioni e della direzioni dei lavori, verrebbe utilizzato successivamente, soltanto per le attività tecniche svolte dai dipendenti pubblici relativamente alla programmazione della spesa per investimenti, alla predisposizione e controllo delle procedure di bando e di esecuzione dei contratti pubblici, trasferendo il costo delle progettazioni e delle direzioni dei lavori come nuovo onere per le casse dello Stato (L'OICE ha stimato che dall'abrogazione dell'incentivo del 2% sulla progettazione si avrà un incremento del mercato pari ad almeno "200 milioni di progettazione che potranno essere acquisiti, a seguito di procedure ad evidenza pubblica, da professionisti, studi e società di ingegneria").

La Commissione bilancio ha chiesto, su alcuni dettagliati punti, una relazione alla Ragioneria generale dello Stato. Il fondato timore è su una relazione negativa che recepita della Commissione Bilancio del Senato potrebbe portare ad un parere negativo che rimetterebbe tutto in discussione.

Vi terremo, come sempre, informati su tutte le evoluzioni.
 

A cura di arch. Paolo Oreto
     


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