Codice dei contratti: Il CdM approva il correttivo in esame preliminare
24/02/2017
Nel corso del Consiglio dei Ministri n. 14 di ieri 23 febbraio, su proposta del Presidente Paolo Gentiloni e del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Graziano Delrio, è stato “approvato, in esame preliminare, un decreto legislativo correttivo del Codice degli appalti, adottato a norma dell’articolo 1, comma 8, della legge delega n. 11 del 2016 e in esito alla consultazione pubblica.”
E’ questo quello che si legge nel Comunicato stampa di fine seduta e visto che da indiscrezioni si sa già che dalle consultazioni scadute alla mezzanotte del 22 dicembre sono pervenute al Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi centinaia di proposte è lecito porsi la domanda su come possa essersi approvato un provvedimento “in esito alla consultazione pubblica” quando è umanamente impossibile che dalla mezzanotte del giorno 22 alla ore 16 di ieri (in 16 ore) possano essere state non valutate ma semplicemente lette le proposte pervenute. Anche nella Conferenza stampa di fine seduta poche e scarne parole del Premier Gentiloni che ha affermato “abbiamo approvato il decreto correttivo del Codice degli appalti in chiave di maggiore semplicità e trasparenza per cercare di dare un contributo alla ripresa degli appalti, dei lavori pubblici di cui molto abbiamo bisogno”.
Nel comunicato stampa del Consiglio dei Ministri è, poi, precisato che l’intervento apporta modifiche e integrazioni al Codice, volte a perfezionarne l’impianto normativo confermandone i pilastri fondamentali. Le modifiche apportate seguono tre direttrici:
- sono state apportate al codice tutte le modifiche di coordinamento ai fini di una più agevole lettura;
- sono state introdotte integrazioni che migliorano l’efficacia e chiariscono la portata di alcuni istituti, sulla base anche di quanto suggerito dal Consiglio di Stato in sede consultiva e dalle associazioni o dagli operatori di settore;
- sono state apportate limitate modifiche ad alcuni istituti rilevanti, conseguenti alle criticità evidenziate nella prima fase attuativa del codice.
Tra le modifiche il Consiglio dei Ministri segnala quelle su:
- appalto integrato con l’introduzione di un periodo transitorio che prevede che l’appalto integrato sia possibile per gli appalti i cui progetti preliminari o definitivi siano stati già approvati alla data di entrata in vigore del codice e nei casi di urgenza;
- progettazione con l’introduzione dell’obbligatorietà dell’uso dei parametri per calcolare i compensi a base di gara;
- concessioni 80/20 con il chiarimento sul limite dell’80 per cento dei contratti di lavori, servizi e forniture, relativi alle concessioni di importo pari o superiore a 150.000, che i concessionari sono obbligati ad affidare mediante procedura ad evidenza pubblica non riguarda i lavori eseguiti direttamente né quelli relativi alla manutenzione ordinaria;
- subappalto con il superamenti della rigidità della disciplina attualmente prevista, anche alla luce della recente giurisprudenza della Corte di giustizia, chiarendo tra l’altro che il limite del 30% è da riferirsi alla categoria prevalente per i lavori e, solo nel caso di servizi e forniture, all’importo complessivo del contratto;
- indicazione terna sub appaltatori con cui è previsto che stazione appaltante indichi nel quando ritiene necessaria l’indicazione della terna in sede di offerta;
- contraente generale con cui è prevista una soglia minima pari a 150 milioni di euro per il ricorso all’istituto del contraente generale, per evitare che il ricorso all’istituto per soglie minimali concretizzi una elusione del divieto di appalto integrato;
- varianti con l’integrazione della disciplina della variante per errore progettuale, specificando che essa è consentita solo entro i limiti quantitativi del de minimis;
- semplificazioni procedurali per un nuovo appalto basato su progetti per i quali risultino scaduti i pareri acquisiti, ma non sono intervenute variazioni, vengono confermati i pareri, le autorizzazioni e le intese già rese dalle amministrazioni.
Ricordiamo che il correttivo posto in consultazuione dal 17 al 22 febbraio è costituito da 84 articoli in cui sono inserite circa 250 correzioni e che il testo (ma ci chiediamo quale testo? Quello posto in consultazione e approvato in via preliminare nel cosniglio dei Ministri di ieri o quello, eventualemente integrato con alcune delle proposte pervenute) dopo l’approvazione in via preliminare al Consiglio dei Minuistri di ieri entrerà nel labirinto delle consultazioni cecando di passare indenne da pericoli di non conformità ai principi e criteri direttivi di cui alla legge delega n. 11/2016.
Restano da oggi alla scadenza del 19 aprile 2017, soltanto 55 giorni e, come previsto all’articolo 1, comma 3 della legge delega n. 11/2016, il decreto legislativo correttivo, corredato della relazione tecnica che dia conto della neutralità finanziaria dei medesimi o di nuovi o maggiori oneri derivanti, è adottato, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sentiti i Ministri degli affari esteri e della cooperazione internazionale, della giustizia, dell'economia e delle finanze e della difesa successivamente ai pareri del Consiglio di Stato, della Conferenza unificata e delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari. Il Consiglio di Stato e la Conferenza delle Regioni devono pronunciarsi entro 20 giorni mentre le Commissioni parlamentari entro 30 giorni dalla trasmissione.
I 55 giorni utili prima della scadenza del 19 aprile 2017 dovranno, quindi, ridursi di qualche giorno (non meno di 4 giorni) per il concerto dei vari Ministeri e, quindi, il numero di giorni utili scenderebbe a circa 50.
Tutto potrebbe filare liscio se le Commissioni parlamentari dovessero utilizzare anche tutti i 30 giorni a propria disposizione senza rinviare il testo al Governo a causa del fatto che talune disposizioni non siano conformi ai principi e criteri direttivi di cui alla legge delega perché ove, invece, ciò non si verifichi e le commissioni dovessero rinviare il provvedimento al Governo (come previsto al citato comma 3 dell’articolo 1 della legge delega) le stesse avrebbero altri 15 giorni di tempo per esprimersi e sarebbe, in questo caso, possibile che venga superata la scadenza del 19 aprile 2017 senza che il Governo abbia più la possibilità di approvare il decreto correttivo a causa della scadenza della delega.
Tra l’altro mentre nel caso del decreto legislativo del Codice dei contratti la scadenza del 18 aprile 2016 non era inderogabile in quanto si trattava del termine per il recepimento delle direttive europee da cui è scaturito il codice; se si fosse andati oltre non sarebbe accaduto nulla perché non si è mai verificato l'avvio di una procedura di infrazione per lo sforamento di un termine europeo per qualche giorno mentre nel caso del decreto correttivi il termine è, invece, perentorio perentorio in quanto, successivamente, alla scadenza del 19 aprile 2017 scadrebbe la delega, il Governo non potrebbe più emanare il decreto legislativo ed il provvedimento potrebbe vedere la luce soltanto con u decreto-legge o ad una legge ordinaria che, in entrambi i casi, dovrebbero essere approvati dal Parlamento.
Ma c’è di più perché, mentre nel caso del decreto legislativo 18 aprile 2016, le commissioni parlamentari scelsero la strada di un parere favorevole senza fare alcun appunto sulla non conformità ai principi e criteri direttivi di cui alla legge delega, oggi la situazione è diversa come abbiamo rilevato nel corso dell’audizione del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Graziano Delrio del 15 febbraio scorso (leggi news) quando alcuni componenti delle due commissioni parlamentari riunite hanno espresso il loro parere negativo sulla schema di correttivo del 9 febbraio 2017 che non si discosta poco da quello messo in consultazione; come è possibile riscrontrare dalla registrazione dell’audizione (leggi news) il senatore Stefano Esposito, relatore della legge delega n. 11/2016, nel proprio intervento non ha camuffato il “profondo imbarazzo” legato al fatto che “alcuni punti della bozza siano da considerare fuori delega” e tra questi le aperture sul divieto di appalto integrato, la revisione delle norme sul subappalto e l'allargamento del novero delle stazioni appaltanti che potrebbero evitare gli obblighi di qualificazione.
A cura di Paolo Oreto
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