Codice dei contratti tra Recovery Fund, voglia completamento, controriforma e direttive UE

di Redazione tecnica - 02/03/2021

Dai Governi Conte a quello Draghi sembra che la musica stia cambiando. Almeno per quel che riguarda le intenzioni (reali o presunte) sulla normativa che riguarda gli appalti pubblici in Italia (il D.Lgs. n. 50/2016 c.d. Codice dei contratti).

Codice dei contratti tra modello italiano e Direttive UE

E non poteva essere altrimenti guardando le risorse che l'Italia si troverà a gestire grazie al Recovery Fund che necessiteranno di regole chiare e di facile applicazione. Quello che non sono per il sindaco d Firenze Dario Nardella che in un intervento pubblico ha definito le regole italiane "troppo pesanti e complicate", tanto da chiedere di utilizzare le norme essenziali previste dall'Unione Europea.

Dichiarazioni che sono state una vera e proprio miccia a cui sono seguite tesi e affermazioni più disparate tra chi conferma la necessità di avere regole certe per non vanificare il Recovery Fund, chi fa notare che la riforma del 2016 in realtà non è mai stata completata davvero, chi chiede l'applicazione del Modello Genova (deregolamentazione) e chi, ancora, chiede il recepimento delle Direttive UE dimenticando però che le stesse forniscono agli Stati membri solo delle indicazioni a cui deve seguire una regolamentazione nazionale.

Codice dei contratti: le dichiarazioni di OICE e Assistal

Sull'argomento sono entrati anche l'OICE e Assistal che con due comunicati hanno espresso lo stesso concetto: NO allo stop del Codice dei contratti. Una controriforma a distanza di 5 anni dalla precedente, senza che ancora ne sia stato completato davvero il percorso, significherebbe cambiare nuovamente le regole del gioco in un momento in cui stabilità e certezza normativa dovrebbero essere i fari ispiratori del legislatore.

"È innegabile - afferma l'OICE - che le regole attuali non consentono di arrivare rapidamente all'apertura di cantieri, e questo è un problema in vista del PNRR, ma il nodo non sta più nella fase di scelta del contraente, oggi portata ai minimi termini con gare da fare in 15 giorni, spesso con procedure negoziate senza bando, e con progetti complessi da realizzare in 60 giorni. I problemi sono nelle fasi di approvazione dei progetti, nei ritardi delle amministrazioni, nella competenza delle stazioni appaltanti che dovrebbero essere supportare da project manager, anche esterni, al loro servizio, per controllare tempi e costi. E poi si definiscano contratti e capitolati-tipo scevri da clausole vessatorie-capestro per gli operatori economici che, una volta aggiudicatosi un contratto con fatica e lavoro preparatorio sono alla mercé del RUP di turno che può chiedere di tutto senza risponderne di fronte a nessuno; si vedono in giro contratti fatti da amministrazioni pubbliche non più degni di un Paese civile".

"Le imprese - afferma Assistal - hanno bisogno di certezza del diritto e stabilità, non di un continuo cambio delle regole corrispondente alla nomina di un nuovo ministro. Le regole comunitarie poi, sono troppo generiche e la loro interpretazione significherebbe generare il caos. È utile quindi ricordare che la storia legislativa degli ultimi 30 anni, ha portato ad una definizione normativa finalmente equilibrata. Se ci sono, come è evidente, dei problemi quali le lungaggini per le procedure e gli affidamenti, questi non si possono risolvere con l’abolizione del codice, piuttosto con l’introduzione di correttivi, anche in termini di organizzazione delle stazioni appaltanti che consenta loro di far fronte agli oneri procedurali”.

A cura di Redazione LavoriPubblici.it



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