Comune di Palermo: Parco diffuso tra sogno e realtà
di Danilo Maniscalco - 06/10/2016
"Rifugi per la diversità, costituiti dalla somma dei residui, delle riserve e degli insiemi primari". È così che Gilles Clement, il più noto paesaggista europeo, definisce tutti quei luoghi, apparentemente marginalizzati, all'interno delle nostre città e capaci al contempo di contenere potenziali moltitudini, scoperte inaspettate e nuove possibilità.
Si tratta di spazi di risulta tra strade che si incrociano, fazzoletti di terra scampati al sacco edilizio, residui incolti, aree industriali abbandonate, depositi e discariche impropri, aiuole spartitraffico, vecchie abitazioni con tetti crollati da cui spiccano alberi e arbusti e ancora tutti quegli spazi tra la strada carrabile ed il mare, tra le linee ferrate e la città avanzata a ridosso. Sono habitat, luoghi ricchi di biodiversità resistente, straordinarie possibilità di riuso, ma fino ad oggi considerate marginalità prive di interesse sociale.
Eppure, all'interno della logica di salvaguardia degli spazi scampati al cemento armato, se riuscissimo a fare rete tra tutte queste preziose aree verdi residuali, otterremmo un vero e proprio parco diffuso.
Un esempio sul quale la riflessione può essere particolarmente stimolante è rappresentato dal potenziale delle attuali aree di cantiere del passante ferroviario, che dalla stazione Notarbartolo, passando per viale delle Alpi, attraversando V e VI circoscrizione, raggiungono, in prossimità di via Maltese, le ville Pantelleria, Ferrante e Maria.
E già, perché nella descritta tratta B, insistono ben quattro nuove fermate metropolitane, Lazio, De Gasperi, Francia e San Lorenzo, ed una molteplicità di spazi verdi di risulta, aiuole, sistemi di filari di alberi, orti urbani, verde storico di pertinenza delle ville che se appositamente immaginate come unicum, diventerebbero il più esteso parco urbano ciclopedonale per l'intera città, che si potrebbe benissimo raggiungere senza l'uso dell'automobile.
Sarebbe come un secondo parco del Foro Italico, ma potenziato dai servizi e da un tessuto storico, le ville, che meritano sicuramente un destino migliore dell'oblio.
Però resterà un sogno.
Si perché anziché considerare l'interramento integrale della ex-linea ferrata per disegnare questo immenso polmone verde, come l'opportunità di risarcire il dramma creato nella Piana dei Colli, il progetto prevede al posto del verde, parcheggi marginali e nuovo inutile asfalto.
Siamo ancora in tempo, come per piazza Politeama, abbiamo ancora tutto il tempo per indire un concorso di progettazione e chiedere una variante virtuosa in corso d'opera, che sappia costruire un parco privo di inutili strade, capace di diventare una risorsa comune e non per pochi, che sappia risarcire un danno subito dal territorio e da tutti.
Storia, ambiente, cultura e natura, spirito di comunità, sostenibilità ambientale e vivibilità ci aspettano, l'occasione è qui e ora e si chiama Parco Diffuso.
Se non saremo in grado di divenire massa critica e chiedere questa importante variante, quel che resta di agavi, fichi d'india, agrumeti, flora e piccola fauna locale, andrà persa per sempre sotto il peso insostenibile di cemento ed asfalto.
Non possiamo abituarci al degrado come destino, sicuri come siamo che solo la bellezza salverà Palermo.
A cura di Arch. Giulia Argiroffi
Arch. Danilo Maniscalco
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