Condanne penali e annotazioni nel casellario ANAC: interviene il TAR
di Redazione tecnica - 16/01/2021
Condanne penali, bandi di gara e annotazione nel Casellario dell'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC). Si parla di questo e tanto altro all'interno della sentenza 22 dicembre 2020, n. 13878, con la quale il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio affronta il ricorso presentato avverso l'iscrizione al Casellario informatico operata dall'ANAC.
La presunta falsa dichiarazione
Il ricorso è stato presentato da una società dopo che l'ANAC le ha negato il nulla osta ad un "sub-contratto". Secondo l'ANAC, infatti, il vicepresidente della società non aveva dichiarato una condanna per omicidio colposo a seguito di un incidente stradale. Condanna a sei mesi di reclusione divenuta irrevocabile nel 1990, con i benefici della non menzione e della sospensione condizionale della pena.
Secondo la società, si sarebbe trattato di fatti "non idonei a incrinare il rapporto fiduciario con la stazione appaltante in quanto non incidenti sulla moralità professionale". Ma l'ANAC non ha voluto sentire ragioni. E oltre ad una sanzione, ha negato il nulla osta "per aver accertato la presentazione, di falsa dichiarazione, resa in sede di sottoscrizione della dichiarazione sostitutiva resa, ai fini del subaffidamento".
L'iscrizione della condanna nell'area B del casellario informatico
La stazione appaltante ha riconosciuto un profilo "non grave" in relazione alla mancata segnalazione della condanna. L'iscrizione nell'area B del casellario informatico, comunque, non comporta l'esclusione automatica dalla partecipazione alle gare pubbliche. Per la società che ha fatto ricorso, però, l'errore riguardava il fatto che l'ANAC aveva affermato che la condanna riguardava un reato in materia tributaria e non l'omicidio stradale. Ecco perché aveva richiesto la correzione dell'errore. ANAC aveva parzialmente corretto l'errore.
Condanna "lontana"
La stazione appaltante aveva rilevato che la condanna penale era molto lontana nel tempo e non aveva comunque attinenza con l'attività professionale. Per l'ANAC, però, la pubblicazione nell'allegato B del casellario informatico, era un atto dovuto, finalizzato solo all'applicazione dell'esercizio della discrezionalità amministrativa. Per il Tar, però, rimangono le perplessità. Il D.Lgs. n.50/2016 (c.d. Codice dei contratti) prevede che le stazioni appaltanti possano escludere le società partecipanti ad un bando di gara se l'operatore economico si è reso colpevole "di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità". Ma non è il caso analizzato, dicono i giudici. Qui non si ravvede nessun illecito professionale.
Il "vecchio" D.Lgs. n.163/2006
Secondo l'ANAC la società aveva presentato una falsa dichiarazione per rispettare i parametri previsti dal D.Lgs. n. 163/2006, in particolare l'articolo 38 in cui si legge che "sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi, né possono essere affidatari di subappalti, e non possono stipulare i relativi contratti i soggetti nei cui confronti è stata pronunciata sentenza di condanna passata in giudicato, o emesso decreto penale di condanna divenuto irrevocabile, oppure sentenza di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per reati gravi in danno dello Stato o della Comunità che incidono sulla moralità professionale; è comunque causa di esclusione la condanna, con sentenza passata in giudicato, per uno o più reati di partecipazione a un'organizzazione criminale, corruzione, frode, riciclaggio". Ma si tratta di casi completamente diversi, secondo il Tar.
L'utilità della notizia
Per i giudici il diniego al nulla osta è stato opposto a causa di una falsa dichiarazione "che non potrà più essere resa: invero, una volta intervenuta la riabilitazione, quella condanna non potrà più essere presa in considerazione dalle stazioni appaltanti al fine di valutare l’affidabilità del contraente. Ne discende che l’impugnata annotazione da una parte poggia su una “non motivazione”, dall’altra non è notizia “utile”, in quanto non risponde allo scopo precauzionale e informativo per il quale l’istituto dell’annotazione nel Casellario è stato introdotto nell’ordinamento", scrivono i giudici. Secondo i giudici, l’annotazione nel Casellario informatico da parte dell’ANAC di notizie ritenute "utili" deve avvenire "in applicazione dei canoni di proporzionalità e ragionevolezza dell’azione amministrativa". Questo vuol dire, si legge nella sentenza, che "oltre al fatto che le vicende oggetto di annotazione siano correttamente riportate, anche che le stesse non siano manifestamente inconferenti rispetto alle finalità di tenuta del Casellario". Le annotazioni dell'ANAC, infatti, non incidono mai in maniera "indolore" nella vita dell'impresa, "perché comunque rilevanti sia sotto il profilo dell’immagine sia sotto quello dell’aggravamento della partecipazione a selezioni pubbliche. Nel caso analizzato, secondo i giudici, la decisione dell'ANAC risulta, "oltre che immotivata, irragionevolmente punitiva e, dunque, sproporzionata". Infatti il vice presidente della società aveva chiesto e ottenuto la riabilitazione. Una informazione, dicono i giudici, che ANAC doveva sapere e quindi, "in ossequio al principio di buona amministrazione - si legge nella sentenza - avrebbe dovuto e potuto annullare in autotutela l’annotazione precedentemente disposta e evitare di disporre una annotazione nel Casellario decisamente priva di qualunque utilità". Per questo il ricorso è stato accolto e la delibera dell'ANAC annullata.
A cura di Redazione LavoriPubblici.it
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