Condono edilizio e oneri urbanizzazione: entro quanto si prescrivono?
di Redazione tecnica - 04/01/2021
Condono edilizio, permesso di costruire in sanatoria, calcolo oneri di urbanizzazione e silenzio-assenso. Sono gli ingredienti della Sentenza n. 8472 del 29 dicembre 2020 con la quale il Consiglio di Stato è intervenuto su uno dei temi più caldi che riguarda il mondo delle costruzioni.
I perché del ricorso
A proporre ricorso una società che si era già rivolta al Tar con esiti negativi. Si tratta di una storia che va indietro nel tempo fino al 1995. In quegli anni, una società, aveva richiesto ad un'amministrazione comunale il condono edilizio per interventi effettuati senza autorizzazione di ampliamento e cambio di destinazione d'uso di un immobile che si trova in territorio comunale. In mancanza di risposta, per la società vale il principio di silenzio-assenso.
Il Comune, però, a distanza di tredici anni, e quindi nel 2008, aveva rilasciato la concessione edilizia in sanatoria chiedendo il pagamento degli oneri di urbanizzazione. Per la società, bisognava valutare la prescrizione del credito e il ricalcolo degli oneri, comunque considerati errati. Errore che lo stesso Comune ammetteva, respingendo però la richiesta di prescrizione, spiegando che la formazione del silenzio-assenso decorreva due anni dopo la presentazione completa della documentazione. Per il Comune questa era stata fatta in due fasi: nel 1996 e nel 1999. Per la società però sono ammissibili i documenti che risultino "integrativi del contenuto di documenti già regolarmente acquisiti, tali cioè da non alterare il thema decidendum della controversia, né da colmare lacune istruttorie in capo alla parte gravata dell'onere della prova". Quindi sarebbero utilizzabili documenti meramente integrativi di altri già presenti nel giudizio di primo grado o indispensabili ai fini della decisione.
Procedura di sanatoria e denuncia in catasto
I giudici prendono in esame la legge n. 724/1994 in cui si specifica che nelle procedure di sanatoria occorre, da parte del proprietario dell'immobile da sanare, l'effettiva denuncia in catasto dell'immobile e la dichiarazione sostitutiva di questo adempimento. D'altronde, dicono i giudici del consiglio di Stato, il Comune può avvalersi del silenzio-assenso per la sanatoria. Ma occorre, per perfezionare la procedura, al termine del decorso arco temporale di un anno o due previsto dalla legge, una autodichiarazione da parte del proprietario del compimento dei diversi adempimenti. Poi il Comune avrebbe potuto fare i suoi accertamenti in un momento successivo. Inoltre il decorso dei termini di uno o due anni per il silenzio-assenso è stato spostato dalla legge numero 662 del 1996 all'1 gennaio 1997. Legge che valeva per il Comune analizzato nel caso di oggi
Per i giudici, dunque, "anche a voler ritenere che per il perfezionamento, non occorresse un’autodichiarazione di parte in ordine all’avvenuta, effettiva denuncia in catasto, occorre convenire sul fatto che il biennio per la formazione del silenzio-assenso sarebbe scaduto non prima dell’1 gennaio 1999. E addirittura molto oltre se, invece, si ritenesse che per il medesimo perfezionamento occorresse altresì il deposito presso il Comune della predetta autodichiarazione di parte, nella fattispecie avvenuto nel 1999". In ogni caso, considerando l'interpretazione più favorevole alla posizione della società (quella, cioè, della non necessità anche dell’autodichiarazione), resta il fatto che, per il Comune, il termine prescrizionale per pretendere conguagli in relazione alla domanda di sanatoria in discorso sarebbe scaduto non prima dell’1/1/2009. Ben dopo, cioè, il momento (nell’anno 2008) nel quale il Comune ha concretamente preteso gli oneri di urbanizzazione. Quindi la richiesta economica del Comune è stata fatta nei tempi corretti, quindi prima della prescrizione del credito. L'appello dunque è stato respinto.
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A cura di Redazione LavoriPubblici.it
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