Consistenza abusi edilizi, Tettoie e tolleranze: occhio al calcolo della volumetria

di Giorgio Vaiana - 14/03/2021

Tettoie chiuse su tre lati e aumento della cubatura: importante la sentenza del Consiglio di Stato (la n. 1606/2021) che emette un verdetto che farà sicuramente giurisprudenza. Analizziamolo insieme.

Lavori abusivi e rimessa in pristino

Sul tavolo dei giudici del Consiglio di Stato, la richiesta di appello formulata dalla proprietaria di un immobile che aveva effettuato alcuni lavori di manutenzione. Tra questi, anche la realizzazione di una tettoia e di un pollaio. Che finiscono nel mirino di un'amministrazione comunale. I tecnici, dopo un sopralluogo, comunicano la non regolarità dei due manufatti e il Comune ordina la rimessa in pristino dei luoghi. La signora chiede "aiuto" al TAR che, però, conferma la versione del Comune. A questo punto tocca al Consiglio di Stato esprimersi su questa intricata vicenda.

Il calcolo della cubatura

Nel ricorso di primo grado, la proprietaria dell'immobile aveva affermato che i lavori prevedevano l'aumento della cubatura inferiore al 2 per cento del totale dell'immobile e quindi non sanzionabile, così come previsto dalla legge regionale del Lazio. Ma anche i giudici di primo grado avevano rilevato che, ai fini del calcolo della volumetria, la donna aveva omesso l'incremento del volume derivante dalla realizzazione della tettoia chiusa su tre lati e di un pollaio. Volume che, dunque, superava e di molto, quello tollerato.

La tettoia chiusa su tre lati

Per i giudici del Consiglio di Stato, una tettoia chiusa su tre lati "concreta comunque impatto edilizio", vista la facilità di chiusura totale intervenendo sull'unico lato rimasto aperto e incide sulla sagoma dell'edificio. Quindi bene hanno fatto i giudici del Tar Lazio a considerare la tettoia nel computo totale del volume dell'immobile. Già solo sommando la cubatura della tettoia con quella dei lavori effettuati, si supera abbondantemente il limite previsto dalla legge regionale. E anche pr quanto riguarda il pollaio, aggiungono i giudici, sempre aperto su tre lati, questo è costituito da una struttura portante in ferro e non risulta un'adeguata esposizione di estraneità al corpo di fabbrica principale. Anche per il pollaio i giudici hanno chiarito che, anche per la natura del manufatto, si tratta di una costruzione con impatto edilizio di rilievo. Quindi per entrambe le strutture, sia la tettoia che il pollaio, era necessaria, non la sola denuncia di inizio attività, ma la richiesta del permesso di costruire. Bene, dunque, ha fatto il giudice di primo grado ad applicare la rimessa in pristino prevista dal d.P.R. n. 380/2001 (c.d. Testo Unico Edilizia) e non la sola sanzione amministrativa. L'appello è stato respinto.

A cura di Giorgio Vaiana



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