Costruzioni in zona sismica, necessario il controllo preventivo della P.A.
05/04/2019
Qualsiasi costruzione in zona sismica, a prescindere ai materiali utilizzati e dalle relative strutture, necessita del controllo preventivo della pubblica amministrazione e quindi la denuncia ed il preventivo deposito del progetto presso il competente ufficio del genio civile per il rilascio del titolo abilitativo.
Lo ha chiarito, ancora una volta, la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 58313 del 27 dicembre 2018 che ha di fatto confermato un orientamento già consolidato in materia di interventi edilizi in zona sismica, rigettando il ricorso presentato per l'annullamento di una decisione di primo grado che aveva condannato il ricorrente, ritenendolo responsabile del reato di cui all'art. 95 del DPR n. 380/2001 (c.d. Testo Unico Edilizia) per aver realizzato, sul terrazzo di copertura di un preesistente edificio, una struttura in legno costituita da otto pilastrini, senza averne dato preavviso scritto al competente ufficio tecnico della Regione.
Il ricorso in Cassazione
Avverso la sentenza di primo grado il ricorrente ha dedotto:
- l'inosservanza degli artt. 83, 95 e 98 del Testo Unico Edilizia, della Legge Regione Campania n. 9 del 1983 e dell'art. 131 bis del codice penale, per la mancata assunzione di una prova decisiva ed il vizio di motivazione. Secondo la tesi del ricorrente, la natura sismica della zona in cui è stata realizzata l'opera non poteva essere affermata se non risultante da prove acquisite nel dibattimento, lamentandosi che non fosse stata assunta sul punto la prova testimoniale decisiva del dirigente dell'ufficio tecnico della Regione;
- che una tettoia in legno di modeste dimensioni, pertinenziale all'appartamento, non sarebbe in ogni caso stata soggetta all'applicazione della contestata disciplina.
La decisione della Suprema Corte
Sul primo punto oggetto del ricorso gli ermellini hanno chiarito che l'individuazione dei comuni e delle aree sottoposte alla legislazione antisismica non è tema di prova, in quanto gli ambiti territoriali in questione sono definiti dall'Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274 del 20 marzo 2003. Per cui l'audizione del funzionario tecnico della Regione sul punto non avrebbe costituito prova decisiva di cui può lamentarsi l'omessa assunzione.
In riferimento al secondo motivo di ricorso, gli ermellini hanno confermato la sentenza impugnata per la quale l'opera oggetto di contestazione era assoggettata alla disciplina in materia di costruzioni sismiche delineata negli artt. 83 ss. del Testo Unico Edilizia, trattandosi, in sostanza, di una sopraelevazione di un preesistente fabbricato mediante realizzazione di una tettoia di circa 60 mq. sul terrazzo di copertura, sostenuta da otto pilastrini in legno. Ricorreva, dunque, l'obbligo di dare preavviso scritto al competente ufficio tecnico della Regione, previsto, nelle zone sismiche per "chiunque intenda procedere a costruzioni, riparazioni e sopraelevazioni" come previsto dall'art. 93, comma 1 del Testo Unico Edilizia, la cui violazione integra gli estremi del reato previsto dal successivo art. 95.
Secondo il consolidato orientamento, le disposizioni previste dagli artt. 83 e 95 del DPR n. 380/2001 si applicano a tutte le costruzioni realizzate in zona sismica, la cui sicurezza possa interessare la pubblica incolumità e per le quali si rende pertanto necessario il controllo preventivo da parte della P.A., a prescindere dai materiali utilizzati e dalle relative strutture, nonché dalla natura precaria o permanente dell'intervento.
Sull'argomento ricordiamo l'orientamento della Cassazione (sentenza n. 39335/2018) per il quale in riferimento alle costruzioni in zona sismica ha confermato che seppure, in un primo tempo, si sia affermato che la funzione di salvaguardia della pubblica utilità perseguita porta ad escluderne l'applicazione per gli interventi che non interessano la pubblica incolumità, quali quelli di manutenzione ordinaria o straordinaria del patrimonio edilizio già esistente, si è successivamente affermato che la natura delle opere è irrilevante e ciò in quanto la violazione delle norme antisismiche richiede soltanto l'esecuzione di lavori edilizi in zona sismica.
Altrettanto irrilevante è stata ritenuta:
- la natura dei materiali usati e delle strutture realizzate, in quanto le disposizioni relative alla disciplina antisismica hanno una portata particolarmente ampia e si applicano a tutte le costruzioni la cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica incolumità;
- la eventuale precarietà dell'intervento, attesa la natura formale dei relativi reati ed il fine di consentire il controllo preventivo, da parte della pubblica amministrazione, di tutte le costruzioni realizzate in zone sismiche.
In definitiva, i giudici della Cassazione hanno ribadito che qualsiasi intervento edilizio in zona sismica, comportante o meno l'esecuzione di opere in conglomerato cementizio amato, indipendentemente dalla natura dei materiali usati, dalla tipologia delle strutture realizzate, dalla natura pertinenziale o precaria, deve essere previamente denunciato al competente ufficio al fine di consentire i preventivi controlli e necessita del rilascio del preventivo titolo abilitativo, conseguendone, in difetto, l'applicazione delle relative sanzioni, sfuggendo a tale disciplina solo gli interventi di semplice manutenzione ordinaria.
A cura di Redazione LavoriPubblici.it
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