DAL CONDONO PROROGA DEI TERMINI PER LE VERIFICHE SULLA PRIMA CASA
08/09/2009
La proroga biennale dei termini di accertamento, prevista dalla
normativa sul condono del 2002 (articolo 11, comma 1 ultimo
periodo, legge 289/2002), trova applicazione anche nel recupero
delle agevolazioni fiscali per l'acquisto della "prima casa". E'
questa, in sintesi, la conclusione cui era pervenuta la Corte di
cassazione con l'ordinanza n. 4321/2009 e che ha trovato immediato
riscontro nella giurisprudenza di merito (cfr Ctr Piemonte,
sentenza n. 43/4/09).
La decisione della Cassazione
La Suprema corte, pronunciandosi con riguardo a una fattispecie nella quale la perdita dell'agevolazione era dipesa dal fatto che l'acquirente non aveva trasferito la residenza nel Comune in cui era sito l'immobile entro il termine, oggi di diciotto mesi, fissato dall'articolo 1, nota 2-bis, Tariffa Dpr 131/1986, ha stabilito che - ai fini del conseguente recupero erariale - il termine triennale di decadenza dell'azione amministrativa (articolo 76, Dpr 131/1986) decorrente dal verificarsi della relativa condotta omissiva (cioè allo scadere del diciottesimo mese successivo all'acquisto), è stato "(…) sospeso dalla L. n. 289 del 2002, art. 11, comma 1, applicabile agli avvisi di liquidazione di maggiore imposta di registro, come quello oggetto del presente giudizio".
Viene così dissipato un dubbio interpretativo che si era posto all'indomani dell'approvazione della legge sul condono e, più in particolare, in seguito all'entrata in vigore dell'articolo 5-bis, Dl 282/2002, che aveva apportato rilevanti modifiche in tema di "Definizione agevolata ai fini delle imposte di registro, ipotecaria, catastale, sulle successioni e donazioni e sull'incremento di valore degli immobili" (articolo 11, legge 289/2002).
La questione controversa
Il suddetto articolo 11, legge 289, prevedeva in origine, al primo comma, la possibilità di sanare a determinate condizioni i minori valori dichiarati negli atti, nelle denunce e nelle dichiarazioni registrati o presentate entro una certa data.
La norma è stata poi modificata (dall'articolo 5-bis, Dl 282) in alcune sue parti rilevanti. In particolare, ne è stata integrata la rubrica introducendo l'intestazione "Proroga dei termini"; è stato aggiunto al primo comma un ultimo periodo contenente la proroga di due anni dei termini per la rettifica e la liquidazione della maggiore imposta; si è inserito il comma 1-bis, con il quale è stata estesa la possibilità di condonare le violazioni commesse sugli stessi atti e le stesse imposte previste dal primo comma (atti, scritture, denunce relative alle imposte di registro, ipotecaria, catastale eccetera) anche nelle ipotesi in cui si sia goduto di agevolazioni non spettanti.
La lettura di tale complessa normativa ha sviluppato nel tempo due diverse tesi interpretative: da un lato chi riteneva che la proroga biennale disposta all'ultimo periodo del primo comma riguardasse unicamente gli accertamenti "di valore" contemplati nello stesso comma; dall'altro chi sosteneva che tale proroga non fosse circoscritta al recupero delle maggiori imposte corrispondenti all'eventuale maggior valore dei beni, ma fosse estesa anche all'azione amministrativa diretta al disconoscimento della spettanza di agevolazioni dichiarate in atti dal contribuente, qual è appunto l'ipotesi della cosiddetta "agevolazione prima casa", prevista dall'articolo 1, comma 5 e nota 2-bis, Tariffa Dpr 131/1986.
La prima tesi trova fondamento, oltre che sull'interpretazione necessariamente restrittiva di ogni normativa di condono, anche sull'analisi letterale dell'articolo 11, legge 289/2002, così come modificato dall'articolo 5-bis del Dl 282/2002.
Con tale disposizione modificativa, infatti, il legislatore ha contestualmente inserito la proroga biennale alla fine del primo comma del citato articolo 11, legge 289 (riferito ai cosiddetti accertamenti di valore), ed ha, al contempo, introdotto il successivo comma 1-bis; la circostanza che la proroga sia stata inserita proprio al termine del primo comma dimostrerebbe la volontà di escluderne l'applicabilità alle diverse fattispecie condonabili previste dal successivo comma 1-bis.
Al di là dell'aspetto letterale, la lettura restrittiva della norma in questione poggia anche su un argomento di natura sostanziale che prende le mosse dal fatto che la ratio della proroga biennale dei termini di accertamento è costituita dall'esigenza di garantire che gli uffici finanziari - già gravati dell'onere di procedere al controllo delle istanze di condono presentate dai contribuenti - dispongano di un ulteriore periodo di tempo per poter svolgere la propria ordinaria attività di accertamento sugli atti che non siano stati oggetto di condono e che, altrimenti, rischierebbero di sfuggire ad ogni controllo.
Secondo la tesi qui in esame, tale ratio non ricorrerebbe nelle ipotesi di disconoscimento delle agevolazioni tributarie, atteso il diverso contenuto e oggetto dei rispettivi controlli. Mentre, infatti, l'accertamento del maggior valore del bene comporta un'attività di controllo complessa e articolata, in quanto soggetta a un evidente margine di discrezionalità, per il recupero delle agevolazioni non spettanti basterebbe il riscontro di semplici dati oggettivi, qual è trasferimento anagrafico della residenza oltre il termine di diciotto mesi fissato dalla legge sull'agevolazione "prima casa".
Il minor aggravio di lavoro che tale seconda tipologia di controllo implicherebbe sull'attività amministrativa ne giustificherebbe l'esclusione dalla proroga biennale.
La diversa tesi interpretativa, volta viceversa a ritenere operante la proroga biennale dei termini di accertamento anche per il disconoscimento delle agevolazioni fiscali, trova fondamento su ragioni di carattere sia letterale sia sostanziale.
In particolare, si osserva che il legislatore del 2002 (articolo 5-bis, Dl 282/2002) - nel modificare l'originario impianto dell'articolo 11, legge 289 - ne ha contestualmente integrato la rubrica aggiungendovi la dizione "Proroga dei termini"; il che fa ritenere che questa proroga riguardi ogni attività di controllo riferibile alle condotte contemplate dalla norma, non solo quelle citate nel primo comma.
Inoltre, da un punto di vista sistematico, rileva il fatto che il comma 1-bis richiami espressamente gli atti e le imposte di cui al primo comma, dimostrando così l'unicità dell'istituto definitorio contemplato dall'articolo 11, legge 289.
In questa stessa prospettiva, non può non osservarsi come anche il comma 1-bis, al pari del precedente comma 1, riguardi comunque sempre l'attività di accertamento dell'ufficio: in un caso (comma 1) si tratta del riscontro del maggior valore reale del bene rispetto a quello dichiarato; nell'altro (comma 1-bis) dell'insussistenza del requisito agevolativo dichiarato dal contribuente nell'atto. Va da sé, però, che anche in quest'ultima ipotesi l'azione dell'ufficio non è limitata al semplice calcolo dell'imposta dovuta senza l'agevolazione, ma, a monte, comporta comunque sempre il concreto accertamento del difetto dei requisiti necessari per l'agevolazione stessa (cfr Cassazione, sentenza n. 4239/2006).
Quanto sopra esposto porta a ritenere che la ratio della proroga biennale dei termini di accertamento - consistente, come detto, nella necessità di garantire agli uffici finanziari impegnati nel controllo del condono i tempi tecnici necessari per la normale attività di controllo sugli atti "non condonati" - sia parimenti riferibile sia alle fattispecie contemplate nel comma 1 dell'articolo 12 legge 289, sia a quelle riconducibili al successivo comma 1-bis.
La Suprema corte, con la pronuncia in commento (cfr ordinanza n. 4321/2009), ha dissipato i dubbi in parola, avallando la tesi diretta a riconoscere portata generale alla proroga biennale dei termini dell'accertamento.
La giurisprudenza di merito
Se tale è il quadro interpretativo delineato in sede di legittimità, non meno interessante appare l'elaborazione giurisprudenziale di merito maturata nei tempi più recenti.
Con riguardo alla giurisprudenza della Commissione tributaria regionale del Piemonte, si sono riscontrate decisioni di segno opposto susseguitesi nell'arco di breve tempo.
Un primo orientamento (Ctr Torino, sentenza 33/05/09 del 15 maggio 2009) anteriore all'ordinanza della Cassazione, ritiene che la specialità della normativa in commento ne impedisca un'estensione della portata applicativa, che vada cioè al di là della più stretta interpretazione letterale, con ciò escludendo l'operatività della proroga all'attività di disconoscimento dell'agevolazione tributaria.
Un secondo, più recente, indirizzo (Ctr Torino, sentenza 43/05/09 del 18 giugno 2009), facendo invece esplicitamente riferimento all'ordinanza della Suprema corte, ritiene al contrario applicabile tale proroga anche per questo tipo di controlli.
Quest'ultima pronuncia appare di particolare interesse in quanto, oltre a far proprie le argomentazioni favorevoli alla tesi sopra esposta, contiene un ulteriore interessante spunto di riflessione, basato sulla disuguaglianza di trattamento che la diversa interpretazione restrittiva finirebbe con il produrre in ordine a fattispecie tra loro assimilabili.
Osserva, infatti, la Commissione tributaria regionale che, ipotizzando che l'ambito applicativo della proroga biennale dei termini di accertamento sia circoscritto alle sole ipotesi di controllo del maggior valore dei beni e non anche al controllo della spettanza delle agevolazioni, "(…) si determinerebbe una disparità di trattamento, per quanto concerne il computo del termine entro il quale l'Ufficio può operare accertamenti, tra un soggetto che abbia aderito alla sanatoria per rettificare un valore dichiarato inferiore a quello assumibile ai fini dell'imposta e un soggetto che vi abbia aderito per sanare la mendace dichiarazione di sussistenza di condizioni per usufruire di agevolazioni tributarie". Nel primo caso, infatti, il relativo termine sarebbe di cinque anni, nell'altro rimarrebbe di tre, con evidente disparità di trattamento di due situazioni tra loro assimilabili, in quanto caratterizzate entrambe dalla presenza di un'istanza di condono relativa a un atto (denuncia o dichiarazione) assoggettato a registrazione.
Conclusioni
L'ordinanza 4321/2009 della Suprema corte costituisce un importante punto fermo nel dibattito interpretativo sul tema. A sostegno di tale decisione militano rilevanti argomentazioni, non solo di ordine letterale ma, soprattutto, di carattere sistematico e sostanziale che portano a preferire - anche in una prospettiva costituzionalmente orientata sotto il profilo dell'eguaglianza sostanziale tra i contribuenti che abbiano presentato istanza di definizione, ex articolo 11, legge 289/2002 - la tesi che ritiene applicabile la proroga biennale anche ai controlli diretti alla verifica della sussistenza dei requisiti agevolativi, fissati dalla nota 2-bis dell'articolo 1, Tariffa Dpr 131/1986.
Fonte: Fisco Oggi
© Riproduzione riservata
La decisione della Cassazione
La Suprema corte, pronunciandosi con riguardo a una fattispecie nella quale la perdita dell'agevolazione era dipesa dal fatto che l'acquirente non aveva trasferito la residenza nel Comune in cui era sito l'immobile entro il termine, oggi di diciotto mesi, fissato dall'articolo 1, nota 2-bis, Tariffa Dpr 131/1986, ha stabilito che - ai fini del conseguente recupero erariale - il termine triennale di decadenza dell'azione amministrativa (articolo 76, Dpr 131/1986) decorrente dal verificarsi della relativa condotta omissiva (cioè allo scadere del diciottesimo mese successivo all'acquisto), è stato "(…) sospeso dalla L. n. 289 del 2002, art. 11, comma 1, applicabile agli avvisi di liquidazione di maggiore imposta di registro, come quello oggetto del presente giudizio".
Viene così dissipato un dubbio interpretativo che si era posto all'indomani dell'approvazione della legge sul condono e, più in particolare, in seguito all'entrata in vigore dell'articolo 5-bis, Dl 282/2002, che aveva apportato rilevanti modifiche in tema di "Definizione agevolata ai fini delle imposte di registro, ipotecaria, catastale, sulle successioni e donazioni e sull'incremento di valore degli immobili" (articolo 11, legge 289/2002).
La questione controversa
Il suddetto articolo 11, legge 289, prevedeva in origine, al primo comma, la possibilità di sanare a determinate condizioni i minori valori dichiarati negli atti, nelle denunce e nelle dichiarazioni registrati o presentate entro una certa data.
La norma è stata poi modificata (dall'articolo 5-bis, Dl 282) in alcune sue parti rilevanti. In particolare, ne è stata integrata la rubrica introducendo l'intestazione "Proroga dei termini"; è stato aggiunto al primo comma un ultimo periodo contenente la proroga di due anni dei termini per la rettifica e la liquidazione della maggiore imposta; si è inserito il comma 1-bis, con il quale è stata estesa la possibilità di condonare le violazioni commesse sugli stessi atti e le stesse imposte previste dal primo comma (atti, scritture, denunce relative alle imposte di registro, ipotecaria, catastale eccetera) anche nelle ipotesi in cui si sia goduto di agevolazioni non spettanti.
La lettura di tale complessa normativa ha sviluppato nel tempo due diverse tesi interpretative: da un lato chi riteneva che la proroga biennale disposta all'ultimo periodo del primo comma riguardasse unicamente gli accertamenti "di valore" contemplati nello stesso comma; dall'altro chi sosteneva che tale proroga non fosse circoscritta al recupero delle maggiori imposte corrispondenti all'eventuale maggior valore dei beni, ma fosse estesa anche all'azione amministrativa diretta al disconoscimento della spettanza di agevolazioni dichiarate in atti dal contribuente, qual è appunto l'ipotesi della cosiddetta "agevolazione prima casa", prevista dall'articolo 1, comma 5 e nota 2-bis, Tariffa Dpr 131/1986.
La prima tesi trova fondamento, oltre che sull'interpretazione necessariamente restrittiva di ogni normativa di condono, anche sull'analisi letterale dell'articolo 11, legge 289/2002, così come modificato dall'articolo 5-bis del Dl 282/2002.
Con tale disposizione modificativa, infatti, il legislatore ha contestualmente inserito la proroga biennale alla fine del primo comma del citato articolo 11, legge 289 (riferito ai cosiddetti accertamenti di valore), ed ha, al contempo, introdotto il successivo comma 1-bis; la circostanza che la proroga sia stata inserita proprio al termine del primo comma dimostrerebbe la volontà di escluderne l'applicabilità alle diverse fattispecie condonabili previste dal successivo comma 1-bis.
Al di là dell'aspetto letterale, la lettura restrittiva della norma in questione poggia anche su un argomento di natura sostanziale che prende le mosse dal fatto che la ratio della proroga biennale dei termini di accertamento è costituita dall'esigenza di garantire che gli uffici finanziari - già gravati dell'onere di procedere al controllo delle istanze di condono presentate dai contribuenti - dispongano di un ulteriore periodo di tempo per poter svolgere la propria ordinaria attività di accertamento sugli atti che non siano stati oggetto di condono e che, altrimenti, rischierebbero di sfuggire ad ogni controllo.
Secondo la tesi qui in esame, tale ratio non ricorrerebbe nelle ipotesi di disconoscimento delle agevolazioni tributarie, atteso il diverso contenuto e oggetto dei rispettivi controlli. Mentre, infatti, l'accertamento del maggior valore del bene comporta un'attività di controllo complessa e articolata, in quanto soggetta a un evidente margine di discrezionalità, per il recupero delle agevolazioni non spettanti basterebbe il riscontro di semplici dati oggettivi, qual è trasferimento anagrafico della residenza oltre il termine di diciotto mesi fissato dalla legge sull'agevolazione "prima casa".
Il minor aggravio di lavoro che tale seconda tipologia di controllo implicherebbe sull'attività amministrativa ne giustificherebbe l'esclusione dalla proroga biennale.
La diversa tesi interpretativa, volta viceversa a ritenere operante la proroga biennale dei termini di accertamento anche per il disconoscimento delle agevolazioni fiscali, trova fondamento su ragioni di carattere sia letterale sia sostanziale.
In particolare, si osserva che il legislatore del 2002 (articolo 5-bis, Dl 282/2002) - nel modificare l'originario impianto dell'articolo 11, legge 289 - ne ha contestualmente integrato la rubrica aggiungendovi la dizione "Proroga dei termini"; il che fa ritenere che questa proroga riguardi ogni attività di controllo riferibile alle condotte contemplate dalla norma, non solo quelle citate nel primo comma.
Inoltre, da un punto di vista sistematico, rileva il fatto che il comma 1-bis richiami espressamente gli atti e le imposte di cui al primo comma, dimostrando così l'unicità dell'istituto definitorio contemplato dall'articolo 11, legge 289.
In questa stessa prospettiva, non può non osservarsi come anche il comma 1-bis, al pari del precedente comma 1, riguardi comunque sempre l'attività di accertamento dell'ufficio: in un caso (comma 1) si tratta del riscontro del maggior valore reale del bene rispetto a quello dichiarato; nell'altro (comma 1-bis) dell'insussistenza del requisito agevolativo dichiarato dal contribuente nell'atto. Va da sé, però, che anche in quest'ultima ipotesi l'azione dell'ufficio non è limitata al semplice calcolo dell'imposta dovuta senza l'agevolazione, ma, a monte, comporta comunque sempre il concreto accertamento del difetto dei requisiti necessari per l'agevolazione stessa (cfr Cassazione, sentenza n. 4239/2006).
Quanto sopra esposto porta a ritenere che la ratio della proroga biennale dei termini di accertamento - consistente, come detto, nella necessità di garantire agli uffici finanziari impegnati nel controllo del condono i tempi tecnici necessari per la normale attività di controllo sugli atti "non condonati" - sia parimenti riferibile sia alle fattispecie contemplate nel comma 1 dell'articolo 12 legge 289, sia a quelle riconducibili al successivo comma 1-bis.
La Suprema corte, con la pronuncia in commento (cfr ordinanza n. 4321/2009), ha dissipato i dubbi in parola, avallando la tesi diretta a riconoscere portata generale alla proroga biennale dei termini dell'accertamento.
La giurisprudenza di merito
Se tale è il quadro interpretativo delineato in sede di legittimità, non meno interessante appare l'elaborazione giurisprudenziale di merito maturata nei tempi più recenti.
Con riguardo alla giurisprudenza della Commissione tributaria regionale del Piemonte, si sono riscontrate decisioni di segno opposto susseguitesi nell'arco di breve tempo.
Un primo orientamento (Ctr Torino, sentenza 33/05/09 del 15 maggio 2009) anteriore all'ordinanza della Cassazione, ritiene che la specialità della normativa in commento ne impedisca un'estensione della portata applicativa, che vada cioè al di là della più stretta interpretazione letterale, con ciò escludendo l'operatività della proroga all'attività di disconoscimento dell'agevolazione tributaria.
Un secondo, più recente, indirizzo (Ctr Torino, sentenza 43/05/09 del 18 giugno 2009), facendo invece esplicitamente riferimento all'ordinanza della Suprema corte, ritiene al contrario applicabile tale proroga anche per questo tipo di controlli.
Quest'ultima pronuncia appare di particolare interesse in quanto, oltre a far proprie le argomentazioni favorevoli alla tesi sopra esposta, contiene un ulteriore interessante spunto di riflessione, basato sulla disuguaglianza di trattamento che la diversa interpretazione restrittiva finirebbe con il produrre in ordine a fattispecie tra loro assimilabili.
Osserva, infatti, la Commissione tributaria regionale che, ipotizzando che l'ambito applicativo della proroga biennale dei termini di accertamento sia circoscritto alle sole ipotesi di controllo del maggior valore dei beni e non anche al controllo della spettanza delle agevolazioni, "(…) si determinerebbe una disparità di trattamento, per quanto concerne il computo del termine entro il quale l'Ufficio può operare accertamenti, tra un soggetto che abbia aderito alla sanatoria per rettificare un valore dichiarato inferiore a quello assumibile ai fini dell'imposta e un soggetto che vi abbia aderito per sanare la mendace dichiarazione di sussistenza di condizioni per usufruire di agevolazioni tributarie". Nel primo caso, infatti, il relativo termine sarebbe di cinque anni, nell'altro rimarrebbe di tre, con evidente disparità di trattamento di due situazioni tra loro assimilabili, in quanto caratterizzate entrambe dalla presenza di un'istanza di condono relativa a un atto (denuncia o dichiarazione) assoggettato a registrazione.
Conclusioni
L'ordinanza 4321/2009 della Suprema corte costituisce un importante punto fermo nel dibattito interpretativo sul tema. A sostegno di tale decisione militano rilevanti argomentazioni, non solo di ordine letterale ma, soprattutto, di carattere sistematico e sostanziale che portano a preferire - anche in una prospettiva costituzionalmente orientata sotto il profilo dell'eguaglianza sostanziale tra i contribuenti che abbiano presentato istanza di definizione, ex articolo 11, legge 289/2002 - la tesi che ritiene applicabile la proroga biennale anche ai controlli diretti alla verifica della sussistenza dei requisiti agevolativi, fissati dalla nota 2-bis dell'articolo 1, Tariffa Dpr 131/1986.
Fonte: Fisco Oggi
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