DIECI PERIFERIE RACCONTANO LA NUOVA MARGINALITA’ IN ITALIA
20/06/2007
Genova, quartiere Begato: il degrado ambientale va di pari
passo con quello sociale. Le risorse associative sono poche e non
riescono a fare rete: vi risiedono caos e ingovernabilità.
Palermo, quartiere Zen: urbanizzazione primaria e secondaria incomplete, dispersione scolastica, bassa scolarizzazione, marginalità occupazionale e presenza mafiosa. Rispetto a Palermo è un mondo a parte, chiuso in se stesso.
Il progetto “Aree metropolitane”, che la Caritas italiana ha realizzato con il dipartimento di sociologia dell'Università Cattolica di Milano e le Caritas di dieci città, fa notare che in Italia non ci sono più solo le periferie di una volta, quelle classicamente intese, ma esistono anche numerosi quartieri, storici o centrali, divenuti sempre più sensibili a determinate forme di esclusione e marginalità.
A questo risultato, pubblicato nel saggio “La città abbandonata: dove sono e come cambiano le periferie italiane”, si è giunti dopo due anni di analisi e ricerche sul campo, nelle periferie di Torino (Barriera di Milano), Genova (Begato), Milano (ex-zona 13), Bologna (Navile), Firenze (Isolotto-Torri Cintoia), Roma (Esquilino), Napoli (Scampia), Bari (San Paolo), Catania (Librino) e Palermo (Zen), per capire la fragilità e il disagio delle persone che vivono in questi quartieri.
Dall’indagine, afferma la Caritas, è emerso che non è più il tempo della pianificazione organica e razionale delle città: sembra di assistere, più che a un “progetto di città”, a una “città per progetti”, in cui si procede per accumulazione di idee senza una visione di insieme.
Sono tanti, inoltre, gli spazi vuoti e anonimi, privi di verde o di luoghi in cui incontrarsi. Molte persone vivono un senso di segregazione, per le scarse opportunità di mobilità fisica e sociale. La Caritas italiana sottolinea quindi che, in questo contesto, la ricerca si spinge a identificare (dando un nome a percezioni che da tempo i centri di ascolto Caritas delle periferie vanno maturando) potenziali volti di particolari nuove povertà, che nel saggio vengono descritti ad esempio come i “respinti”, i “viaggiatori di seconda classe”, gli “eredi del welfare”. Ciononostante non bisogna farsi prendere dallo “sconforto più disarmante”, perché nelle periferie si incontrano anche “legature che tengono”, come le parrocchie e le attività di animazione che la chiesa, più di altri soggetti istituzionali, ha continuato tra mille difficoltà a mantenere vive e vitali.
Fonte: www.demaniore.com
© Riproduzione riservata
Palermo, quartiere Zen: urbanizzazione primaria e secondaria incomplete, dispersione scolastica, bassa scolarizzazione, marginalità occupazionale e presenza mafiosa. Rispetto a Palermo è un mondo a parte, chiuso in se stesso.
Il progetto “Aree metropolitane”, che la Caritas italiana ha realizzato con il dipartimento di sociologia dell'Università Cattolica di Milano e le Caritas di dieci città, fa notare che in Italia non ci sono più solo le periferie di una volta, quelle classicamente intese, ma esistono anche numerosi quartieri, storici o centrali, divenuti sempre più sensibili a determinate forme di esclusione e marginalità.
A questo risultato, pubblicato nel saggio “La città abbandonata: dove sono e come cambiano le periferie italiane”, si è giunti dopo due anni di analisi e ricerche sul campo, nelle periferie di Torino (Barriera di Milano), Genova (Begato), Milano (ex-zona 13), Bologna (Navile), Firenze (Isolotto-Torri Cintoia), Roma (Esquilino), Napoli (Scampia), Bari (San Paolo), Catania (Librino) e Palermo (Zen), per capire la fragilità e il disagio delle persone che vivono in questi quartieri.
Dall’indagine, afferma la Caritas, è emerso che non è più il tempo della pianificazione organica e razionale delle città: sembra di assistere, più che a un “progetto di città”, a una “città per progetti”, in cui si procede per accumulazione di idee senza una visione di insieme.
Sono tanti, inoltre, gli spazi vuoti e anonimi, privi di verde o di luoghi in cui incontrarsi. Molte persone vivono un senso di segregazione, per le scarse opportunità di mobilità fisica e sociale. La Caritas italiana sottolinea quindi che, in questo contesto, la ricerca si spinge a identificare (dando un nome a percezioni che da tempo i centri di ascolto Caritas delle periferie vanno maturando) potenziali volti di particolari nuove povertà, che nel saggio vengono descritti ad esempio come i “respinti”, i “viaggiatori di seconda classe”, gli “eredi del welfare”. Ciononostante non bisogna farsi prendere dallo “sconforto più disarmante”, perché nelle periferie si incontrano anche “legature che tengono”, come le parrocchie e le attività di animazione che la chiesa, più di altri soggetti istituzionali, ha continuato tra mille difficoltà a mantenere vive e vitali.
Fonte: www.demaniore.com
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