Decreto Semplificazioni e Responsabilità erariale: rinnegati merito e capacità

di Luigi Oliveri - 30/06/2020

L’articolo 15 della bozza del Decreto Semplificazioni è dedicato alla responsabilità erariale e prevede quanto segue:

La norma chiarisce che il dolo va riferito all’evento dannoso in chiave penalistica e non in chiave civilistica. Inoltre, fino al 31 luglio 2021, si limita la responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica per l’azione di responsabilità al solo profilo del dolo per le azioni e non anche per le omissioni, in modo che i pubblici dipendenti abbiano maggiori rischi di incorrere in responsabilità in caso di non fare (omissioni e inerzie) rispetto al fare, dove la responsabilità viene limitata al dolo”.

Decreto Semplificazioni: la responsabilità erariale in chiave civile e penale

Al momento, si dispone di qualcosa di simile ad una relazione tecnica, più che di un testo normativo vero e proprio. Appaiono però chiari gli intenti. Come appare chiaro che questo articolo con le semplificazioni burocratiche non ha assolutamente nulla a che vedere.

Intanto, è assai singolare l’intento di riferire l’evento dannoso da riconnettere al dolo alla “chiave penalistica” invece che a quella “civilistica”.

Il dolo, sia in chiave civile che penale è un elemento psicologico soggettivo. Ai sensi dell’articolo 43, comma 1, del Codice penale, il delitto “è doloso o secondo l’intenzione, quando l’evento dannoso e pericoloso, che è il risultato dell’azione o dell’omissione e da cui la legge fa dipendere l’esistenza del delitto, è dall’agente preveduto e voluto come conseguenza della propria azione od omissione”.

Il dolo in chiave penalistica, quindi, è costituito da due componenti:

  1. la cosiddetta “rappresentazione”, che consiste nella pianificazione dell’azione od omissione volta a creare l’evento dannoso;
  2. la “risoluzione”, cioè la decisione di realizzare effettivamente lo sforzo esecutivo del piano, per giungere alla realizzazione del fatto dannoso o pericoloso.

In accezione civilistica, il dolo è elemento psicologico soggettivo del fatto illecito, disciplinato dall’articolo 2043 del Codice civile: “Qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”, nel caso della responsabilità extracontrattuale; dall’articolo 1125, sempre del codice civile, nel caso dell’inadempimento di un’obbligazione: “Se l'inadempimento o il ritardo non dipende da dolo del debitore, il risarcimento è limitato al danno che poteva prevedersi nel tempo in cui è sorta l'obbligazione”.

Il codice civile non disegna il dolo con elementi costitutivi specifici, quali quelli indicati dall’articolo 43 del codice penale, ma è comunque connesso all’intenzione del soggetto agente di ottenere un risultato in ogni caso illecito, per violazione del principio neminem laedere o per consapevole e voluto inadempimento contrattuale.

Decreto Semplificazioni e Responsabilità erariale: la responsabilità del funzionario pubblico

La responsabilità del funzionario pubblico, che con la propria azione determini risultati lesivi dell’interesse pubblico e conseguentemente un danno all’erario, non può considerarsi riconnessa ad un necessario disegno intenzionale. Basta semplicemente la lesione dell’interesse pubblico ed il fatto consistente nella necessaria violazione di regole non solo formali (la violazione della norma), ma anche manageriali: si deve trattare di un inadempimento grave ed intenzionale a discipline operative che portino a scelte poco ponderate, nel senso che sia mancata la ponderazione, il confronto tra le possibili conseguenze derivanti da scelte alternative e l’esercizio della discrezionalità. Tale esercizio è correttamente svolto, quando la scelta discrezionale è operata, in un’alternativa tra più opzioni legittime, così da scegliere quella che persegua nel migliore dei modi l’interesse pubblico col minor sacrificio possibile per i privati.

Una scelta discrezionale compiuta senza confrontarla con altre possibili, in violazione di norme o, comunque, di regole tecniche implica necessariamente un dolo, perché di fatto confonde la discrezionalità con l’arbitrio.

Se l’intento del legislatore è ridurre il dolo alla sola fattispecie della preesistenza di un piano congegnato in modo da giungere all’esito dannoso, di fatto si finisce per creare spazi immensi all’impunità erariale. A tutto discapito dell’efficienza della gestione del “merito”, cioè della capacità dei dirigenti e funzionari pubblici di gestire nel migliore dei modi le proprie competenze.

Decreto Semplificazioni e Responsabilità erariale: eliminata la colpa grave

Sconcertante, poi, è l’eliminazione della colpa grave “per le azioni e non anche per le omissioni”.

È pur vero che le omissioni sono il metodo più subdolo per scelte e decisioni dannose e con spesso forti accenti corruttivi. Ma, la cosiddetta “azione” nella gestione amministrativa, consiste nell’adottare decisioni, cioè provvedimenti dai quali discendono spesa pubblica e rapporti contrattuali.

Se quell’azione è comunque adottata, ma in modo negligente, poco meditato, irrispettoso delle regole tecniche, il danno che produce è connesso ad un’azione amministrativa scadente, contraria alle esigenze di legalità, correttezza amministrativa e, soprattutto, di efficienza ed efficacia.

Decreto Semplificazioni e Responsabilità erariale: premiati i "firmaioli"?

Simile norma pare frutto dello slogan, secondo il quale conta il “fare”: fare, firmare, agire, non importa come, non importa con quali risultati.

Si finisce per premiare il “firmaiolo”, il dirigente o funzionario disposto a firmare qualsiasi cosa, specie se consapevole che ciò sia ben visto da chi gli conferisce l’incarico e possiede il potere di confermarlo e revocarlo, a totale detrimento della professionalità, del merito, della capacità.

Incredibile è leggere sia pure in una bozza che occorra fare “in modo che i pubblici dipendenti abbiano maggiori rischi di incorrere in responsabilità in caso di non fare (omissioni e inerzie) rispetto al fare”. I pubblici dipendenti non corrono rischi solo per sé: il “fare” dissennato, affannato, proteso al “compiacere” lobby e potentati è un danno comunque. Magari non lo sarà per il dipendente, ma lo sarà per l’interesse pubblico.

Non pare di poter affermare che siano questi gli effetti da auspicare da un decreto il cui intento è semplificare la burocrazia.

A cura di dott. Luigi Oliveri



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