Decreto Semplificazioni: gli impianti sportivi e l'emendamento sblocca stadi
di Stefania Pensa - 02/02/2021
Il D. Lgs. n. 76 del 16 luglio 2020 (c.d. Decreto Semplificazioni), durante la sua fase di conversione in legge, con modificazioni (L. n. 120/2020), ha visto introdurre, all’art. 55 bis, l’emendamento cosiddetto Sblocca stadi.
Il Decreto Semplificazioni
L’emendamento in questione è frutto di un ampio lavoro legislativo, effettuato negli anni, sugli impianti sportivi e con esso si va a modificare, integrandolo, l’art. 62, “Costruzione di impianti sportivi”, della legge n. 96 del 21 giugno 2017, di conversione del decreto legge n. 50 del 24 aprile 2017(Il decreto legge 24 aprile 2017 n. 50 reca “Disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo” ed è stato convertito con modificazioni dalla L. 21 giugno 2017 n. 96), che già introduceva una procedura semplificata al fine di favorire la realizzazione e l’ammodernamento degli impianti sportivi.
L’emendamento, nato con l’obiettivo di colmare il divario tra le strutture sportive presenti in Italia e quelle nel resto d’Europa, prevede che chi voglia ammodernare gli impianti sportivi, destinati ad accogliere competizioni professionistiche, possa realizzare gli interventi in deroga alle autorizzazioni della Soprintendenza e alle eventuali dichiarazioni di interesse culturale già adottate o proposte.
L’emendamento Sblocca Stadi
La norma Sblocca Stadi, contenuta all’interno del Decreto Semplificazioni, art. 55 bis, ha per oggetto scopi ben definiti, fra i quali:
- prevenire il consumo di suolo;
- rendere maggiormente efficienti gli impianti sportivi destinati ad accogliere competizioni agonistiche di livello professionistico;
- garantire l’adeguamento degli stadi agli standard internazionali di sicurezza, salute e incolumità pubbliche.
Gli interventi di cui sopra possono essere realizzati superando le disposizioni in materia di tutela dei beni culturali e di tutela dei beni paesaggistici di notevole interesse pubblico, in particolare “in deroga agli articoli 10, 12, 13, 136 e 140 del D. Lgs. 42/2004 (Cfr. d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, Codice dei Beni culturali e del paesaggio, agli artt. 10 (Beni culturali), 12 (Verifica dell’interesse culturale), 136 (Immobili ed aree di notevole interesse pubblico), 140 (Dichiarazione di notevole interesse pubblico e relative misure di conoscenza). e alle eventuali dichiarazioni di interesse culturale o pubblico già adottate, nel rispetto dei soli specifici elementi strutturali, architettonici o visuali di cui sia strettamente necessaria a fini testimoniali la conservazione o la riproduzione anche in forme e dimensioni diverse da quella originaria. L’individuazione di tali elementi, qualora presenti, è rimessa al Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e per il Turismo, il quale ne indica modalità e forme di conservazione, anche distaccata dal nuovo impianto sportivo, mediante interventi di ristrutturazione o sostituzione edilizia volti alla migliore fruibilità dell’impianto medesimo”.
Il Ministero dei Beni culturali, a questo punto, sceglierà “cosa mettere in salvo” di uno stadio che finora è stato protetto ed assistito alla stregua di un bene culturale. E avrà, per fornire il suo parere, novanta giorni prorogabili a centoventi, dopodiché: “…decorso tale termine senza che il Ministero abbia completato la verifica, il vincolo di tutela artistica, storica e culturale ricadente sull’impianto sportivo viene meno e cessano gli effetti delle dichiarazioni di interesse culturale eventualmente già adottate”.
L'inizio dei lavori
Al fine di dare inizio ai lavori, la procedura alla quale attenersi sarà la seguente: il proprietario o concessionario dell’impianto sportivo procederà inoltrando una richiesta al Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, che, nell’arco di novanta giorni dovrà emanare il provvedimento, nel quale verranno riportate le indicazioni degli elementi da tutelare e la modalità di loro conservazione.
Il termine per l’emanazione del provvedimento di cui sopra, potrà essere prorogato di ulteriori trenta giorni, esclusivamente per l’acquisizione di documenti che non siano già in possesso della Sovrintendenza territorialmente competente. Qualora il termine decorra senza esiti, il vincolo di tutela verrà meno e verranno meno gli effetti delle dichiarazioni di interesse culturale eventualmente già adottate.
La norma novella fa risaltare il fatto che, di fronte all’esigenza di mettere in sicurezza e adeguare i nostri impianti sportivi agli standard internazionali, relativamente alla sostenibilità economico-finanziaria, viene meno il valore testimoniale degli elementi strutturali dell’impianto in questione.
Siamo quindi di fronte ad un integrale ridimensionamento sia del Codice dei Beni Culturali che del potere delle Soprintendenze relativamente alla sospensione o interruzione di progetti che riguardano gli impianti sportivi pubblici, anche nel caso in cui ci sia un evidente interesse storico-architettonico dell’edificio.
Prospettive dello Sblocca Stadi
Lo Sblocca Stadi parte da una teoria condivisibile: in Italia gli impianti sportivi d’epoca continuano a essere utilizzati per lo sport professionistico, con dinamiche nettamente diverse da quelle del passato: i parametri di funzionalità contemporanei, unitamente alle necessità odierne circa i servizi e l’utilizzo degli stessi, richiedono un tipo d’intervento specifico da realizzare su strutture concepite e costruite in un’ambientazione socio/sportiva assai lontana da quella odierna.
Il contenuto dell’emendamento accoglie le necessità su espresse, e specifica che i lavori, ai soli fini della conservazione del vecchio impianto, dovranno tener conto esclusivamente degli elementi architettonici e strutturali.
L’individuazione di queste “parti” da conservare spetterà al Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, il quale dovrà pronunciarsi in un arco temporale di centoventi giorni (90+30), oltre il quale decadrà qualsiasi vincolo sull’intero progetto.
Finora, gli stadi sono stati sempre equiparati a tutte le altre tipologie di edificio delle nostre città, veniva richiesto il parere vincolante della Soprintendenza - la cosiddetta “Dichiarazione d’interesse culturale”(la Dichiarazione d’Interesse Culturale è il provvedimento formale che riconosce la sussistenza dell’interesse pubblico dei beni mobili o immobili, quale disciplinato dal Codice per i Beni culturali e del Paesaggio, attraverso l’accertamento, nelle cose immobili e mobili appartenenti a privati, della sussistenza di un interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico, particolarmente importante.
Il Soprintendente avvia il procedimento, anche su motivata richiesta della regione e di ogni altro ente territoriale interessato, dandone comunicazione al proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo della cosa. Il termine per la presentazione di eventuali osservazioni è di trenta giorni. La comunicazione comporta l’applicazione, in via cautelare, delle disposizioni di tutela. Se il procedimento riguarda complessi immobiliari, la comunicazione è inviata anche al comune e alla città metropolitana. La dichiarazione dell’interesse culturale è adottata dal Ministero (art. 14). La dichiarazione è notificata al proprietario, possessore e detentore a qualsiasi titolo della cosa ed è trascritta nei relativi registri, su richiesta del soprintendente. Dei beni vincolati, il Ministero forma e conserva un apposito elenco, anche su supporto informatico (art. 15). Avverso il provvedimento conclusivo della verifica di cui all’art. 12 o della dichiarazione di cui all’art. 13 è ammesso ricorso al Ministero entro trenta giorni dalla notifica stessa. Il Ministero, a sua volta, decide sul ricorso entro il termine di novanta giorni-art. 16), nel caso di progetti che andassero a modificare alcune particolari lavorazioni con più di settant’anni d’età.
Potenzialmente, quindi, il parere culturale sull’edificio, da parte della Soprintendenza, poteva bloccare, in modo rigoroso, l’intero progetto di rinnovamento o ristrutturazione.
L’emendamento Sblocca Stadi, nel determinare quali eventuali elementi conservare, impone che la Soprintendenza tenga sempre conto che “il valore testimoniale dello stadio ha minore importanza rispetto al garantire condizioni di funzionalità, sicurezza e standard di sostenibilità economico-finanziaria”.
D’ora in poi, sia pur unicamente per gli stadi dedicati a manifestazioni agonistiche ad alto livello professionistico, la Soprintendenza non potrà più bloccare alcun progetto. Il suo parere diventerà marginale nella valutazione complessiva, utile, eventualmente, a recuperare soltanto alcune parti dell’edificio.
Il confronto dell’Italia con l’estero
L’emendamento Sblocca Stadi avrà il merito di modificare gradualmente la situazione.
Nonostante il timore dilagante, l’emendamento in questione non darà il via libera a demolizioni seriali degli impianti ma, piuttosto, renderà più fluido un dialogo che in passato fu considerato molto complesso, proprio per l’insormontabile difficoltà di Soprintendenze e società sportive di comprendere le rispettive esigenze e priorità.
A tal proposito, facendo anche una valutazione extraterritoriale possiamo vedere esempi di più ampio respiro e varia natura.
In Francia, nello specifico a Bordeaux e Lione, vi è una lampante testimonianza di quanto asserito. Agli stadi storici, che non sono stati demoliti, vincolati dalle locali autorità ai beni culturali, sono stati affiancati dei nuovi impianti sportivi: il Matmut-Atlantique ed il Parc-Ol.
In Inghilterra, gli Stadi storici Old Trafford e Anfield sono stati gradatamente ristrutturati e adeguati alle esigenze di oggi, a tal punto da non conservare nulla di quella che era la struttura iniziale, ma di assumere caratteristiche architettoniche completamente nuove.
Negli Stati Uniti invece, dove il patrimonio storico-architettonico è quasi esclusivamente legato al secolo scorso, gli stadi sono sempre stati ricostruiti ciclicamente, senza badare alla conservazione delle caratteristiche architettoniche rese dal progetto iniziale.
Conclusioni
In conclusione, l’auspicio è quello di poter assistere alla nascita di progetti collaborativi, che in parte sappiano riconoscere il valore dell’architettura storica ed in parte valutino le potenzialità economiche e funzionali dei nuovi stadi. L’Italia, con grande sensibilità, tesa al patrimonio storico, architettonico ed artistico, dovrebbe, in un futuro prossimo, dimostrare di esser capace di realizzare interventi d’avanguardia, in grado di integrare con nuovi progetti moderni le antiche strutture, creando una sinergia tra passato architettonico e progettazione futura.
A cura di Stefania Pensa
Ufficio Affari legali – Responsabile Sportello giuridico –
fiscale FIPE
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