Direttiva UE acque reflue: 55 milioni di euro di multa e penalità per l’Italia
01/06/2018
La Corte di giustizia dell’Unione europea con sentenza 31 maggio 2018 in riferimento alla causa C-251/17 ha condannato l’Italia ad una somma forfettaria di EUR 25 milioni nonché ad una penalità di oltre EUR 30 milioni per ciascun semestre di ritardo per aver tardato ad attuare il diritto dell’Unione in materia di raccolta e trattamento delle acque reflue urbane.
Con una prima sentenza del 19 luglio 2012, la Corte di giustizia aveva stabilito che la Repubblica italiana, avendo omesso di prendere le disposizioni necessarie per garantire che 109 agglomerati situati nel territorio italiano fossero provvisti, a seconda dei casi, di reti fognarie per la raccolta delle acque reflue urbane e/o di sistemi di trattamento delle acque reflue urbane conformi alle prescrizioni della direttiva 91/271, era giuà venuta meno agli obblighi che le incombono in forza di tale direttiva.
La Commissione Europea, ritenendo, alla scadenza di un termine fissato all’11 febbraio 2016, che l’Italia non avesse ancora preso le misure necessarie per conformarsi alla sentenza del 2012, ha proposto dinanzi alla Corte un secondo ricorso per inadempimento contro tale Stato membro chiedendo l’inflizione di sanzioni pecuniarie.
Nella sua sentenza odierna, la Corte constata che, alla data limite dell’11 febbraio 2016, l’Italia non aveva preso tutte le misure necessarie per l’esecuzione della sentenza del 2012 al fine di rispettare gli obblighi che le incombono in forza della direttiva.
La Corte ritiene che l’inadempimento dell’Italia, oltre ad esser durato quasi sei anni, sia particolarmente grave per il fatto che l’assenza o l’insufficienza di sistemi di raccolta o di trattamento delle acque reflue urbane sono idonee ad arrecare pregiudizio all’ambiente. Essa rileva, in particolare, che il numero di agglomerati per i quali l’Italia non ha fornito, alla data dell’udienza del 28 febbraio 2018, la prova dell’esistenza di sistemi di raccolta e di trattamento delle acque reflue urbane conformi alla direttiva (74 agglomerati) è significativo, sebbene tale numero sia stato ridotto rispetto a quanto constatato nella sentenza del 19 luglio 2012 (all’epoca, 109 agglomerati). Inoltre, la Corte ha sottolineato che la messa in conformità dei sistemi di raccolta e di trattamento secondario delle acque reflue urbane di alcuni agglomerati con le disposizioni della direttiva avrebbe dovuto essere realizzata al più tardi il 31 dicembre 2000.
Date tali circostanze, la Corte ha considerato appropriato condannare l’Italia a pagare, a favore del bilancio dell’Unione, una penalità di EUR 30.112.500 per ciascun semestre di ritardo nell’attuazione delle misure necessarie per conformarsi alla sentenza del 2012, penalità che sarà dovuta a partire da oggi sino all’esecuzione integrale della sentenza del 2012.
Inoltre, tenuto conto della situazione concreta e delle violazioni in precedenza commesse dall’Italia in materia di raccolta e di trattamento delle acque reflue urbane, la Corte reputa adeguata la condanna dell’Italia a pagare, a favore del bilancio dell’Unione, una somma forfettaria di EUR 25 milioni al fine di prevenire il futuro ripetersi di analoghe infrazioni al diritto dell’Unione.
In pratica visto che sarà impossibile prendere le misure necessarie per conformarsi alla sentenza del 2012 e dotare tutti gli agglomerati di sistemi di raccolta e di trattamento delle acque reflue urbane conformi alla direttiva, l’Italia entro l’anno dovrà pagare all’Unione Europea 55 milioni di Euro per multa e penalità con la precisazione che scatterà un’ulteriore penalità di 30 milioni di euro per ogni semestre di ritardo.
In allegato la sentenza 31 maggio 2018, causa C-251/17.
A cura di Redazione LavoriPubblici.it
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