Due miliardi di appalti pubblici bloccati

di Edoardo Bianchi - 27/01/2021

Viviamo momenti di grande bizzarria dove, nonostante la crisi, si preferisce correre appresso a quello che potrà esserci senza curarci di vivere ciò che già abbiamo.

Assistiamo ad una ubriacatura di massa nella attesa messianica delle provviste del Recovery.

Queste, le risorse, dovranno aiutarci a compiere le riforme necessarie affinché il Paese cessi di procedere a scartamento ridotto e si presenti alla fase post covid con una coesione ed una organizzazione nuova.

Grave errore sarebbe approcciare il Recovery come una legge di bilancio bis, avente durata quinquennale.

L’Europa ci chiede una visione di crescita, una visione di Stato, di economia, di società, di cui i singoli progetti costituiscano il tramite per realizzarla, non un assemblaggio di vecchie idee a lungo rimaste nei cassetti.

Nella attesa che tutto questo abbia luogo è necessario fare i conti con le risorse e le regole che abbiamo.

Il Decreto Semplificazioni, sciagurato laddove opta per una deregulation nella fase di scelta del contraente dimenticandosi di incidere, snellendola, sulla fase a monte dove si formano le varie autorizzazioni ai progetti da mandare in gara, ha comunque contemplato alcune previsioni di particolare importanza e rilevanza.

Intendiamo qui sottolineare la positiva portata dell’articolo 8, contenente alcune misure di accelerazione per i lavori pubblici; rimandiamo a futuri interventi ulteriori approfondimenti.

Prima dello scoppio della pandemia (inizio 2020) gli operatori economici avevano partecipato a bandi di gara pubblicati nella GURI, formulando le relative offerte.

Con la crisi pandemica, ed il conseguente ricorso allo smart working, queste procedure si sono inesorabilmente “congelate”, senza concludersi con la individuazione di un aggiudicatario.

Parliamo di quasi due miliardi di controvalore economico per appalti di cui non risultano ancora aggiudicate le relative gare, o se aggiudicate non ancora contrattualizzate o se contrattualizzate non vi è ancora stata la relativa consegna dei lavori.

Trattasi, si badi bene, di gare espletate nel pieno delle massime garanzie sia sotto il profilo della pubblicità che della trasparenza, senza ricorre ad alcuna “procedura di urgenza”; cosa non di poco conto, alla luce del profluvio di procedure eccezionali che il Semplificazioni avrebbe previsto (articolo 1 – 2 – 9).

Tutte queste gare non solo hanno già copertura finanziaria - perché altrimenti non avrebbero potuto essere bandite - ma, in attesa della aggiudicazione, tengono fermi tutti gli impegni fideiussori delle imprese partecipanti che continuano ad rimanere vincolati finché la stazione appaltante non procederà alla definitiva aggiudicazione.

E’ possibile che, in una fase dove la priorità è da tutti individuata dalla ripresa economica con la occupazione di manodopera (che non dovrà così fare affidamento su alcuna forma di sussidio a carico della collettività) nessuno si sia fatto carico di verificare se le previsioni ex articolo 8 comma 2 e 3 abbiano avuto attuazione?

Perché tutti sono interessati all’impiego delle risorse future e nessuno si interessa dell’impiego delle risorse già impegnate?

E qui vengo ai commi soprarichiamati, che, invero, avrebbero imposto alle stazioni appaltanti, per le offerte ricevute entro il 22 febbraio 2019, di dover procedere alla relativa aggiudicazione entro il 31 dicembre 2019.

Analoga disposizione è stata introdotta per le procedure di gara tramite accordo quadro per le quali non solo si doveva procedere alla aggiudicazione ma anche alla consegna dei vari accordi attuativi.

Un accordo quadro senza attuativo è tamquam non esset.

Manifesto era l’intento del legislatore nelle more che il PNRR ed il Recovery potessero dispiegare i propri effetti: prima di preoccuparci di come spendere le risorse che verranno prendiamoci cura di impiegare quelle che già abbiamo in cassa.

Da quello che le imprese del sistema ANCE ci comunicano, tuttavia, non sembra che la previsione ex articolo 8 commi 2 e 3 abbia trovato applicazione puntuale, anzi.

Risulterebbe inaccettabile che in un momento in cui il Paese si trova a fronteggiare una crisi senza precedenti quelle disposizioni di legge, ordinarie, che favoriscono una ripresa possano rimanere inapplicate.

Continuiamo ad assistere a dati magniloquenti sull’avvio di cantieri che sono destituiti di ogni fondamento perché si confonde la pubblicazione dei bandi di gara con l’apertura dei cantieri (vi è una sottile differenza).

Registriamo un continuo richiamo alle doti taumaturgiche che potranno avere i commissari per la apertura di cantieri, dimenticandoci che le condizioni connesse alla ricostruzione del Polcevera saranno irripetibili.

Chiediamo al MIT ed a Palazzo Chigi, ispiratori di questa norma, di verificare il reale grado di applicazione delle previsioni di legge che qui interessano.

A cura di Edoardo Bianchi
Vice Presidente ANCE con delega alle OOPP



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