Eolico e fotovoltaico per abbattere il debito pubblico
15/06/2012
Energie Rinnovabili per abbattere il debito pubblico dei principali
Paesi in crisi dell'Unione Europea. È questa l'interessante tesi
proposta da un economista danese, Sweder van Wijnbergen, e
riportata dal quotidiano olandese "Nrc Handelsblad" che prevedrebbe
la conversione del debito pubblico in autorizzazioni per la
costruzione di impianti di produzione di energia rinnovabile.
Secondo i calcoli dell'economista danese, i Paesi a rischio tracollo (ed in questo momento non sono pochi) potrebbero concedere l'autorizzazione a istallare fonti energetiche rinnovabili su una piccolissima percentuale del proprio territorio (1-2%) in modo da poter ricavare una riduzione del 30% del debito pubblico. Tale riduzione è stata calcolata prendendo in considerazione l'inflazione media annua del 2,5 per cento, il profitto di 1,5 centesimi di euro per kiloWattora (tra il 2020 e il 2045) e una produzione annua stimata di 70 GWh per chilometro quadrato.
Ogni Paese, in funzione delle proprie caratteristiche climatiche e morfologia ma soprattutto in funzione del proprio debito, potrebbe riservare quota parte del proprio territorio all'istallazione di pale eoliche o impianti fotovoltaici. La Grecia, ad esempio, considerando un debito pubblico di 210 miliardi di euro dovrebbe concedere una superficie di 2.800 Kmq (pari ad appena il 2% del territorio).
La tesi dell'economista Sweder van Wijnbergen ha subito trovato l'appoggio di Marco Witschge, direttore della fondazione olandese "Nederland Krijgt Nieuwe Energie" che si occupa di sviluppo sostenibile e di energie rinnovabili. Il direttore Marco Witschge ha, infatti, confermato che attraverso questo sistema da una parte incrementerebbe il mercato occupazionale e dall'altro si punterebbe su una strategia a lungo termine che trasformerebbe il debito pubblico in un ottimo investimento per il Paese.
Ma se all'esterno le fonti rinnovabili non sono ormai un tabù, in Italia l'Autorità di vigilanza per l'Energia Elettrica e il Gas (AEEG), in occasione dell'Energy Storage Forum, ha sostenuto che le fonti rinnovabili non programmabili contribuiscono ad aumentare o comunque a non far diminuire i prezzi dell'energia.
Duro è stato il commento dell'Associazione Produttori Energia da fonti Rinnovabili (APER) che ha ricordato che la tesi dell'AEEG è già stata smentita dai dati che pubblicati dal GME e "spacciare un comportamento speculativo dei produttori termoelettrici nelle ore serali come un effetto negativo delle troppe rinnovabili è quanto di più incorretto si possa affermare". L'APER ha, inoltre, rilevato come la stessa TERNA ha più volte dichiarato che per ogni incremento percentuale di FER nel mix di generazione nazionale il prezzo dell'energia diminuisce di 2€/MWh sul mercato all'ingrosso.
"Le fonti rinnovabili sono un'opportunità e non una iattura per il nostro Paese - ha dichiarato Fabrizio Tortora Vicepresidente di APER - fino a quando chi detta le regole non riuscirà a comprendere questo, le Fonti Rinnovabili in Italia non potranno integrarsi in modo organico in un mercato che è destinato a cambiare e dovrà adeguarsi alle nuove sfide. Rinnoviamo pertanto la disponibilità dell'Associazione a confrontarsi sul tema".
© Riproduzione riservata
Secondo i calcoli dell'economista danese, i Paesi a rischio tracollo (ed in questo momento non sono pochi) potrebbero concedere l'autorizzazione a istallare fonti energetiche rinnovabili su una piccolissima percentuale del proprio territorio (1-2%) in modo da poter ricavare una riduzione del 30% del debito pubblico. Tale riduzione è stata calcolata prendendo in considerazione l'inflazione media annua del 2,5 per cento, il profitto di 1,5 centesimi di euro per kiloWattora (tra il 2020 e il 2045) e una produzione annua stimata di 70 GWh per chilometro quadrato.
Ogni Paese, in funzione delle proprie caratteristiche climatiche e morfologia ma soprattutto in funzione del proprio debito, potrebbe riservare quota parte del proprio territorio all'istallazione di pale eoliche o impianti fotovoltaici. La Grecia, ad esempio, considerando un debito pubblico di 210 miliardi di euro dovrebbe concedere una superficie di 2.800 Kmq (pari ad appena il 2% del territorio).
La tesi dell'economista Sweder van Wijnbergen ha subito trovato l'appoggio di Marco Witschge, direttore della fondazione olandese "Nederland Krijgt Nieuwe Energie" che si occupa di sviluppo sostenibile e di energie rinnovabili. Il direttore Marco Witschge ha, infatti, confermato che attraverso questo sistema da una parte incrementerebbe il mercato occupazionale e dall'altro si punterebbe su una strategia a lungo termine che trasformerebbe il debito pubblico in un ottimo investimento per il Paese.
Ma se all'esterno le fonti rinnovabili non sono ormai un tabù, in Italia l'Autorità di vigilanza per l'Energia Elettrica e il Gas (AEEG), in occasione dell'Energy Storage Forum, ha sostenuto che le fonti rinnovabili non programmabili contribuiscono ad aumentare o comunque a non far diminuire i prezzi dell'energia.
Duro è stato il commento dell'Associazione Produttori Energia da fonti Rinnovabili (APER) che ha ricordato che la tesi dell'AEEG è già stata smentita dai dati che pubblicati dal GME e "spacciare un comportamento speculativo dei produttori termoelettrici nelle ore serali come un effetto negativo delle troppe rinnovabili è quanto di più incorretto si possa affermare". L'APER ha, inoltre, rilevato come la stessa TERNA ha più volte dichiarato che per ogni incremento percentuale di FER nel mix di generazione nazionale il prezzo dell'energia diminuisce di 2€/MWh sul mercato all'ingrosso.
"Le fonti rinnovabili sono un'opportunità e non una iattura per il nostro Paese - ha dichiarato Fabrizio Tortora Vicepresidente di APER - fino a quando chi detta le regole non riuscirà a comprendere questo, le Fonti Rinnovabili in Italia non potranno integrarsi in modo organico in un mercato che è destinato a cambiare e dovrà adeguarsi alle nuove sfide. Rinnoviamo pertanto la disponibilità dell'Associazione a confrontarsi sul tema".
A cura di Gabriele
Bivona
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