Equo compenso: Molto rumore per nulla o quasi nulla
22/11/2017
Molto rumore per nulla o quasi nulla. Ci riferiamo agli innumerevoli comunicati stampa ed al fiume di parole che hanno fatto seguito all’inserimento nel decreto fiscale di un articolo sull’equo compenso per i liberi professionisti (come è stato affermato da molti).
Scrivevamo qualche giorno fa (leggi articolo) “Vittoria! Urlano da una parte. Soddisfazione! Replicano dall'altra. Certo, in un periodo di poca soddisfazione in termini di conquiste, l'estensione del c.d. equo compenso potrebbe rappresentare il classico zuccherino di chi, avvicinandosi ad elezione, cerca di prendersi la paternità di un provvedimento che, strilli a parte, nella sua estrema sostanza non serve assolutamente a nulla” ed avevamo ragione in quanto se si legge attentamente l’articolo 19-quaterdecies del decreto legge così come approvato nei giorni trascorsi dal Senato non possiamo che fare le seguenti osservazioni:
- la rubrica dell’articolo è la seguente “Introduzione dell’articolo 13-bis della legge 31 dicembre 2012, n. 247, in materia di equo compenso per le prestazioni professionali degli avvocati” e, quindi, sembra che l’articolo contenga disposizioni che si riferiscono soltanto agli avvocati;
- il comma 1 dell’articolo in argomento introduce nella legge 31 dicembre 2012, n. 247 recante “Nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense” l’articolo 13-bis relativo all’equo compenso e clausole vessatorie e fa riferimento soltanto ai rapporti allo svolgimento di attività professionali in favore di imprese bancarie e assicurative, nonché di grandi imprese e, quindi, non si riferisce alle categorie delle microimprese (meno di 10 occupati e 2 milioni di fatturato), delle piccole imprese (meno di 50 addetti e 10 milioni di fatturato), delle medie imprese (sotto i 250 addetti e meno di 50 milioni) ed ai privati;
- al comma 2 dell’articolo 19-quaterdecies si afferma testualmente “Le disposizioni di cui all’articolo 13-bis della legge 31 dicembre 2012, n. 247, introdotto dal comma 1 del presente articolo, si applicano, in quanto compatibili, anche alle prestazioni rese dai professionisti di cui all’articolo 1 della legge 22 maggio 2017, n. 81, anche iscritti agli ordini e collegi, i cui parametri ai fini di cui al comma 10 del predetto articolo 13-bis sono definiti dai decreti ministeriali adottati ai sensi dell’articolo 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27”.
E qui ci fermiamo perché il comma 2, a nostro avviso, non potrà fare altro, con l’inciso “in quanto compatibili”, che generare ulteriori equivoci ed incomprensioni; tra l’altro come è possibile applicare alle altre professioni (per esempio architetti ed ingegneri) l’articolo 13-bis che si riferisce ai contenuti e alle caratteristiche della prestazione legale? È un mistero che, ove il suddetto articolo abbia l’approvazione anche dalla Camera dei Deputati entri a fra parte delle leggi dello Stato, ci accompagnerà nei prossimi anni.
La nostra opinione è che si tratta di una soluzione pasticciata in quanto in un articolo nato esclusivamente per l’inserimento di una nuova disposizione da inserire all’interno della legge sull'ordinamento della professione forense è stato inserito il comma 2 che si dovrebbe riferire, invece, a tutti gli altri liberi professionisti per i quali la soluzione più idonea per affermare il diritto all’equo compenso ed il divieto di clausole vessatorie sarebbe stata quella suggerita da altri parlamentari, che avevano presentato anche alcuni emendamenti, di un articolo scritto ad hoc per gli stessi.
A cura di Paolo Oreto
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