I Rapporto sugli Ingegneri in Italia: sempre più le donne ingegnere

18/02/2011

Continua a crescere il numero degli ingegneri in Italia, con una componente femminile che diviene sempre più consistente; pur "stressati" dalla crisi, gli ingegneri si confermano capaci di conservare una invidiabile condizione di "piena occupazione"; anche l'Ordine e la libera professione attraggono un numero crescente di giovani, resistendo ed anzi consolidando la propria posizione in un mercato dei servizi professionali caratterizzato da una congiuntura negativa. Gli ingegneri italiani si confermano una componente altamente qualificata della forza lavoro e si propongono come motore dello sviluppo futuro del Paese.

Sono queste le considerazioni di sintesi che discendono dalle analisi e dalle indagini realizzate dal Centro studi del Consiglio nazionale degli ingegneri sui processi formativi, le dinamiche occupazionali e retributive, l'accesso e la pratica della libera professione che hanno dato origine al I Rapporto sugli Ingegneri in Italia.

Cresce l'attrattività della Facoltà d'ingegneria.
Mentre in molti altri paesi europei i percorsi di studio di ingegneria conoscono da anni una crisi di "vocazioni", in Italia la crescita delle immatricolazioni alla Facoltà di ingegneria subisce una accelerazione, coinvolgendo anche un crescente numero di giovani donne. Nell'anno accademico 2009/10 sono stati registrati 38.372 immatricolati alle facoltà di ingegneria, il 13,1% del totale degli immatricolati; rispetto ad una sostanziale stazionarietà del numero degli immatricolati complessivo (+0,4% rispetto all'anno accademico 2008/09), quello delle Facoltà di ingegneria è cresciuto del 3,7%. Continua a crescere anche la componente femminile; le donne rappresentano il 23,8% degli immatricolati alla Facoltà di ingegneria nell'anno accademico 2009/10. Stessa quota se si considerano i laureati; nel 2009 si sono registrati 36.443 laureati presso le Facoltà di ingegneria (19.987 di primo livello, 16.456 di secondo livello) di cui il 23,1% donne.

Nonostante la crisi, è ancora "piena occupazione" per i laureati in ingegneria.
In base ai dati dell'indagine Istat sulle Forze di lavoro, nel 2009 la popolazione in possesso di un titolo accademico in ingegneria ha raggiunto quota 547mila, di cui 417mila occupati; nel 73% dei casi si tratta di lavoratori dipendenti, mentre il settore che assorbe il numero maggiore di laureati in ingegneria continua ad essere quello dei servizi (64% circa). Rispetto al 2008, il tasso di disoccupazione cresce significativamente, passando dal 3,1 al 4%, in conseguenza del crollo delle assunzioni nelle imprese private che nel 2009 si sono attestate a 16.210 unità. Già nel 2010, però, i laureati in ingegneria tornano ad una condizione di sostanziale "piena occupazione"; il Sistema informativo Excelsior di Unioncamere-Ministero del Lavoro rileva in tale anno un significativo incremento delle assunzioni di laureati in ingegneria, superiori alle 20.000 unità, con conseguente saturazione dell'output delle facoltà di Ingegneria.

La forza di una libera professione capace di resistere in una congiuntura difficile.
La professione di ingegnere continua ad attrarre un numero significativo di giovani. Nel 2009 hanno conseguito l'abilitazione professionale complessivamente 13.497 laureati, il 3,3% in più di quanto registrato nel 2008 (13.067 abilitati). Quella di ingegnere era e rimane una professione aperta. È sempre assai elevata la quota di candidati che supera con successo l'esame di abilitazione: l'89% per la sezione A e l'80,3% per la B, a conferma dell'assenza di "barriere" in entrata per l'accesso alla professione di ingegnere. Di conseguenza, continuano ad aumentare gli ingegneri che svolgono la libera professione: nel 2010 essi sono 70.200, il 21% in più di quanto registrato nel 2006; ad essi si aggiungono oltre 24.000 ingegneri che associano l'attività professionale ad una di lavoro dipendente. A fronte di un crollo del principale mercato per i servizi professionali degli ingegneri, quello connesso al settore delle costruzioni, che è passato dai 21,4 miliardi di euro del 2008 ai 16,3 miliardi di euro del 2010, cresce la quota di appannaggio degli ingegneri che sale dal 17,7% del 2008 al 20,4% del 2010. Naturalmente la crisi ha intaccato significativamente i redditi professionali degli ingegneri; i 37.927 euro registrati nel 2010 sono inferiori, in valori costanti, di oltre il 10% rispetto al 2007.
Permangono, peraltro, le criticità più volte segnalate dalle indagini del Centro studi del Consiglio nazionale degli ingegneri: livelli retributivi in contrazione e sensibilmente inferiori rispetto a quelli garantiti nei principali paesi europei; squilibri territoriali tra offerta e domanda di competenze d'ingegneria; fallimento del percorso accademico di ciclo breve (laurea); marginalizzazione dei liberi professionisti nel mercato dei bandi pubblici di progettazione.

I laureati specialistici/magistrali in ingegneria continuano a godere di retribuzioni più elevate rispetto agli altri laureati: ad un anno dalla laurea, infatti, essi percepiscono mediamente quasi 1.300 euro nette al mese, laddove la media tra tutti i laureati è di poco superiore ai 1.100 euro. Tali retribuzioni, però, continuano ad essere significativamente più basse di quelle riconosciute all'estero dove esse, per i laureati specialistici/magistrali ad un anno dalla laurea, superano i 1.800 euro mensili netti. A cinque anni dalla laurea il divario con l'estero si ampia ulteriormente: per i laureati in ingegneria occupati nel nostro paese la retribuzione netta mensile si aggira mediamente intorno ai 1.650 euro, per quelli occupati all'estero essa sfiora i 2.500 euro.

Altro elemento di debolezza strutturale dell'occupazione dei laureati in ingegneria riguarda la disomogenea distribuzione territoriale di domanda e offerta di lavoro. Quest'ultima resta incentrata essenzialmente sulle richieste delle imprese private, mentre libera professione e, soprattutto, assunzioni nella pubblica amministrazione continuano a svolgere un ruolo sostanzialmente marginale. Se in Lombardia, Lazio e Veneto, nel 2009, mancano all'appello, rispettivamente, oltre 400 laureati in ingegneria per soddisfare il fabbisogno del sistema produttivo, particolarmente critica appare la situazione in Campania, Sicilia ed Emilia Romagna che registrano, sempre nel 2009, un surplus di laureati in ingegneria immessi nel mercato del lavoro superiore a 400 unità. Come negli anni passati, il surplus di offerta di laureati in ingegneria sarà "gestito" attraverso l'avvio di flussi migratori verso le regioni del Centro-Nord a forte capacità di assorbimento di competenze d'ingegneria (e verso l'estero) e l'istaurarsi di una condizione di "sotto-utilizzazione" e "sotto-remunerazione" per una parte di coloro che deciderà di restare nella regione di residenza. Nelle regioni meridionali in particolare, la scelta di dedicarsi alla libera professione diventa molto spesso una scelta "obbligata", stante l'insufficienza di offerte di lavoro di tipo dipendente; si tratta in questo caso di liberi professionisti "coatti", connotati da marginalità anche di tipo reddituale visto che nelle regioni meridionali il reddito professionale medio è inferiore di circa il 30% rispetto alla media nazionale e del 50-60% rispetto alle regioni centro-settentrionali economicamente più floride.

Può considerarsi ormai acclarato il fallimento della laurea di primo livello in ingegneria; essa continua ad essere percepita dalla grande maggioranza degli studenti in ingegneria come tappa di un percorso formativo più lungo e non come titolo da utilizzare per l'inserimento nel mercato del lavoro. Ad un anno dal conseguimento del titolo, infatti, quasi l'80% dei laureati di ciclo breve del 2008 ha proseguito gli studi e risulta iscritto ai corsi di laurea specialistica; nell'84% dei casi il percorso specialistico prescelto rappresenta, inoltre, il naturale proseguimento del corso di laurea di primo livello frequentato. Lo stesso sistema produttivo dimostra una crescente "freddezza" nell'assumere laureati di primo livello in ingegneria. Secondo i dati del Sistema informativo Excelsior, negli ultimi tre anni la quota di assunzioni riservate ai laureati quinquennali cresce progressivamente (passando dal 52,1% del 2008 al 55,1% del 2010) mentre cala sensibilmente la fetta di assunzioni riservate ai laureati triennali (solo il 9,6%, quando nel 2008 la corrispondente quota era quasi doppia, pari al 18,5%).

L'effetto della liberalizzazione dei compensi per le prestazioni di ingegneria, determina una sostanziale marginalizzazione dei liberi professionisti nel mercato dei bandi pubblici. Nel 2010, per quanto riguarda le gare in cui era richiesta almeno una delle fasi di progettazione senza esecuzione dei lavori, l'importo medio di aggiudicazione si aggira intorno ai 200mila euro, con un ribasso medio pari al 43,1%, valore superiore a quello rilevato nel 2009, pari al 39,1%. Quando i bandi aggiudicati riguardano congiuntamente le attività di progettazione e quelle di esecuzione dei lavori, il ribasso medio, pari al 21,4%, è più che dimezzato rispetto a quello riscontrato nei bandi di sola progettazione. Sono, dunque, solo le prestazioni professionali ad essere "devastate" da una competizione fondata sull'elemento "prezzo". Tale competizione sta portando ad una espulsione dei liberi professionisti dal mercato dei bandi pubblici. Essi sono di fatto esclusi dai bandi che assegnano congiuntamente incarichi di progettazione ed esecuzione dei lavori; in termini numerici, solo il 3,6% dei bandi di progettazione ed esecuzione aggiudicati nel 2010 è stato acquisito dai liberi professionisti (individuali, associati o strutturati in forma di società di professionisti), mentre se si considera il valore delle aggiudicazioni tale quota è pari allo 0,2%. I liberi professionisti (individuali, associati o strutturati in forma di società di professionisti) "resistono" solo nei bandi aventi ad oggetto la progettazione e gli altri servizi di ingegneria (senza esecuzione dei lavori); nel 2010 essi si sono aggiudicati, in termini numerici, il 43,4% di questa tipologia di bandi, quota che scende però al 16,4% se si considera l'importo degli incarichi.

A cura dell'Ufficio Stampa del Centro Studi del CNI

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