IL CODICE DELL'AMBIENTE E' INCOSTITUZIONALE
09/09/2009
Il Codice dell'Ambiente (Dlgs 152/2006, Norme in materia
ambientale) è incostituzionale. L'intero codice è stato, infatti,
approvato senza richiedere preventivamente alla firma dell'allora
Presidente della Repubblica, Ciampi, il parere del Consiglio di
Stato e l'art. 153 (dotazioni dei soggetti gestori del servizio
idrico intergrato) è stato formulato in violazione ad uno dei
criteri direttivi della legge delega che prevede l'invarianza degli
oneri a carico della finanza pubblica.
Lo ha affermato la Sez. prima del Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, che con l'ordinanza n. 79 del 3 settembre 2009 ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell'art. 153 del Dlgs 152/2006, nella parte in cui stabilisce: "Le infrastrutture idriche di proprietà degli enti locali ai sensi dell'articolo 143 sono affidate in concessione d'uso gratuita, per tutta la durata della gestione, al gestore del servizio idrico integrato", e dell'intero testo unico ambientale, in relazione alla mancata acquisizione del parere del Consiglio di Stato, prassi obbligatoria per l'approvazione definitiva dei testi unici.
Come precisato dai giudici del TAR piemontese, l'obbligo di richiesta del parere del Consiglio di Stato trascende e supera il livello formale, di legge ordinaria, della fonte che lo ha istituito, dovendo a detto obbligo attribuirsi il valore di un principio e criterio direttivo a cui deve necessariamente conformarsi l'esercizio della potestà normativa delegata al Governo. Come ricordato dallo stesso Tribunale, all'epoca della promulgazione del Dlgs 152/2006 riecheggiò sulla stampa, suscitando intuitivo scalpore e connesse preoccupazioni istituzionali, la reazione del Presidente della Repubblica Ciampi, il quale rinviò al Governo il testo dell'articolato, rifiutandosi di firmarlo, proprio a motivo della omessa acquisizione del parere del Consiglio di Stato oltre che per la mancata considerazione del parere negativo della Conferenza Stato - Regioni e delle associazioni ambientaliste.
Ricordiamo anche che il Governo rispose ai rilievi del Capo dello Stato con affermazioni di tenore meramente interlocutorio incentrate sugli ambiti della delega legislativa, assumendo che il parere del Consiglio di Stato non era obbligatorio in quanto il Codice, non contenendo la disciplina relativa alle aree protette, all'inquinamento acustico e all'energia, non può essere considerato un Testo Unico.
In merito a queste affermazioni il TAR, dopo un esame del Dlgs 152/2006 e delle vicende che hanno portato alla pubblicazione in gazzetta, ha ricordato che l'art.1 della legge delega n. 308/2004 stabilisce che:
"Il Governo è delegato ad adottare, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, uno o più decreti legislativi di riordino, coordinamento e integrazione delle disposizioni legislative nei seguenti settori e materie, anche mediante la redazione di TESTI UNICI:
a) gestione dei rifiuti e bonifica dei siti contaminati;
b) tutela delle acque dall'inquinamento e gestione delle risorse idriche;
c) difesa del suolo e lotta alla desertificazione (…)".
Il Legislatore delegante ha dunque inteso imprimere al decreto delegato recante coordinamento e integrazione delle disposizioni legislative in materia ambientale, la natura di Testo Unico.
Da questa precisa direttiva del Parlamento il TAR ha ritenuto che non si possa in alcun modo prescindere nelle operazioni di qualificazione e ricognizione del regime giuridico-formale del d.lgs. n. 152/2006, specie laddove a dette qualificazioni conseguano rilevanti effetti che, come nel caso della rilevata omessa acquisizione del parere del Consiglio, refluiscano al livello del giudizio costituzionale in punto all'infrazione o meno dei dettami fissati dall'art. 76 della Costituzione.
Chiarita l'incostituzionalità generale del Dlgs 152/2006, il TAR, entrando nel merito della vicenda, ha dimostrato anche l'incostituzionalità dell'art. 153 del Dlgs 152/2006 che al comma 1 recita:
"Le infrastrutture idriche di proprietà degli enti locali ai sensi dell'articolo 143 sono affidate in concessione d'uso gratuita, per tutta la durata della gestione, al gestore del servizio idrico integrato, il quale ne assume i relativi oneri nei termini previsti dalla convenzione e dal relativo disciplinare".
In merito, il TAR ha affermato che il principio di gratuità inserito nell'art. 153 del testo unico ambientale urta frontalmente con uno dei criteri direttivi di cui alla legge delega n. 308/2004, il cui art. 1, comma 8 stabiliva che i decreti delegati di riordino della legislazione in materia di ambiente dovessero informarsi ai criteri direttivi dettagliati al comma 8 dell'art. 1, tra i quali alla lett. c) consta quello della "invarianza degli oneri a carico della finanza pubblica".
Il principio di gratuità della concessione in uso delle infrastrutture idriche con la connessa incisione della finanza pubblica comunale concreta oltre che una violazione del principio di invarianza degli oneri a carico della finanza pubblica anche una violazione dell'art. 2 del dlgs 152/2006 stesso che al comma 3 prevede che "Le disposizioni di cui al presente decreto sono attuate nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie previste a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica".
Chiaramente, il decremento economico derivante dall'impossibilità per i Comuni di stabilire un canone nelle convenzioni di concessione in uso delle infrastrutture idriche importa conseguentemente che viene in parte a ridursi la possibilità di autofinanziamento che quei proventi comunque assicurano, inducendo corrispondentemente i Comuni a ricorrere ad aiuti statali o all'indebitamento per colmare quella lacuna finanziaria attraverso mutui più o meno onerosi o il ricorso al debito pubblico.
In definitiva, per ovvi motivi il Dlgs 152/2006 è anticostituzionale e andrebbe completamente riveduto.
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Lo ha affermato la Sez. prima del Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, che con l'ordinanza n. 79 del 3 settembre 2009 ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell'art. 153 del Dlgs 152/2006, nella parte in cui stabilisce: "Le infrastrutture idriche di proprietà degli enti locali ai sensi dell'articolo 143 sono affidate in concessione d'uso gratuita, per tutta la durata della gestione, al gestore del servizio idrico integrato", e dell'intero testo unico ambientale, in relazione alla mancata acquisizione del parere del Consiglio di Stato, prassi obbligatoria per l'approvazione definitiva dei testi unici.
Come precisato dai giudici del TAR piemontese, l'obbligo di richiesta del parere del Consiglio di Stato trascende e supera il livello formale, di legge ordinaria, della fonte che lo ha istituito, dovendo a detto obbligo attribuirsi il valore di un principio e criterio direttivo a cui deve necessariamente conformarsi l'esercizio della potestà normativa delegata al Governo. Come ricordato dallo stesso Tribunale, all'epoca della promulgazione del Dlgs 152/2006 riecheggiò sulla stampa, suscitando intuitivo scalpore e connesse preoccupazioni istituzionali, la reazione del Presidente della Repubblica Ciampi, il quale rinviò al Governo il testo dell'articolato, rifiutandosi di firmarlo, proprio a motivo della omessa acquisizione del parere del Consiglio di Stato oltre che per la mancata considerazione del parere negativo della Conferenza Stato - Regioni e delle associazioni ambientaliste.
Ricordiamo anche che il Governo rispose ai rilievi del Capo dello Stato con affermazioni di tenore meramente interlocutorio incentrate sugli ambiti della delega legislativa, assumendo che il parere del Consiglio di Stato non era obbligatorio in quanto il Codice, non contenendo la disciplina relativa alle aree protette, all'inquinamento acustico e all'energia, non può essere considerato un Testo Unico.
In merito a queste affermazioni il TAR, dopo un esame del Dlgs 152/2006 e delle vicende che hanno portato alla pubblicazione in gazzetta, ha ricordato che l'art.1 della legge delega n. 308/2004 stabilisce che:
"Il Governo è delegato ad adottare, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, uno o più decreti legislativi di riordino, coordinamento e integrazione delle disposizioni legislative nei seguenti settori e materie, anche mediante la redazione di TESTI UNICI:
a) gestione dei rifiuti e bonifica dei siti contaminati;
b) tutela delle acque dall'inquinamento e gestione delle risorse idriche;
c) difesa del suolo e lotta alla desertificazione (…)".
Il Legislatore delegante ha dunque inteso imprimere al decreto delegato recante coordinamento e integrazione delle disposizioni legislative in materia ambientale, la natura di Testo Unico.
Da questa precisa direttiva del Parlamento il TAR ha ritenuto che non si possa in alcun modo prescindere nelle operazioni di qualificazione e ricognizione del regime giuridico-formale del d.lgs. n. 152/2006, specie laddove a dette qualificazioni conseguano rilevanti effetti che, come nel caso della rilevata omessa acquisizione del parere del Consiglio, refluiscano al livello del giudizio costituzionale in punto all'infrazione o meno dei dettami fissati dall'art. 76 della Costituzione.
Chiarita l'incostituzionalità generale del Dlgs 152/2006, il TAR, entrando nel merito della vicenda, ha dimostrato anche l'incostituzionalità dell'art. 153 del Dlgs 152/2006 che al comma 1 recita:
"Le infrastrutture idriche di proprietà degli enti locali ai sensi dell'articolo 143 sono affidate in concessione d'uso gratuita, per tutta la durata della gestione, al gestore del servizio idrico integrato, il quale ne assume i relativi oneri nei termini previsti dalla convenzione e dal relativo disciplinare".
In merito, il TAR ha affermato che il principio di gratuità inserito nell'art. 153 del testo unico ambientale urta frontalmente con uno dei criteri direttivi di cui alla legge delega n. 308/2004, il cui art. 1, comma 8 stabiliva che i decreti delegati di riordino della legislazione in materia di ambiente dovessero informarsi ai criteri direttivi dettagliati al comma 8 dell'art. 1, tra i quali alla lett. c) consta quello della "invarianza degli oneri a carico della finanza pubblica".
Il principio di gratuità della concessione in uso delle infrastrutture idriche con la connessa incisione della finanza pubblica comunale concreta oltre che una violazione del principio di invarianza degli oneri a carico della finanza pubblica anche una violazione dell'art. 2 del dlgs 152/2006 stesso che al comma 3 prevede che "Le disposizioni di cui al presente decreto sono attuate nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie previste a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica".
Chiaramente, il decremento economico derivante dall'impossibilità per i Comuni di stabilire un canone nelle convenzioni di concessione in uso delle infrastrutture idriche importa conseguentemente che viene in parte a ridursi la possibilità di autofinanziamento che quei proventi comunque assicurano, inducendo corrispondentemente i Comuni a ricorrere ad aiuti statali o all'indebitamento per colmare quella lacuna finanziaria attraverso mutui più o meno onerosi o il ricorso al debito pubblico.
In definitiva, per ovvi motivi il Dlgs 152/2006 è anticostituzionale e andrebbe completamente riveduto.
A cura di Ilenia
Cicirello
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