Il BIM entra nelle aule di tribunale

12/06/2017

Come dimostrato dalla letteratura nazionale ed internazionale, non esiste un “formato BIM” ma si parla di un metodo di lavoro e di rappresentazione digitale che esula dalla forma (ad es. bidimensionale o tridimensionale) con la quale il modello viene presentato.

Questo, in estrema sintesi, il contenuto più interessante della Sentenza 29 maggio 2017, n. 1210 con la quale la Sezione Prima del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia ha respinto un ricorso inerente una procedura di gara indetta dal comune di Milano per l’aggiudicazione con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa (OEPV)  di un appalto integrato complesso avente ad oggetto l’affidamento dell’incarico di progettazione definitiva ed esecutiva, nonché dell’esecuzione dei lavori di demolizione, bonifica e ricostruzione di un edificio scolastico elementare. In particolare, il ricorso è stato presentato da un raggruppamento di professionisti escluso dalla gara, sorpassato in graduatoria da un altro raggruppamento di professionisti che aveva ottenuto un punteggio aggiuntivo in quanto avevano presentato gli elaborati in un diverso formato, aggiudicandosi un punteggio maggiore.

La questione sulla quale si sono dovuti esprimere i giudici riguardava la possibilità per gli operatori che utilizzano il metodo di rappresentazione BIM nella partecipazione ai bandi con tale categoria, di rappresentare tutti i disegni in forma tridimensionale o meno.

Secondo gli altri professionisti ricorrenti, il progetto presentato dai concorrenti, era incompleto, in quanto la parte relativa all’impiantistica era stata rappresentata in 2D in modo tradizionale, e per ciò non avrebbe meritato il punteggio aggiuntivo. Secondo l’Amministrazione banditrice della gara che aveva valutato le offerte, il progetto BIM, al quale si è dato il valore aggiunto in termine di punteggi, rispettava le prescrizioni del bando di gara in quanto non aveva imposto espressamente la tridimensionalità a tutti gli elementi grafici di progetto.

La consulente expertice del Tribunale, prof.ssa Anna Osello del Politecnico di Torino, nominata per valutare l’aspetto tecnico del contenzioso, nella sua relazione, ha dichiarato ai Giudici, che: "non esiste un “formato BIM, ma invece, dei metodi di lavoro e di rappresentazione nell’era digitale".

La base del Bim è certamente la rappresentazione tridimensionale - si legge nella sentenza - ma questo non pregiudica che ogni oggetto debba essere obbligatoriamente rappresentato tridimensionalmente. La cosa importante è – secondo i giudici - che ogni rappresentazione includa tutte le proprietà dell’oggetto, che vanno oltre la semplice rappresentazione grafica; che siano esaustivi riguardo la loro descrizione in funzione dell’obiettivo funzionale in cui esso si inserisce”.

Riguardo la metodologia BIM - spiega la sentenza - l’attenzione deve essere posta più sulla “completezza di informazione” che sul metodo di rappresentazione del metodo grafico in oggetto.

Per verificare che i contenuti del modello BIM fossero conformi a quanto previsto dal progetto a base di gara, i giudici hanno pure esaminato il file nativo (Revit versione 2015), per controllare se al momento di esportazione dei dati in formato IFC si sia potuta verificare la perdita di dati significativi.

Dalla verifica, il modello è risultato impostato correttamente per quanto riguarda le strutture in 3D. Mentre, nella parte relativa agli impianti è risultato che alcuni elementi erano stati rappresentati in 2D anziché in 3D. Da qui l’appello dei ricorrenti.

Rappresentazione, che però, è stata considerata buona e congruente con il livello di progettazione definitiva, anche perché, al di là della informazioni grafiche, erano estraibili degli appositi abachi.

Sulla base di queste considerazioni, il ricorso degli esclusi dal bando, è stato respinto dal Tar, che ha confermato l’aggiudicazione del bando al raggruppamento che aveva presentato il progetto in formato BIM, confermando anche le parti rappresentate in formato 2D.

Resta ora da capire se gli esclusi, ricorrendo al Consiglio di Stato, sapranno se la disposizione del Tar di Milano sarà confermata o no.

La sentenza, che costituisce un precedente, farà certamente discutere, sia per l’interpretazione tra 2D e 3D nel BIM, sia per le attività di controllo svolte dal verificatore incaricato del bando; ciò, anche alla vigilia dell’atteso Decreto di Obbligatorietà, nella strategia dell’uso di metodi e strumenti elettronici per la modellazione elettronica delle procedure di gare pubbliche, e per chiarire le competenze per il Committente nello strutturare specifiche richieste informative all’interno del capitolati, e anche al fine di ridurre al minimo le interpretazioni del Tar riguardo le ambiguità tra Amministrazioni e Partecipanti.

A cura di Salvo Sbacchis



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