Il fenomeno "patologico" dei ponti termici in edilizia
17/09/2015
Negli ultimi tempi, sia in termini di evoluzione del sistema legislativo/normativo, sia per la maggiore sensibilità energetica dei committenti/utenti, il problema dei ponti termici è divenuto centrale nel progetto, nella diagnosi e nella certificazione del comportamento trasmissivo dell'involucro edilizio.
Facciamo alcune considerazioni.
L'involucro edilizio è l'insieme di tutte le chiusure esterne
(orizzontali e verticali) dell'edificio: chiusure opache (pareti,
solai, coperture ecc.) e chiusure trasparenti (serramenti). Un
ponte termico modifica il funzionamento trasmissivo delle chiusure
medesime, ovvero aumenta - in modo considerevole - le perdite di
calore verso l'esterno. Un ponte termico è di fatto una
discontinuità geometrica e costruttiva dell'involucro
medesimo.
In modo più preciso - secondo la UNI EN ISO
10211-1 - un ponte termico è quella parte
d'involucro dove la resistenza termica, altrove uniforme,
diminuisce in modo significativo per effetto di:
A) disomogeneità nell'uso dei materiali (ad esempio una parete
perimetrale in laterizio con un pilastro in c. a.);
B) variazioni nello spessore di una parete esterna (ad esempio un
sottofinestra);
C) discontinuità geometriche (angoli tra pareti, giunti tra parete
e pavimento, parete e soffitto ecc.).
In pratica - volendo fare un elenco dei ponti termici più diffusi - abbiamo che corrispondono a tutti quei nodi che sono di congiunzione tra chiusure diverse: intersezione tra pavimento/solaio e parete perimetrale, parete esterna con parete esterna (angolo), parete esterna con parete interna, pilastro con parete esterna, infisso con parete esterna ecc.
Ponti
Termici in edilizia |
Dal punto di vista meramente prestazionale un ponte termico - struttura "patologica" che dà luogo a forti perdite di energia verso l'esterno - si presenta come "freddo" sulla faccia interna dell'involucro e come "caldo" sulla faccia esterna. Non solo, la presenza di un ponte termico peggiora le condizioni igieniche dell'ambiente confinato, infatti, nei punti in cui si realizza questa perdita di calore il paramento interno diventa "freddo" e dà luogo alla formazione di condensa con la produzione di macchie di umidità, muffe e sgretolamento dell'intonaco, fino, nei casi più estremi, ad attaccare le strutture resistenti.
Pertanto, la "patologia" ponte termico determina i
seguenti effetti:
1) aumento delle perdite di calore e del conseguente fabbisogno di
energia primaria (gasolio, gas naturale ecc.);
2) peggioramento delle condizioni igieniche dell'ambiente
confinato;
3) incremento dei costi d'esercizio dell'edificio sia per il
mantenimento della temperatura di comfort, sia per la manutenzione
periodica dei danni dovuti alla condensa.
Per quanto detto, un ponte termico - inteso come discontinuità geometrica e/o strutturale del sistema involucro - deve esser sempre risolto (ossia corretto) con un intervento di riqualificazione, con lo scopo di ridurre le diseconomie dovute all'incremento dei costi d'esercizio (a carico del proprietario/conduttore) nonché all'aumento del consumo di energia primaria e del relativo livello d'inquinamento (a carico del sistema sociale). Infatti, alla luce di tutto questo, il progettista o certificatore si trova a dover tutelare sia l'interesse del committente (che richiederà minori costi di esercizio e maggiore comfort abitativo), sia gli interessi della collettività (che attraverso leggi e norme dà indicazioni cogenti per la riduzione dei consumi e del livello d'inquinamento).
In sintesi, l'azione fondamentale che il tecnico dovrà svolgere
consiste:
1) nella ricerca, classificazione ed enumerazione dei ponti
termici;
2) nella loro soluzione - che in termini tecnici si chiama
correzione.
La ricerca dei ponti termici - in edifici esistenti - si realizza attraverso il connubio tra l'esperienza e l'approccio sperimentale mediante strumenti di misura, ad esempio la termocamera a raggi infrarossi, la quale è in grado di individuare le zone "fredde" del paramento interno, ovvero le zone "calde" del paramento esterno. Infatti, un ponte termico, corrisponde ad un pezzo di parete "fredda" quando è osservata dall'ambiente interno, viceversa corrisponde ad un pezzo di parete "calda" quando è guardata dall'esterno. In concreto, la termocamera - che rappresenta in un grafico le differenze di emissione del calore da parte dell'involucro edilizio - indica le zone dove maggiore è il passaggio dell'energia termica, ossia indica la presenza dell'effetto ponte.
In sintesi - negli edifici esistenti - abbiamo due distinte
situazioni:
a) i ponti termici evidenti, quelli individuabili a vista
mediante il censimento di umidità superficiale ecc.;
b) i ponti termici latenti, quelli individuabili con
l'osservazione sperimentale (ad esempio la termocamera).
La ricerca dei ponti termici in fase di progetto - edifici su carta - si realizza attraverso l'enumerazione delle discontinuità di tipo geometrico e strutturale (le disomogeneità dei materiali). In altre parole, l'elenco delle discontinuità (spigoli, angoli, sottofinestra ecc.) e l'elenco delle disomogeneità (intersezioni solaio-parete, pilastro-parete ecc.) forniscono l'elenco dei ponti termici da correggere.
Dall'elenco dei ponti termici si passa al calcolo della relativa perdita e alla correzione. Per il calcolo si usano gli strumenti più variegati (programmi, atlanti, abachi ecc.). Mentre per la correzione si interviene in cantiere incrementando in modo opportuno il livello d'isolamento, ossia la quantità di materiale isolante posto come "barriera" al flusso di calore.
Il metodo più semplice per il calcolo della perdita di calore è l'uso di un abaco dei ponti termici, se ne trovano di differenti tipi e modalità d'uso, tutti pubblicati su testi specifici od on-line, e tutti finalizzati a definire il parametro fondamentale: la trasmittanza termica lineare o puntuale, la quale rappresenta la perdita specifica (per unità di lunghezza o per l'intero nodo) del ponte medesimo.
La correzione invece si realizza in due fasi distinte:
a) scelta del materiale isolante;
b) messa in opera del medesimo con lo scopo di creare uno
"sbarramento" ai flussi di calore verso l'esterno.
La scelta del materiale isolante segue due modelli
risolutivi:
1) quello dei materiali naturali (canna palustre, pannelli in fibra
di legno, legno mineralizzato ecc.);
2) quello dei materiali sintetici (polistirene espanso, polistirene
estruso, poliuretano ecc.).
La messa in opera consiste - con l'impiego di un materiale isolante opportunamente sagomato - nel "chiudere" il flusso termico verso l'esterno con lo scopo di aumentare la resistenza termica del ponte, ricordando che tante sono le configurazioni di isolamento del nodo tecnologico e che tutte dipendono dalla tipologia del ponte medesimo e dal livello di isolamento voluto.
A lato riporto due figure che riguardano la correzione di un nodo termico: pilastro in c. a. in posizione angolare di congiunzione di due pareti perimetrali.
Nella figura 1 abbiamo una correzione semplificata, diversamente, in figura 2, abbiamo una correzione più complessa che tende a "sbarrare" completamente (in ogni direzione del piano) il flusso di calore verso l'esterno. Le figure danno evidenza delle differenze di funzionamento delle correzioni indicate, basta ricordare che le parti in tratteggio e ondulate rappresentano la presenza del materiale isolante e le frecce la direzione e il verso del calore.
Con queste poche righe ho cercato di dare un quadro - molto ma molto sintetico - del fenomeno "patologico" dei ponti termici. Per ulteriori approfondimenti (o quesiti), l'autore si mette a disposizione di ogni lettore curioso di approfondire l'argomento.
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