Il progetto delle professioni per l'Italia: lettera aperta dal mondo delle professioni
22/02/2012
Mentre ci avviciniamo al "Professional Day - La giornata delle
Professioni" che vedrà riunite il prossimo 1 marzo tutte le
componenti (istituzionale, previdenziale, sindacale e giovanile)
del mondo ordinistico, cresce l'interesse verso il processo che
dovrebbe portare entro agosto di quest'anno ad un vera e propria
riforma delle professioni, cominciata, in parte, con i
provvedimenti di agosto 2011 e il decreto liberalizzazioni.
Un nuovo contributo alla causa è stato fornito da "Il progetto delle professioni per l'Italia", lettera congiunta di Leopoldo Freyrie, Presidente Consiglio Nazionale Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori, Gian Vito Graziano, Presidente Consiglio Nazionale Geologi, Andrea Sisti, Presidente Consiglio Nazionale Dottori Agronomi e Forestali, e Armando Zambrano, Presidente Consiglio Nazionale Ingegneri.
Riportiamo di seguito il testo della lettera aperta.
"Il processo schizofrenico della riforma delle professioni si sta consumando fuori da un progetto chiaro, finalizzato a mettere a sistema con l'economia e lo sviluppo del Paese un importante patrimonio di risorse intellettuali e tecniche.
La correzione di regole antiche è necessaria ed utile, per i cittadini e per i professionisti, ma è un illusione pensare che quelle nuove possano aumentare il Pil o aiutare l'Italia ad uscire dalla crisi, credendo che un maggior tasso di concorrenza rappresenti una bacchetta magica che risolva i problemi del Paese.
Negli ultimi vent'anni la politica ha troppo ragionato di forme e poco o niente di contenuti, dimenticando chi sono e cosa fanno i professionisti, oggetto delle riforme.
Noi agronomi, architetti, geologi e ingegneri siamo una comunità di mezzo milione di persone. Con passione, competenza e fatica tentiamo di svolgere la difficile missione di tutelare, trasformare e sviluppare il territorio, le città, i ponti e le strade, i campi, i boschi di questo Paese bello e difficile.
Non c'è passo, vita e lavoro dei cittadini che non si svolga nell'ambiente che noi studiamo, disegniamo, comprendiamo e modifichiamo.
Siamo, o dovremmo essere, gli autori della mediazione necessaria tra la tutela del bene pubblico e lo sviluppo economico; coloro che integrano, nelle loro idee e progetti, il miglioramento dell'habitat e la crescita economica; gli ideatori di innovazioni indispensabili all'industria, capaci di aumentare la sicurezza della vita dei cittadini e la sostenibilità ambientale. Questo sappiamo fare!
Dalla Germania all'India al Brasile, le politiche economiche di chi cresce hanno messo al centro proprio i professionisti, chiedendo innovazione, idee, tecniche nuove adeguate alla sfida tecnologica e alla salvaguardia dell'ambiente. In Italia, invece, si ragiona di "tariffe" e "corporazioni", di "valore legale del titolo di studio" in un clima di recessione culturale oltre che economica. Come se Adam Smith non fosse morto da secoli e John Nash, con la sua teoria dei giochi, non ci avesse insegnato la logica della cooperazione tra i cittadini e tra le comunità sociali ed economiche. Le comunità sociali e professionali sono le parti del corpo sociale, la logica della concorrenza, senza cooperazione, le trasforma in monadi armate le une contro le altre con il risultato di sfasciare l'economia.
La riforma, a spizzichi e bocconi, si farà. Se ne correggeranno, speriamo, gli errori figli evidenti dell'assenza di un progetto, di contrapposizioni ideologiche e dell'istinto sbagliato di conservazione di parti della comunità professionale.
Ma il giorno dopo i giovani agronomi, architetti, ingegneri e geologi continueranno ad essere alla periferia dello sviluppo, disoccupati o poveri, senza alcuna possibilità di mettere le loro idee al servizio del Paese. Alla faccia della Strategia di Lisbona, che doveva mettere al centro l'economia della conoscenza e che, invece, sta morendo sotto i colpi della dis-economia della finanza, dei rating e degli spread!
Per tutto questo, noi chiediamo una vera immediata "seconda fase" nella quale ci sia dia l'opportunità di discutere e attuare non riformette di meccanismi ordinamentali, ma veri e propri progetti per lo sviluppo sostenibile del Paese, nelle quali le professioni possano ritrovare il ruolo che spetta loro non per diritto divino, ma perché servono all'Italia.
Noi i progetti li abbiamo e offriamo, a costo zero, soluzioni realizzabili e intelligenti sulla sburocratizzazione,la rigenerazione dei territori e delle città, la valorizzazione del paesaggio e dell'agricoltura, l'innovazione tecnologica, la salvaguardia ambientale.
Li offriamo al Governo, al Parlamento, ai Comuni e le Regioni, a Confindustria, ai Sindacati, a tutti coloro che vogliono aiutare il Paese: senza cooperazione, senza mettere a valore le specificità, rendendo sinergiche le capacità l'Italia piena di localismi e steccati andrà alla deriva allontanandosi dall'Europa, come in un romanzo di Saramago."
© Riproduzione riservata
Un nuovo contributo alla causa è stato fornito da "Il progetto delle professioni per l'Italia", lettera congiunta di Leopoldo Freyrie, Presidente Consiglio Nazionale Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori, Gian Vito Graziano, Presidente Consiglio Nazionale Geologi, Andrea Sisti, Presidente Consiglio Nazionale Dottori Agronomi e Forestali, e Armando Zambrano, Presidente Consiglio Nazionale Ingegneri.
Riportiamo di seguito il testo della lettera aperta.
"Il processo schizofrenico della riforma delle professioni si sta consumando fuori da un progetto chiaro, finalizzato a mettere a sistema con l'economia e lo sviluppo del Paese un importante patrimonio di risorse intellettuali e tecniche.
La correzione di regole antiche è necessaria ed utile, per i cittadini e per i professionisti, ma è un illusione pensare che quelle nuove possano aumentare il Pil o aiutare l'Italia ad uscire dalla crisi, credendo che un maggior tasso di concorrenza rappresenti una bacchetta magica che risolva i problemi del Paese.
Negli ultimi vent'anni la politica ha troppo ragionato di forme e poco o niente di contenuti, dimenticando chi sono e cosa fanno i professionisti, oggetto delle riforme.
Noi agronomi, architetti, geologi e ingegneri siamo una comunità di mezzo milione di persone. Con passione, competenza e fatica tentiamo di svolgere la difficile missione di tutelare, trasformare e sviluppare il territorio, le città, i ponti e le strade, i campi, i boschi di questo Paese bello e difficile.
Non c'è passo, vita e lavoro dei cittadini che non si svolga nell'ambiente che noi studiamo, disegniamo, comprendiamo e modifichiamo.
Siamo, o dovremmo essere, gli autori della mediazione necessaria tra la tutela del bene pubblico e lo sviluppo economico; coloro che integrano, nelle loro idee e progetti, il miglioramento dell'habitat e la crescita economica; gli ideatori di innovazioni indispensabili all'industria, capaci di aumentare la sicurezza della vita dei cittadini e la sostenibilità ambientale. Questo sappiamo fare!
Dalla Germania all'India al Brasile, le politiche economiche di chi cresce hanno messo al centro proprio i professionisti, chiedendo innovazione, idee, tecniche nuove adeguate alla sfida tecnologica e alla salvaguardia dell'ambiente. In Italia, invece, si ragiona di "tariffe" e "corporazioni", di "valore legale del titolo di studio" in un clima di recessione culturale oltre che economica. Come se Adam Smith non fosse morto da secoli e John Nash, con la sua teoria dei giochi, non ci avesse insegnato la logica della cooperazione tra i cittadini e tra le comunità sociali ed economiche. Le comunità sociali e professionali sono le parti del corpo sociale, la logica della concorrenza, senza cooperazione, le trasforma in monadi armate le une contro le altre con il risultato di sfasciare l'economia.
La riforma, a spizzichi e bocconi, si farà. Se ne correggeranno, speriamo, gli errori figli evidenti dell'assenza di un progetto, di contrapposizioni ideologiche e dell'istinto sbagliato di conservazione di parti della comunità professionale.
Ma il giorno dopo i giovani agronomi, architetti, ingegneri e geologi continueranno ad essere alla periferia dello sviluppo, disoccupati o poveri, senza alcuna possibilità di mettere le loro idee al servizio del Paese. Alla faccia della Strategia di Lisbona, che doveva mettere al centro l'economia della conoscenza e che, invece, sta morendo sotto i colpi della dis-economia della finanza, dei rating e degli spread!
Per tutto questo, noi chiediamo una vera immediata "seconda fase" nella quale ci sia dia l'opportunità di discutere e attuare non riformette di meccanismi ordinamentali, ma veri e propri progetti per lo sviluppo sostenibile del Paese, nelle quali le professioni possano ritrovare il ruolo che spetta loro non per diritto divino, ma perché servono all'Italia.
Noi i progetti li abbiamo e offriamo, a costo zero, soluzioni realizzabili e intelligenti sulla sburocratizzazione,la rigenerazione dei territori e delle città, la valorizzazione del paesaggio e dell'agricoltura, l'innovazione tecnologica, la salvaguardia ambientale.
Li offriamo al Governo, al Parlamento, ai Comuni e le Regioni, a Confindustria, ai Sindacati, a tutti coloro che vogliono aiutare il Paese: senza cooperazione, senza mettere a valore le specificità, rendendo sinergiche le capacità l'Italia piena di localismi e steccati andrà alla deriva allontanandosi dall'Europa, come in un romanzo di Saramago."
A cura di Ilenia
Cicirello
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