Inarcassa e obbligo contributivo: escluso se non c'è connessione tra l'attività svolta e le conoscenze tipiche del professionista
20/03/2013
L'imponibile contributivo di un professionista ingegnere va
determinato in base all'oggettiva riconducibilità dell'attività
alla professione, con la precisazione che la competenza e le
specifiche cognizioni tecniche di cui dispone influiscono
sull'esercizio dell'attività svolta e che, dunque, le prestazioni
sono state rese anche grazie all'impiego delle sue competenze
professionali.
Lo ha affermato la Suprema Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 5827 dell'8 marzo 2013, ha cassato una sentenza della Corte di Appello che aveva accolto il ricorso proposto da un professionista nei confronti di Inarcassa - Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza per gli Ingegneri ed Architetti Liberi Professionisti - dichiarando la nullità di un avviso di accertamento. In particolare, la Corte territoriale, a sostegno della propria decisione, aveva osservato quanto segue:
Gli ermellini, disattendendo quanto affermato dai giudici di prime cure, hanno affermato che il concetto di "esercizio della professione" va interpretato non in senso statico e rigoroso, bensì tenendo conto dell'evoluzione subita nel mondo contemporaneo (rispetto agli anni a cui risale la normativa di "sistema" dettata per le varie libere professioni) dalle specifiche competenze e dalle cognizioni tecniche libero professionali. In particolare, la progressiva estensione dell'ambito proprio dell'attività professionale da parte delle professioni, con occupazione di tutta una serie di spazi inesistenti nel quadro tipico iniziale con l'assunzione di connotazioni ben più ampie e di applicazioni diversificate rispetto a quelle originariamente previste, ha portato il professionista all'esercizio di attività che, pur non professionalmente tipiche, presentano, tuttavia un "nesso" con l'attività professionale strettamente intesa, in quanto richiedono le stesse competenze tecniche di cui il professionista ordinariamente si avvale nell'esercizio dell'attività professionale e nel cui svolgimento, quindi, mette a frutto (anche) la specifica cultura che gli deriva dalla formazione tipologicamente propria della sua professione.
Ne deriva, dunque, l'esclusione della sussistenza dell'obbligo contributivo solamente nel caso in cui non sia, in concreto, ravvisabile una connessione tra l'attività svolta e le conoscenze tipiche del professionista.
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Lo ha affermato la Suprema Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 5827 dell'8 marzo 2013, ha cassato una sentenza della Corte di Appello che aveva accolto il ricorso proposto da un professionista nei confronti di Inarcassa - Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza per gli Ingegneri ed Architetti Liberi Professionisti - dichiarando la nullità di un avviso di accertamento. In particolare, la Corte territoriale, a sostegno della propria decisione, aveva osservato quanto segue:
- il reddito sottoposto da Inarcassa a contribuzione ed oggetto dell'avviso di accertamento impugnato si riferiva pacificamente a compensi percepiti dal ricorrente quale amministratore e sindaco di società;
- il Tribunale aveva disatteso la domanda affermando che gli incarichi in questione non potevano essere considerati attività professionali solamente qualora non fossero rientrati nell'oggetto dell'arte o della professione tipica di una determinata categoria di libero professionista, nella specie ingegnere, e che le fatture relative ai predetti compensi facevano riferimento ad enti aventi ad oggetto la progettazione e l'esecuzione di opere edili, rispetto al quale l'incarico di amministratore ben poteva comportare l'esercizio di attività di natura tecnico-professionale;
- doveva per contro ritenersi che il reddito assoggettato a contribuzione comprende tutti i corrispettivi rientranti nel volume di affari, ma che con tale espressione devono intendersi soltanto i corrispettivi riferiti e collegati allo specifico esercizio della professione;
- la funzione di organo di società, ancorché da sola non consenta la maturazione del diritto a prestazioni a carico della cassa di previdenza, non esclude di per sé la soggezione a contribuzione, qualora però l'ente impositore offra la prova, della quale è onerato ai sensi dell'art. 2697 c.c., che ne risultino compensate attività degli stessi organi riconducibili, obiettivamente, all'esercizio della professione;
- se doveva ritenersi riconducibile in ogni, caso all'esercizio della professione la partecipazione dell'ingegnere, in qualsiasi ruolo, ad una società di ingegneria, in quanto si tratterebbe di esercizio in forma societaria dell'attività professionale stessa, altrettanto non poteva dirsi con riferimento a società aventi ad oggetto, come nella fattispecie di causa, attività di natura edilizia;
- nel caso all'esame Inarcassa, che ne era onerata, non aveva fornito la prova che i corrispettivi in parola fossero diretti a compensare attività obiettivamente riconducibili alla professione di ingegnere.
Gli ermellini, disattendendo quanto affermato dai giudici di prime cure, hanno affermato che il concetto di "esercizio della professione" va interpretato non in senso statico e rigoroso, bensì tenendo conto dell'evoluzione subita nel mondo contemporaneo (rispetto agli anni a cui risale la normativa di "sistema" dettata per le varie libere professioni) dalle specifiche competenze e dalle cognizioni tecniche libero professionali. In particolare, la progressiva estensione dell'ambito proprio dell'attività professionale da parte delle professioni, con occupazione di tutta una serie di spazi inesistenti nel quadro tipico iniziale con l'assunzione di connotazioni ben più ampie e di applicazioni diversificate rispetto a quelle originariamente previste, ha portato il professionista all'esercizio di attività che, pur non professionalmente tipiche, presentano, tuttavia un "nesso" con l'attività professionale strettamente intesa, in quanto richiedono le stesse competenze tecniche di cui il professionista ordinariamente si avvale nell'esercizio dell'attività professionale e nel cui svolgimento, quindi, mette a frutto (anche) la specifica cultura che gli deriva dalla formazione tipologicamente propria della sua professione.
Ne deriva, dunque, l'esclusione della sussistenza dell'obbligo contributivo solamente nel caso in cui non sia, in concreto, ravvisabile una connessione tra l'attività svolta e le conoscenze tipiche del professionista.
A cura di Ilenia
Cicirello
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