Indennità e accesso al credito per le professioni ordinistiche: la proposta di Serena Pellegrino
di Michele Privitera - 01/04/2020
Da qualche anno, grazie al gruppo Facebook del Comitato Professioni Tecniche, si è creata una rete di contatti tra tanti professionisti dell'area tecnica ed una parte della politica attenta alle istanze della categoria, con uno scambio di idee e proposte ormai quasi quotidiano, che in più di un caso ha prodotto dei risultati positivi.
La rete ci ha messo in contatto con l’arch. Serena Pellegrino, parlamentare fino alla scorsa legislatura, che ha sempre combattuto una serie di battaglie a favore della categoria alla quale appartiene, non ultima quella contro i famigerati "bandi a un euro". Con lei si è discusso dell’argomento principale che anima le discussioni social degli ultimi giorni ovvero le misure messe a punto da Inarcassa per i liberi professionisti relative allo stato di emergenza in cui versa il nostro paese a causa della pandemia COVID-19.
In riferimento a queste misure, l’arch. Serena Pellegrino, con un post pubblicato sui social, ha fatto una proposta meritevole di attenzione che ci ha spinto a contattarla. La proposta prevede l’accesso al credito del fondo Inarcassa non solo a chi è in regola con i contributi, ma includendo anche i colleghi morosi, con la finalità principale e diretta di fargli ripianare il loro debito e di mettersi in regola con i pagamenti per poter avere sufficienti risorse da investire nel rilancio della propria attività. Il tutto seguendo il principio costituzionale della sussidiarietà.
L'arch. Pellegrino in una lunga intervista ha risposto ad alcune domande qui di seguito riportate.
D: Serena, la tua proposta è estremamente interessante, si riconosce subito che non si tratta di un sussidio, ma di un provvedimento forte. Da quali considerazioni è nata?
Da anni la categoria degli architetti e degli ingegneri - professionisti afferenti alla stessa cassa di previdenza - versano in una condizione di totale precarietà.
Questo è accaduto senz’altro a causa della crisi internazionale del 2008, ma hanno contribuito, in modo irreversibile, le varie riforme che si sono susseguite: da quella del 2006, attuata con il cosiddetto decreto delle “Lenzuolate”, alla riforma Fornero che prese di mira anche le libere professioni. Riforme che venivano messe in atto principalmente per far fronte alla crisi ma che hanno invece affossato il comparto delle costruzioni, dell’architettura e dell’edilizia privata ma anche delle piccole e grandi opere pubbliche.
Nel corso di questi anni ci siamo trovati nelle condizioni paradossali di produrre molto lavoro, troppo spesso non remunerato, fino ad arrivare ad un punto in cui non c’era nemmeno più commesse ma nello stesso tempo i professionisti si sono trovati costretti a mantenere in vita lo studio con i conseguenti oneri, spese e minimi contributivi da pagare nell’attesa di una, seppur lieve, ripresa. Questa non solo non è arrivata a causa di scelte politiche chiare che sono andate in direzione assolutamente opposta, ma oggi è stata definitivamente azzoppata da questa grave crisi che ha messo in ginocchio tutta la popolazione. Il paradosso è che – paradosso giustificato a mio avviso – il Governo ha considerato, tra le misure di emergenza prese in questi giorni, la nostra professione tra quelle utili e necessarie, al pari dei medici.
Quindi per il Governo siamo necessari e indispensabili. Vero. Peccato però che in regime di cosiddetta normalità non abbiamo più commesse.
E’ una lunga ma necessaria premessa per dirvi che davanti alle crisi è quanto mai necessario avere moti di creatività.
Ho colto quindi l’occasione di un baco sostanziale nel decreto chiamato “Cura Italia” che non include coloro che non sono in regola con i contributi versati alla Cassa di Previdenza (INARCASSA). Voglio ricordare che nella prima stesura non rientravano nemmeno i liberi professionisti afferenti alle casse cosiddette private. A seguito della sollecitazione dei gruppi parlamentari, delle associazioni del settore e di numerosi professionisti, sono state prese le misure dovute anche per questi lavoratori. Ebbene la nostra cassa nelle scorse settimane ha deliberato un importante misura a favore degli iscritti ovvero quella di poter beneficiare di un prestito a tasso zero fino a 50.000 euro. Peccato che INARCASSA abbia discriminato proprio chi si è trovato in una situazione di difficoltà.
Ed è così che mi è balzato in mente il principio di sussidiarietà sancito dalla Costituzione. Se siamo una comunità dobbiamo utilizzare le leggi della comunità. Il nostro codice deontologico ci soccorre poiché non prevede la legge del “mors tua vita mea”, ovvero quella promossa dalla concorrenza tanto auspicata attraverso le riforme filo liberiste che ci vogliono tutti contro tutti.
D: Noi pensiamo, come te, che il fondo di scopo predisposto dal governo possa essere “aperto” anche a questa tua proposta e possa davvero diventare un volano per consentire anche ai colleghi, che non hanno potuto pagare negli anni passati i contributi, di riacquistare fiducia. Sai bene, però, che questa proposta potrà essere criticata da più parti. Cosa puoi dire ai tanti colleghi che invece hanno sempre rispettato le scadenze per il pagamento dei contributi?
Non c’è una proposta che non abbia i suoi oppositori e talvolta anche detrattori. Per fortuna, dico io, altrimenti non saremmo in regime di democrazia.
Ai colleghi, soprattutto a quelli che con enorme fatica hanno provveduto a rimanere in regola e che il futuro non è roseo e che tutti, davvero tutti domani possiamo trovarci nelle stesse identiche condizioni. La libera professione non è un posto fisso a tempo indeterminato, l’abbiamo scelto con tutti i suoi rischi quindi mi sento di dire a questi colleghi che la nostra comunità deve dimostrare proprio in questo momento la sua forza contrattuale nel suo insieme: più siamo con le carte in regola più peso sociale abbiamo.
D: Ritieni che ci siano i margini affinché la tua proposta sia accolta?
Sono profondamente convinta che il Presidente di INARCASSA Santoro, il Consiglio di Amministrazione e non ultimo il Consiglio dei Delegati - che lo voglio ricordare sono il nostro “Parlamento” - non si farà sfuggire la grande opportunità di ripianare un credito contratto con i suoi iscritti per mettere a posto immediatamente il “tesoretto” della nostra cassa, da sempre invidiata, ad un costo sostanzialmente irrisorio visti i tassi di interessi attuali, e di fatto distribuito sull’intera comunità. In questo modo metterebbe di nuovo tutti nelle condizioni di ripartire e di avere un forte “esercito” pronto ad essere operativo al momento della ripresa che, se sarà ben programmata e progettata, ne avrà bisogno tanto quanto il pane.
D: Non pensi che sia preferibile adottare una rateizzazione del finanziamento a tasso zero su tempi più lunghi, portandola da 5 a 10 anni, per consentire ai colleghi di avere un margine temporale più ampio per recuperare?
Credo che se si ampliassero i tempi di restituzione del debito l’operazione diventerebbe molto meno sostenibile. Piuttosto proporrei di fare una revisione alla scadenza dei cinque anni attraverso una analisi di quello che è scaturito a seguito di questa importante operazione. Sia chiaro che questo prestito è utilizzabile da tutti e quindi la platea è molto ampia. Piuttosto proporrei ad INARCASSA di essere protagonista e forte interlocutore con il Governo in carica – sia questo sia i prossimi – per essere promotrice di politiche che favoriscano la ripresa attraverso la distribuzione dei progetti e che si evitassero le soluzioni attraverso la solita e trita ricetta delle grandi opere. La più grande opera che necessita il nostro paese è la messa in sicurezza del territorio dal dissesto idrogeologico, il recupero di tutto il patrimonio architettonico, artistico ed edilizio pubblico e privato e la sicurezza di tutte le opere e infrastrutture pubbliche ormai obsolescenti. Se cominciassimo con queste proposte vedrete che di professionisti architetti ed ingegneri ce ne sarebbero fin troppo pochi e saremmo costretti ad importarne piuttosto che vederli prendere il volo.
Nel paese dell’Arte, dell’Architettura e dell’Ingegneria non c'è posto per architetti e ingegneri? No! C’è solo la miopia di chi la ricchezza la vede dentro altre voci che invece hanno dimostrato tutta la loro povertà.
D: Abbiamo l’impressione che la storica mancanza di programmazione e l’assenza di interesse della gran parte della classe politica e dei governi, per la risoluzione delle tante criticità della nostra professione, abbia influenzato le scelte di questi giorni di grave emergenza. Tu che ne pensi?
Le scelte di questi giorni sono la “pezza” messa ad un sistema che aveva dimostrato tutte le sue criticità già all’inizio degli anni duemila. La crisi del 2008 e le misure messe in campo nel 2012, sostanzialmente identiche a quelle che ci hanno fatto entrare a piè pari nella crisi, hanno aggravato la situazione.
Oggi, se non invertiamo radicalmente la rotta, rischiamo di fare lo stesso errore. Per uscire da questa crisi è necessario fare un reset e rimettere in ordine le priorità: in primis valutare ciò che è utile e non ciò che fa fare solo utili. Mi spiego per evitare di essere mal interpretata: non è necessario aprire cantieri inutili pur di dare un lavoro a mille operai che durano il tempo di un cantiere, ma sarà necessario fare un importante “progetto Italia” dalla grande alla piccola scala. Solo così apriremmo un grande cantiere sempre attivo e che non si fermerà mai senza consumare ancora suolo e mantenendo un patrimonio incommensurabile invidiato, ammirato e amato da tutto il mondo. L’Italia è stata da sempre la “gamba” del mondo, dai tempi della civilizzazione. La dimostrazione? Ogni giorno si aggiunge un nuovo paese disposto ad aiutarci.
La proposta, pubblicata nel gruppo Facebook del Comitato Professioni Tecniche da Lunedì 30 marzo, ha ricevuto in tempi brevi centinaia di sottoscrizioni. Ora, più di prima, è necessario che i liberi professionisti dell'area tecnica, gli ormai famosi ATECO-71 a cui il DPCM 22 Marzo 2020 riconosce il carattere di essenzialità e di pubblica utilità, prendano coscienza del fatto che si deve fare massa critica per lavorare a costruire le tutele che ci spettano per diritto costituzionale, ma che fino ad ora non ci sono mai state riconosciute.
Per tale ragione invitiamo tutti i colleghi ad iscriversi nel gruppo del Comitato Professioni Tecniche e a partecipare al dibattito sui temi cari alla nostra professione, per costruire un futuro diverso, migliore.
A cura di Michele Privitera e
Raffaella Forgione
Comitato Professioni Tecniche
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