Irap: Doccia fredda per i professionisti anche con strutture minimali

30/09/2011

E' stata depositata il 27 settembre 2011 la Sentenza della Corte Suprema di Cassazione n. 19688 che accoglie un ricorso dell'Agenzia delle Entrate avverso la sentenza n. 27/2005 della Commissione tributaria regionale di Roma. Nella citata sentenza n. 27/38/05, depositata l'11 aprile 2005, la Commissione tributaria accoglieva l'appello presentato da alcuni contribuenti in merito al rimborso dell'Irap pagata per gli anni 1998 e 2000, per le rispettive libere professioni di ragioniere economista d'azienda, di avvocato e ragioniere commercialista.

In particolare i giudici della Commissione tributaria affermavano che nel caso in esame non era possibile riscontrare un'attività autonoma svolta con organizzazione da parte dei contribuenti. Da qui il ricorso dell'Agenzia delle Entrate contro la sentenza della Commissione tributaria per cinque motivi dei quali di particolare interesse è il terzo in cui si lamenta "violazione di norme di legge, poiché il giudice di appello non considerava che i contribuenti sono liberi professionisti, che perciò operano con autonoma organizzazione e, quindi, non in maniera subordinata o di collaborazione, se saltuaria od occasionale, bensì con struttura propria, ancorché di modesta entità, tale da costituire la base reale dell'imposizione specifica, e ciò anche prescindendo dal reddito finale".

La sentenza n. 19688/2011 della Suprema Corte, condividendo la tesi dell'Agenzia delle entrate, ha osservato "che non era dato riscontrare la presenza di un'autonoma organizzazione nei confronti dei professionisti di che trattasi, posto che invece si trattava di attività svolta con un assetto organizzativo di rilievo minimale, che quindi non consentiva di ravvisare gli elementi sufficienti per farne scaturire la tassazione, anche perché l'elemento organizzativo di regola non è riscontrabile nell'attività di lavoro autonomo".

La Commissione Tributaria Regionale, contro cui l'appello era stato proposto, aveva osservato che per i professionisti in questione non era dato riscontrare la presenza di un'autonoma organizzazione, posto che si trattava di attività svolta con assetto organizzativo di rilievo minimale e che, quindi, non consentiva di ravvisare gli elementi necessari per far scaturire la tassazione, ammettendo, infine, che l'elemento organizzativo non è di regola riscontrabile nell'attività di lavoro autonomo.

La Suprema Corte, ridimensionando totalmente l'assunto della CTR, ha considerato che per l'imposizione dell'IRAP è necessaria la presenza di una struttura che costituisca un di più rispetto agli elementi minimi richiesti per l'esercizio dell'attività professionale. Ciò premesso, l'applicazione dell'IRAP è esclusa solo se si tratta di attività non autonomamente organizzata.

La sentenza apre, dunque, nuovi scenari in merito al pagamento dell'IRAP per i professionisti e ha ricordato che il requisito di autonoma organizzazione ricorre quando il contribuente:
  • sia sotto qualsiasi forma il responsabile della organizzazione e non sia inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità o interesse;
  • impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l'id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l'esercizio della attività in assenza di organizzazione oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui.

Il professionista è escluso dall'applicazione dell'IRAP soltanto qualora si tratti di attività autonomamente organizzata, la cui verifica spetta al Giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivata.

Ma potrebbe verificarsi che il caso non sia chiuso anche se la sentenza in argomento mette in discussione quanto è stato detto finora sull'Irap dei piccoli professionisti.

Le sentenze della Cassazione sono state, sin'ora, ondivaghe e basta ricordare:
  • la n. 10271 di quest'anno con cui viene precisato che paga l'Irap l'avvocato che ha una sola segretaria part-time e che scatta il rimborso in favore del piccolo professionista che ha lo studio in affitto;
  • la n. 24953 dell'anno scorso con cui la stessa Suprema Corte ha affermato che sono esenti da Irap i medici di base che posseggono uno studio perché lo stesso costituisce il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività professionale.

La realtà è, forse, un'altra ed è quella che anche le sentenze sono figlie dei momenti economici in cui sono scritte. Forse, sarebbe, invece, il caso che i Giudici decidessero una volta e per tutte evitando sentenze che lasciano nel dubbio tutti.

Alla prossima sentenza.

A cura di Gabriele Bivona


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