L'estate delle riforme

29/08/2012

E anche la spending review è andata, ivi compreso il prelievo forzoso previsto dall'art. 8 per la nostra cassa di previdenza. Prima di Ferragosto sono riusciti a concludere tutto (riforma delle professioni - decreto sviluppo - spending review) e di buono per noi non ne è venuto nulla.
Se riepiloghiamo quanto avvenuto dal 20 luglio al 7 agosto, troveremo che per noi liberi professionisti non ci sono stati vantaggi: tutti i provvedimenti presi ci portano ulteriori oneri e limitazioni. In nome della sostenibilità, dell'equità intergenerazionale, del risparmio per la collettività, della libera e leale concorrenza, hanno creato di fatto una congerie perversa di elementi negativi che porteranno a minare alla base la sopravvivenza stessa della libera professione.

Li vogliamo ricordare?
  • passaggio dal retributivo al contributivo, con contributi di solidarietà e limitazione al tasso di rivalutazione; (Riforma della previdenza);
  • nuovi corrispettivi di riferimento (mai più utilizzare il termine "tariffe") purchè più bassi di quelli previgenti (con prestazioni da eseguire in aumento); (Decreto Sviluppo);
  • una riforma dell'ordinamento professionale attraverso la quale si sarebbe potuto finalmente fare chiarezza, ma che non ha comportato quasi nulla di epocale, a parte l'assicurazione obbligatoria - che peraltro tutti i liberi professionisti che vivono di libera professione avevano già;
  • un prelievo forzoso dalla nostra cassa di previdenza alla quale era stato chiesto di essere sostenibile ma alla quale poi sono stati in parte richiesti i suoi risparmi - e non in prestito; (Spending review)
  • un incarico diretto a Fintecna, per decreto, che avrebbe fatto campare diversi professionisti (e il libero mercato?); (Spending review).

Il lavoro potrà non essere un diritto nel senso che lo Stato non può permettersi di pagare un lavoro che non c'è, come ha avuto modo di dire il Ministro Fornero, ma gli ingegneri ed architetti liberi professionisti il proprio lavoro fino ad ora l'avevano, non hanno mai avuto pensioni o casse integrazioni pagate con denaro della collettività e non si vede perché vengano ora messi nelle condizioni di non poterlo più svolgere da condizioni che non solo impediscono di crescere ma anche di continuare ad operare.
Scriveva, all'indomani dell’approvazione della Riforma delle Professioni, Dario Di Vico sul Corriere della sera: “l'industria italiana per resistere alla recessione ha bisogno di rinnovarsi e dovrebbe poter trovare nel mondo delle professioni una sponda decisiva” .
Questo è quello che vogliamo sia fatto. Lo andiamo ripetendo da tanto tempo, anche nell'ultima lettera inviata alle autorità nazionali.
Chiediamo di essere messi nella condizione di operare. Chiediamo essenzialmente di lavorare. Riteniamo di essere in grado di costituire una sponda decisiva, non solo per l’industria, come dice Di Vico, ma per il territorio e per la collettività, utilizzando le nostre conoscenze e competenze, nel più totale rispetto delle leggi, per l'avanzamento sociale e la ripresa economica del paese.
Se le nostre richieste continueranno ad essere disattese o peggio ancora ritenute fastidiose o petulanti, dobbiamo a maggior ragione essere noi i primi a crederci, come categoria, facendo quel passo avanti che ci farà uscire da nostro piccolo orto che, se non ci risolviamo a guardare da un’altra angolazione, verrà presto coltivato da altri e probabilmente peggio.

A cura di Inarsind


© Riproduzione riservata

Link Correlati

Inarsind