La Rubrica di Lino Bellagamba: Pubblica illuminazione, risparmio energetico e finanza tramite terzi

25/01/2012

Un Comune deve affidare ad un operatore economico il contratto per la progettazione e la realizzazione di impianti per la produzione di energia elettrica e termica da fonti rinnovabili, ma anche per il risparmio energetico. Gli sprechi diminuiscono, l'efficienza dei sistemi aumenta.
Di che contratto pubblico si tratta?

La norma di riferimento è data dal D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 115 ("Attuazione della direttiva 2006/32/CE relativa all'efficienza degli usi finali dell'energia e i servizi energetici e abrogazione della direttiva 93/76/CEE").
L'obiettivo da conseguire è quello del "risparmio energetico". Tale si intende "la quantità di energia risparmiata, determinata mediante una misurazione o una stima del consumo prima e dopo l'attuazione di una o più misure di miglioramento dell'efficienza energetica" (art. 2, comma 1, lett. d)).
Lo strumento finanziario apprestato dall'ordinamento è quello del "finanziamento tramite terzi". Tale si intende l'"accordo contrattuale che comprende un terzo, oltre al fornitore di energia e al beneficiario della misura di miglioramento dell'efficienza energetica, che fornisce i capitali per tale misura e addebita al beneficiario un canone pari a una parte del risparmio energetico conseguito avvalendosi della misura stessa. Il terzo può essere una ESCO" (art. 2, comma 1, lett. m)).
La "ESCO" è una "persona fisica o giuridica che fornisce servizi energetici ovvero altre misure di miglioramento dell'efficienza energetica nelle installazioni o nei locali dell'utente e, ciò facendo, accetta un certo margine di rischio finanziario. Il pagamento dei servizi forniti si basa, totalmente o parzialmente, sul miglioramento dell'efficienza energetica conseguito e sul raggiungimento degli altri criteri di rendimento stabiliti" (art. 2, comma 1, lett. i)).

Per il nostro Comune si tratta ora di capire se il contratto con cui l'altra parte si obbliga ad eseguire la progettazione dell'opera pubblica-impianto, ad eseguire l'opera pubblica-impianto progettata ed a fornire il servizio, sia un appalto (magari misto o atipico) ovvero una concessione.
Ora, poiché il nostro Comune, a fronte dell'opera pubblica-impianto da progettarsi e da costruirsi, non verserà all'altra parte il relativo corrispettivo integrale, qui non si è proprio in presenza di un appalto pubblico: né di lavori, né di servizio, né misto.

Eppure, secondo un confusionario legislatore, si tratterebbe di un appalto pubblico.
L'art. 15 del decreto legislativo ("Procedure di gara") parla infatti esplicitamente di "appalti pubblici (…) aventi ad oggetto l'affidamento della gestione dei servizi energetici e che prevedono unitamente all'effettuazione di una diagnosi energetica, la presentazione di progetto in conformità ai livelli di progettazione specificati dall'articolo 93 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, nonché la realizzazione degli interventi attraverso lo strumento del finanziamento tramite terzi", "anche in mancanza di progetto preliminare redatto a cura dell'Amministrazione" (comma 1). "Alla individuazione degli operatori economici che possono presentare le offerte nell'ambito degli appalti di cui al comma 1, si provvede secondo le procedure previste dall'articolo 55 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163" (comma 2).
Ora, nel contesto del menzionato art. 15 del decreto legislativo, non è proprio possibile che all'adottata formulazione di "appalti pubblici" - in relazione allo "strumento del finanziamento tramite terzi" - possa darsi il significato tecnico-giuridico che l'espressione stessa di "appalti pubblici" ha nella direttiva comunitaria (Dir. 2004/18/CE) e, in modo conforme, nel codice dei contratti pubblici (D.Lgs 163/2006). Essa, in linguaggio grossolanamente a-tecnico, può solo indicare un "contratto pubblico". Poi, è tutto da vedere se questo generico "contratto pubblico" configuri propriamente un "appalto pubblico" ovvero una "concessione".
Al di là del nomen, è già banale dover ricordare che, al fine della ricostruzione della figura di cui si tratti, deve sempre essere prevalente la sostanza giuridica, secondo i cànoni generali e indefettibili della materia quali delineati dalle fonti (e dalla giurisprudenza consolidata).

In negativo, abbiamo già detto che non può trattarsi di "appalto pubblico", in quanto il nostro Comune aggiudicatore non versa il prezzo, quale corrispettivo per l'esecuzione delle prestazioni ricevute (progettazione, lavori, servizio).
In positivo, ci sono tutte le ragioni per potersi affermare, senza alcuna incertezza interpretativa, che si tratta di una "concessione" di lavori pubblici e non di un "appalto".

Già il concetto di "finanziamento tramite terzi" di cui al D.Lgs. 115/2008 evoca l'ambiente giuridico della finanza di progetto. Esso fa pendant con il D.Lgs. 163/2006, art. 128 ("Programmazione dei lavori pubblici"), comma 2: "In particolare le amministrazioni aggiudicatrici individuano con priorità i bisogni che possono essere soddisfatti tramite la realizzazione di lavori finanziabili con capitali privati, in quanto suscettibili di gestione economica". Parimenti, è il concetto di "affidamento della gestione" di cui all'art. 15 del D.Lgs. 115/2008 che richiama ancora una volta il contratto di concessione.
Quando "un terzo (…) fornisce i capitali (...) e addebita al beneficiario un canone pari a una parte del risparmio energetico conseguito" (D.Lgs. 115/2008, art. 2, comma 1, lett. m)), si evidenzia una concessione "fredda" in cui il nostro Comune è l'acquirente stessa del servizio gestionale. L'ipotesi si avvicina a quella in cui le "amministrazioni aggiudicatrici possono affidare in concessione opere destinate alla utilizzazione diretta della pubblica amministrazione, (…) a condizione che resti a carico del concessionario l'alea economico-finanziaria della gestione dell'opera" (D.Lgs. 163/2006, art. 143, comma 9).
L'operatore economico terzo progetta, esegue e gestisce l'opera pubblica-impianto. Egli remunera il capitale investito (quanto meno) tramite il "canone pari a una parte del risparmio energetico conseguito". L'"alea economico-finanziaria della gestione dell'opera" è data dal "margine di rischio finanziario" che la ESCO deve accettare (D.Lgs. 115/2008, art. 2, comma 1, lett. i)): infatti, il "pagamento dei servizi forniti" non è dovuto in modo da remunerare comunque il capitale investito, ma "si basa, totalmente o parzialmente, sul miglioramento dell'efficienza energetica conseguito e sul raggiungimento degli altri criteri di rendimento stabiliti". Sintomatico, poi, il fatto che si parli di "pagamento dei servizi forniti" e non di pagamento della progettazione e dell'esecuzione dell'impianto.
Altro tratto tipico del contratto di concessione è che l'impianto realizzato andrà solo in un secondo momento in piena proprietà al nostro Comune aggiudicatore, al termine del periodo di durata della gestione (stabilito, secondo piano economico-finanziario, in modo sufficientemente lungo da poter remunerare il capitale investito dall'operatore economico).
Inoltre, se anche si volesse parlare di appalti pubblici di lavori in senso proprio, non sussiste nel codice dei contratti (che l'art. 15 del D.Lgs. 115/2008 richiama), la possibilità di un appalto "anche in mancanza di progetto preliminare redatto a cura dell'Amministrazione" (comma 1 dell'art. 15 medesimo). Senza progetto preliminare, guarda caso, si può procedere proprio e soltanto in concessione ai sensi dell'art. 153 del codice dei contratti pubblici. E ciò era vero anche nel project financing disciplinato dall'ordinamento al momento di entrata in vigore del D.Lgs. 115/2008.

Infine, non è sufficiente che si proceda ad una gara quale che essa sia. Sotto questo profilo, la previsione di cui al D.Lgs. 115/2008, art. 15, comma 2 ("Alla individuazione degli operatori economici che possono presentare le offerte nell'ambito degli appalti di cui al comma 1, si provvede secondo le procedure previste dall'articolo 55 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163") non è risolutiva del problema. Del resto, per un caso del tutto simile, in cui si è trattato di capire se il contratto in materia di servizi fosse di concessione ovvero di appalto, cfr. Corte di Cassazione civile, sezioni unite, 27 maggio 2009, n. 12252: "il riferimento relativo all'appalto attiene esclusivamente alla sola scelta del tipo di procedimento di evidenza pubblica da esperire per l'affidamento".
Il principio di concorrenzialità esige non solo la tipicità di procedura (cfr., da ultimo, Corte di Giustizia, III, 10 dicembre 2009, n. C-299/08), ma anche la tipicità del contratto della fattispecie. Per "l'esclusione della possibilità di ricorrere ad altri istituti contrattuali non contemplati dalle direttive comunitarie", cfr. anche T.A.R. Campania, Salerno, I, 2 novembre 2006, n. 1949. Ma cfr., soprattutto, Corte Giustizia C.E., C-382/05, 18 luglio 2007, sulla questione se debba trattarsi di appalto ovvero di concessione (in materia di servizi). Non è affatto rilevante la qualificazione nazionale data al contratto pubblico di cui si tratti: "Poiché il governo italiano ha insistito diverse volte sul fatto che, secondo la giurisprudenza nazionale, convenzioni come quelle controverse devono essere qualificate come concessioni di servizi, è opportuno rammentare, in via preliminare, che la definizione di appalto pubblico di servizi rientra nella sfera del diritto comunitario, per cui la qualificazione delle convenzioni controverse nell'ordinamento italiano non è pertinente al fine di accertare se queste ultime rientrino nell'ambito d'applicazione della direttiva 92/50 (v., in tal senso, sentenze 20 ottobre 2005, causa C 264/03, Commissione/Francia, Racc. pag. I 8831, punto 36, e 18 gennaio 2007, causa C 220/05, Auroux e a., non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 40). (…) Di conseguenza, la questione se le convenzioni controverse debbano o meno essere qualificate come concessioni di servizi va valutata esclusivamente alla luce del diritto comunitario".

In definitiva, il nostro contratto è di concessione e non di appalto, di lavori e non di servizio. Viene in essere una nuova opera pubblica-impianto, nel cui ambito lo svolgimento del servizio è strumentale a remunerare l'implementazione dell'opera stessa.
In questo contesto, costituisce una radicale illegittimità procedere, per esempio, con il mero affidamento di un contratto di cessione di diritto di superficie per installare l'impianto. Si tratta di una scorciatoia per evitare di dover applicare la disciplina sulla concessione di lavori.
Peraltro, oggi, il nuovo comma 19 dell'art. 153 del codice dei contratti pubblici consente al nostro Comune di stare alla finestra, per così dire, e di sollecitare con un avviso indicativo informale la presentazione di proposte da parte dei privati, con assegnazione ad una di queste del diritto di prelazione al fine dell'affidamento finale del contratto di concessione di lavori, ovvero di "finanziamento tramite terzi".

A cura di Lino Bellagamba - http://www.linobellagamba.it


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