La nota di aggiornamento al DEF e il ruolo della centrale unica di progettazione nella fase esecutiva del contratto di appalto
31/10/2019
I recenti plurimi episodi di corruzione nella gestione degli appalti, hanno nuovamente portato alla luce il vero nodo gordiano delle opere pubbliche in Italia, che riguarda non tanto (e non solo) la fase di gara, ma soprattutto quella esecutiva del contratto.
Come noto, infatti, la fase pubblicistica della gara è dotata dalla normativa in materia e dalla concreta attività delle autorità preposte, anzitutto l’ANAC, di penetranti presidi di legalità e di controlli “esterni” alla stazione appaltante (ancorché meramente documentali), mentre - a ben vedere - la fase di realizzazione dei lavori, a valle dell’aggiudicazione, risulta sostanzialmente rimessa all’autonomia negoziale delle parti, alle norme del Capitolato e alla diligenza dei direttori dei lavori preposti ad interloquire “in via esclusiva con l’esecutore in merito agli aspetti tecnici ed economici del contratto” (cfr. art. 101, comma 3, codice appalti).
Nessun controllo “esterno” (e sovraordinato) rispetto alle parti è dunque previsto dall’attuale normativa nella fase realizzativa dei lavori, eccetto in due ipotesi residuali: 1) l’obbligo di comunicazione all’ANAC delle varianti in corso d’opera ex art. 106 D.lgs. 50/2016; 2) la normativa ex art. 32 del decreto-legge 24 giugno 2014, nr. 90 che ha introdotto, qualora la commessa pubblica sia stata interessata da fenomeni corruttivi, le misure del commissariamento dell’impresa da parte dell’ANAC, del commissariamento del cantiere o dell’ordine di rinnovo degli organi societari, della straordinaria e temporanea gestione della stessa impresa.
I risultati derivanti dalla (quasi) totale assenza di controlli in ordine alla corretta esecuzione del contratto di appalto sono evidenti: i fenomeni corruttivi derivanti da omessi controlli sono purtroppo ciclicamente ricorrenti e le stesse modifiche contrattuali, nonostante l’iniziale disfavore del legislatore nei confronti dell’appalto integrato, non sono diminuite, ma anzi proseguono come nel passato confermandosi anche una “relazione fra ribassi di gara elevati e varianti”. È quanto viene confermato da una puntuale analisi dell’ANAC che, già nel Comunicato del Presidente ANAC del 1 marzo 2018 di aggiornamento del Comunicato del Presidente del 24.11.2014, recante ‘Prime valutazioni sulle varianti in corso d’opera trasmesse dalle Stazioni Appaltanti’ evidenziava, come su 186 appalti di importo superiore a un milione di euro, in numerosi casi la variante assorbe il ribasso di aggiudicazione, in tutto o in parte. In particolare, ben 119 appalti (per una percentuale pari al 64% del totale) evidenziavano varianti la cui percentuale sull’importo contrattuale si è collocato tra il 50% ed il 150% del ribasso di aggiudicazione.
Ed è ulteriormente sintomatico di tale modus procedendi nell’esecuzione dei contratti di appalto, che la stessa Autority sia nuovamente intervenuta con la delibera n. 759 del 4/9/2019, avente ad oggetto “Procedura aperta per l’affidamento dell’appalto integrato di progettazione esecutiva ed esecuzione dei lavori di costruzione del nuovo molo centrale dell’aerostazione internazionale (Molo C) dell’aeroporto di Fiumicino - con la quale ha rilevato, in un appalto integrato del valore di circa
170.000 euro, l’illegittimità di ben 4 perizie di varianti, oltre l’illegittimità di accordi intercorsi per la definizione del contenzioso e il frazionamento in più contratti di subappalto di ulteriori attività residue. Un triste caso di scuola, insomma, che tuttavia palesa drammaticamente il costo per il pubblico erario dello “scollamento” fra le attività di progettazione e la fase esecutiva del contratto, che non può (e non deve) essere risolta approssimativamente da una mal celata reintroduzione dell’appalto integrato, il cui divieto ex art. 59, comma 1, quarto periodo del codice appalti, come noto, è stato “sospeso” dal c.d. decreto “Sblocca cantieri” fino il 31 dicembre 2020 (cfr. d.l. 32/2019, art. 1, comma 1, lett. ll).
Il ruolo della nuova Centrale unica di progettazione
In tale contesto non può che salutarsi con favore quanto previsto dalla Nota di aggiornamento al DEF 2019 (di seguito, “NADEF”) che, tramite il rilancio della “Centrale per la progettazione di beni ed edifici pubblici”, si propone di valorizzare proprio la fase progettuale dei lavori, tentando così di sopperire alla carenza strutturale di personale specializzato all’interno delle piccole/medie stazioni appaltanti (soprattutto locali).
Invero, questa nuova struttura non è mai diventata operativa, in quanto il DPCM, alla cui emanazione il comma 162 della legge di bilancio 2019 ne subordinava l’attivazione, non è ancora stato formalizzato e, lo stesso DPCM del 15 aprile 2019 (citato dalla NADEF) in realtà non ha mai visto la luce. Dalle bozze circolate informalmente, risulta tuttavia che la nuova Centrale verrebbe amministrativamente allocata presso l’Agenzia del Demanio, ciò che del resto viene ora espressamente confermato anche dal predetto documento contabile, che dà invero tale passaggio come già avvenuto, mentre in realtà, a quanto consta, non si è mai perfezionato.
Nel dettaglio, la nuova struttura, “ferme restando le competenze delle altre amministrazioni, su richiesta delle amministrazioni centrali e degli enti territoriali interessati, che ad essa possono rivolgersi ai sensi dell’articolo 24, comma 1, lettera c), del codice di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, previa convenzione”, sarà chiamata a svolgere le proprie funzioni, nei termini che stabilirà l’emanando precitato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri “al fine di favorire lo sviluppo e l’efficienza della progettazione e degli investimenti pubblici, di contribuire alla valorizzazione, all’innovazione tecnologica, all’efficientamento energetico e ambientale nella progettazione e nella realizzazione di edifici e beni pubblici, alla progettazione degli interventi di realizzazione e manutenzione, ordinaria e straordinaria, di edifici e beni pubblici, anche in relazione all’edilizia statale, scolastica, universitaria, sanitaria e carceraria, nonché alla predisposizione di modelli innovativi progettuali ed esecutivi per edifici pubblici e opere similari e connesse o con elevato grado di uniformità e ripetitività”.
Il tenore del testo normativo appena citato lascia ampi margini attuativi e probabilmente è un bene, perché, così come attualmente prevista, la nuova struttura sembrerebbe orientata a fornire un supporto più all’edilizia pubblica e alla sua manutenzione, che non allo sviluppo infrastrutturale del Paese (strade, porti, grandi reti di viabilità). E ciò sarebbe un peccato, perché, è soprattutto il settore infrastrutturale (anche immateriale) ad avere urgente bisogno di una struttura unica e centrale, cui le stazioni appaltanti periferiche, per lo più sprovviste di personale tecnico interno, potrebbero agevolmente ricorrere per la redazione di progetti efficienti ed efficaci. Come sopra rilevato, infatti, al fine di concretare un reale beneficio in termini di costi e tempi alla realizzazione dei lavori pubblici, non si tratta soltanto di redigere studi di fattibilità o di progetti, ma altresì di verificarne la tenuta in sede di esecuzione del contratto.
In tale ottica, la stessa allocazione della Struttura prevista presso l’Agenzia del Demanio appare probabilmente riduttiva e non realmente funzionale alle reali potenzialità della Struttura.
Probabilmente, infatti, sarebbe più efficace ed efficiente allocarla presso lo stesso Ministero delle infrastrutture. Ciò avrebbe due portati positivi: anzitutto, la valorizzazione del ruolo del ruolo del Ministero quale ente chiamato a supportare (oltre che a vigilare) le amministrazioni appaltanti fin dalla fase prodromica alla gara. In secondo luogo, di concentrare in un stesso soggetto pubblico la redazione del progetto e al contempo la verifica della sua tenuta in sede esecutiva, in stretto raccordo istituzione e operativo con l’ANAC (soprattutto) mediante una costante e puntuale verifica della legittimità di varianti. Con ciò che ne potrà conseguire positivamente anche in termini di un eventuale accertamento di responsabilità conseguenti ad un errata o superficiale validazione e verificazione dei progetti. Senza contare il ruolo che la nuova centrale potrebbe assumere anche nella redazione dei Capitolati speciali tipo, il cui contenuto, in assenza di controlli “esterni” all’esecuzione dei lavori, è quanto mai fondamentale per perimetrare e quindi verificare ex post la stessa attività in cantiere dei direttori dei lavori.
Ma vi è di più. L’allocazione della Centrale nell’ambito istituzionale del MIT, potrebbe superare anche le censure mosse dall’Ordine degli architetti di Palermo alla recente istituzione dell’”Ufficio speciale per la progettazione”, struttura istituita dalla Regione Sicilia con funzioni sostanzialmente analoghe a quelle della costituenda Struttura nazionale. Nel dettaglio, con ricorso al TAR Palermo, l’Ordine degli architetti Siciliano, ha rilevato una possibile violazione dell’art. 24 Codice appalti, in quanto porrebbe gli operatori privati in una posizione discriminata e meno favorevole, facendo venir meno la netta distinzione tra controllori e controllati ed incrementando, ancor di più, la crisi in cui versa il settore edilizio e delle opere pubbliche. Tuttavia, lasciando al Giudice amministrativo ulteriori rilievi, mentre in ambito locale è la stessa Regione che si troverebbe a valutare in sede concorsuale i progetti redatti dal proprio ufficio di progettazione, nel caso della Centrale (così riallocata) ciò non potrebbe avvenire, non assumendo il MIT (se non marginalmente per gli appalti da lui stessi indetti) anche il ruolo di stazione appaltante, ma soltanto di supporto alle Amministrazioni appaltanti mediante un proprio organo operativo (la Centrale), senza alcun conflitto di interesse tra controllore e controllato.
La nuova possibile allocazione amministrativo-istituzionale della nuova Struttura (Agenzia?), potrebbe consentire, peraltro, un parziale superamento di alcune critiche avanzate anche dall’Istituto Nazionale di Architettura, che vorrebbe trasformare la Centrale in una struttura per la sola promozione della qualità delle opere pubbliche sul modello della “Missione Interministeriale pour la Qualité des Constructions Publiques francese”. Tale ente pubblico francese, tuttavia, è bene chiarirlo, non elabora progetti, ma supporta soltanto tutte le pubbliche amministrazioni ad elaborare una domanda di progetto, organizzazione delle procedure, gestione dei processi così da controllarne gli esiti con l’obiettivo di migliorare la qualità tecnica delle opere. Se così è, appare evidente che mutuare la “Missione Interministeriale” nel nostro ordinamento non appaia affatto utile alle reali esigenze del sistema, in quanto non funzionale a scongiurare il vero vulnus nella realizzazione delle opere pubbliche, che, come rilevato, non è tanto (e non solo) il miglioramento qualitativo delle opere (pur importante), ma evitare la redazione di progetti “fatti male”, e, in particolare, di progetti esecutivi, che, sebbene a norma dell’art. 23 Codice appalti devono essere messi “a base di gara”, non sono (spesso) altro che approssimativi progetti definitivi, con tutto quanto ciò che ne deriva in termini di ritardi nell’avvio dei lavori (si pensi alle dilaganti “consegne parziali” dei lavori), di perizie di varianti e di iscrizione da parte delle imprese di ingenti riserve contabili. Pur comprendendo, pertanto, le legittime istanze corporativistiche dell’Istituto nazionale di architettura, in ciò supportato anche dagli Ordini professionali degli architetti e degli ingegneri, queste critiche, volte a ritenere la costituenda Centrale una struttura foriera di alterazioni del mercato, non colgono nel segno.
Conclusione
In relazione alle vere criticità relative alla fase esecutiva dell’appalto, dunque, l’istituzione della Centrale unica appare una soluzione funzionale non solo ad offrire un efficace supporto alle Stazioni appaltanti centrali e locali nella fase progettuale, ma altresì, ove allocata nell’ambito amministrativo- istituzionale del MIT, anche sotto forma di una possibile Agenzia operativa, un valido strumento preventivo (e vigilante) di illegittime alterazioni e modifiche contrattuali in corso d’opera.
A cura di Avv. Andrea Napoleone
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