Legambiente su Sblocca Italia e ricerche petrolifere in Basilicata
09/02/2015
"Lo Sblocca Italia, seppur corretto su alcuni aspetti, continua
a dare carta bianca agli appetiti dei petrolieri, trasformando
l'Italia e in particolare la Basilicata in una colonia per le
trivelle". E' quanto sottolinea Legambiente Basilicata
a distanza di circa due mesi dall'approvazione della legge.
L'associazione fa il punto sulla questione petrolio in Basilicata - si legge su un comunicato di Legambiente Basilicata - rendendo noti gli ultimi dati aggiornati. Al 31 dicembre 2014 in Basilicata sono presenti 10 permessi di ricerca per un totale di 1.357,61 chilometri quadrati e 26 Comuni interessati. Le istanze di permesso di ricerca sono invece 18, di cui l'ultima, la "Tardiano" riguarda i Comuni lucani di Grumento Nova, Lagonegro, Moliterno, Sarconi, Tramutola, Castelsaraceno, Spinoso e Lauria. In totale sono 93 i Comuni della Basilicata interessati, tra permessi di ricerca e istanze di permesso interessando un territorio complessivo di 2.685,81 chilometri quadrati. Di questi, ben 33 ricadono in Area Parco e 7 nel territorio dell'istituendo Parco Regionale del Vulture".
Non tutti i Comuni sono interessati dallo stesso numero di provvedimenti. I più "fortunati" sono Potenza e Pignola (5 provvedimenti). A seguire, sono 11 i Comuni con 3 provvedimenti (Abriola, Baragiano, Bella, Brienza, Brindisi di montagna, Montalbano Jonico, Oppido Lucano, Ruoti, San Fele, Stigliano, Tito) e 25 i Comuni con 2 provvedimenti (Accettura, Albano di Lucania, Aliano, Atella, Barile, Castelmezzano, Filiano, Grassano, Marsico Nuovo, Miglionico, Montescaglioso, Muro Lucano, Picerno, Pietragalla, Pietrapertosa, Pomarico, Rapolla, San Chirico Raparo, San Mauro Forte, Sant'Arcangelo, Sasso di Castalda, Satriano, Savoia di Lucania, Tramutola e Tursi).
Resta dunque alto in Basilicata - prosegue il comunicato di Legambiente - il rischio concreto che l'applicazione dell'art.38, in base ad un presunto interesse nazionale, possa condannarla ad hub energetico destinato alla produzione di petrolio a danno di ogni altra ipotesi di sviluppo, con tutti i problemi ambientali che ne conseguirebbero.
E' facile prevedere che le nuove competenze riportate in capo al Governo ai sensi dell'art. 38 consentiranno velocemente di sbloccare i procedimenti in corso in Basilicata. Ciò significherà in prima battuta aumentare la produzione nel giacimento in Val d'Agri dagli attuali 80.000 barili al giorno non solo ai 104 mila barili comunque autorizzati negli accordi del 1998 tra Stato, Regione ed ENI, ma fino a 129 mila barili, cifra questa che inizia a ritornare in più atti dell'ENI e della Regione. A questa cifra si andranno poi ad aggiungere gli ulteriori 50 mila barili provenienti dal vicino giacimento Tempa Rossa della Total quando entrerà a pieno regime.
Alla luce dei numerosi Comuni lucani oggetto della corsa all'oro nero, vale la pena ancora mettere in evidenza il problema degli enti locali visto che la norma, così come concepita, costituisce un arretramento rispetto all'attuale formulazione del vigente articolo 6, comma 17 del Dlgs n. 152/2006 per quanto riguarda il coinvolgimento degli enti locali nei procedimenti autorizzativi per le attività offshore. Come osserva il professor Enzo Di Salvatore, docente di diritto costituzionale dell'Università di Teramo: "Un secondo problema riguarda la partecipazione degli Enti locali al procedimento. La legge n. 239 del 2004 aveva riconosciuto loro questo diritto. Successivamente la legge n. 99 del 2009 ha limitato la partecipazione degli Enti locali al procedimento finalizzato al rilascio dell'autorizzazione al pozzo esplorativo, alla costruzione degli impianti e delle infrastrutture connesse alle attività di perforazione. Ora il decreto sblocca Italia non fa più menzione degli Enti locali."
Se a ciò si aggiunge l'estensione delle procedure semplificate e accelerate ad una larghissima e imprecisata categoria di interventi, è evidente come ciò comporti una inibizione della capacità di intervento nell'iter autorizzativo di un numero indefinito di opere da parte di Regioni, enti locali e cittadini interessati.
E' inaccettabile immaginare ulteriori compromessi che mettano a rischio le preziose risorse idriche, naturali, economiche e storiche che il nostro territorio racchiude. Un patrimonio culturale, di biodiversità, produzioni tipiche e offerta turistica che solo una netta scelta a favore della conservazione ci permetterà di tutelare e valorizzare, puntando ad una concreta prospettiva di sviluppo per il futuro di gran parte del nostro territorio.
Sono in discussione il futuro di intere aree territoriali della Basilicata e lo stesso concetto di sviluppo che non può continuare ad essere imperniato sullo sfruttamento delle risorse petrolifere e del territorio ma sulla tutela dell'ambiente come elemento assolutamente imprescindibile.
© Riproduzione riservata
L'associazione fa il punto sulla questione petrolio in Basilicata - si legge su un comunicato di Legambiente Basilicata - rendendo noti gli ultimi dati aggiornati. Al 31 dicembre 2014 in Basilicata sono presenti 10 permessi di ricerca per un totale di 1.357,61 chilometri quadrati e 26 Comuni interessati. Le istanze di permesso di ricerca sono invece 18, di cui l'ultima, la "Tardiano" riguarda i Comuni lucani di Grumento Nova, Lagonegro, Moliterno, Sarconi, Tramutola, Castelsaraceno, Spinoso e Lauria. In totale sono 93 i Comuni della Basilicata interessati, tra permessi di ricerca e istanze di permesso interessando un territorio complessivo di 2.685,81 chilometri quadrati. Di questi, ben 33 ricadono in Area Parco e 7 nel territorio dell'istituendo Parco Regionale del Vulture".
Non tutti i Comuni sono interessati dallo stesso numero di provvedimenti. I più "fortunati" sono Potenza e Pignola (5 provvedimenti). A seguire, sono 11 i Comuni con 3 provvedimenti (Abriola, Baragiano, Bella, Brienza, Brindisi di montagna, Montalbano Jonico, Oppido Lucano, Ruoti, San Fele, Stigliano, Tito) e 25 i Comuni con 2 provvedimenti (Accettura, Albano di Lucania, Aliano, Atella, Barile, Castelmezzano, Filiano, Grassano, Marsico Nuovo, Miglionico, Montescaglioso, Muro Lucano, Picerno, Pietragalla, Pietrapertosa, Pomarico, Rapolla, San Chirico Raparo, San Mauro Forte, Sant'Arcangelo, Sasso di Castalda, Satriano, Savoia di Lucania, Tramutola e Tursi).
Resta dunque alto in Basilicata - prosegue il comunicato di Legambiente - il rischio concreto che l'applicazione dell'art.38, in base ad un presunto interesse nazionale, possa condannarla ad hub energetico destinato alla produzione di petrolio a danno di ogni altra ipotesi di sviluppo, con tutti i problemi ambientali che ne conseguirebbero.
E' facile prevedere che le nuove competenze riportate in capo al Governo ai sensi dell'art. 38 consentiranno velocemente di sbloccare i procedimenti in corso in Basilicata. Ciò significherà in prima battuta aumentare la produzione nel giacimento in Val d'Agri dagli attuali 80.000 barili al giorno non solo ai 104 mila barili comunque autorizzati negli accordi del 1998 tra Stato, Regione ed ENI, ma fino a 129 mila barili, cifra questa che inizia a ritornare in più atti dell'ENI e della Regione. A questa cifra si andranno poi ad aggiungere gli ulteriori 50 mila barili provenienti dal vicino giacimento Tempa Rossa della Total quando entrerà a pieno regime.
Alla luce dei numerosi Comuni lucani oggetto della corsa all'oro nero, vale la pena ancora mettere in evidenza il problema degli enti locali visto che la norma, così come concepita, costituisce un arretramento rispetto all'attuale formulazione del vigente articolo 6, comma 17 del Dlgs n. 152/2006 per quanto riguarda il coinvolgimento degli enti locali nei procedimenti autorizzativi per le attività offshore. Come osserva il professor Enzo Di Salvatore, docente di diritto costituzionale dell'Università di Teramo: "Un secondo problema riguarda la partecipazione degli Enti locali al procedimento. La legge n. 239 del 2004 aveva riconosciuto loro questo diritto. Successivamente la legge n. 99 del 2009 ha limitato la partecipazione degli Enti locali al procedimento finalizzato al rilascio dell'autorizzazione al pozzo esplorativo, alla costruzione degli impianti e delle infrastrutture connesse alle attività di perforazione. Ora il decreto sblocca Italia non fa più menzione degli Enti locali."
Se a ciò si aggiunge l'estensione delle procedure semplificate e accelerate ad una larghissima e imprecisata categoria di interventi, è evidente come ciò comporti una inibizione della capacità di intervento nell'iter autorizzativo di un numero indefinito di opere da parte di Regioni, enti locali e cittadini interessati.
E' inaccettabile immaginare ulteriori compromessi che mettano a rischio le preziose risorse idriche, naturali, economiche e storiche che il nostro territorio racchiude. Un patrimonio culturale, di biodiversità, produzioni tipiche e offerta turistica che solo una netta scelta a favore della conservazione ci permetterà di tutelare e valorizzare, puntando ad una concreta prospettiva di sviluppo per il futuro di gran parte del nostro territorio.
Sono in discussione il futuro di intere aree territoriali della Basilicata e lo stesso concetto di sviluppo che non può continuare ad essere imperniato sullo sfruttamento delle risorse petrolifere e del territorio ma sulla tutela dell'ambiente come elemento assolutamente imprescindibile.
Fonte: Regione Basilicata
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