Legge di bilancio per il 2020: Le novità sulla cedolare secca
02/01/2020
L’articolo 1, comma 6, del Bilancio 2020 (legge n. 160/2019 - leggi articolo) riduce dal 15 al 10%
l’aliquota dell’imposta sostitutiva dell’Irpef e delle
relative addizionali, dell’imposta di registro e di quella di bollo
per la tassazione diretta e indiretta del reddito derivante da
contratti di locazione di unità immobiliari urbane a canone
concordato nei comuni ad alta densità abitativa.
L’imposta in commento, la cedolare secca, è stata introdotta nel
nostro ordinamento dal decreto legislativo n.
23/2011 e rappresenta un regime di tassazione facoltativo
che si sostanzia nel pagamento di un’imposta sostitutiva - pari al
21% del canone di locazione annuo stabilito dalle parti -
dell’Irpef e delle addizionali. Non sono dovuti il Registro e il
Bollo, ordinariamente dovuti per registrazioni, risoluzioni e
proroghe dei contratti di locazione.
Il decreto istitutivo, inoltre, ha previsto anche un’aliquota
ridotta al 19% per i contratti a canone concordato, vale a dire
quelli stipulati secondo le disposizioni di cui agli articoli 2,
comma 3 e 8 della legge n. 431/1998, relativi ad
abitazioni ubicate nei comuni ad alta densità abitativa, di cui
all'articolo 1, comma 1, lettere a) e b), del
Dl n. 551/1988, e negli altri comuni ad alta
tensione abitativa individuati dal Cipe.
Per contratti di locazione a canone concordato si intendono quei
contratti in cui le parti definiscono le condizioni contrattuali
sulla base di appositi accordi definiti in sede locale fra
le organizzazioni della proprietà edilizia e quelle dei conduttori
maggiormente rappresentative. I criteri generali,
cui devono attenersi gli accordi locali, sono definiti con apposito
decreto del ministro dei Lavori pubblici, adottato in concerto con
il ministro delle Finanze. Nel medesimo decreto sono individuati
anche i contratti tipo che le parti possono utilizzare in funzione
delle diverse esigenze abitative, (decreto interministeriale 16 gennaio
2017 - ministero Infrastrutture e Trasporti).
In particolare, per quanto riguarda la durata dei contratti a
canone concordato, la legge prevede che non possono avere
una durata inferiore ai tre anni e, alla prima scadenza
del contratto, ove le parti non concordino sul rinnovo dello
stesso, questo è prorogato di diritto per due anni, fatta salva la
facoltà di disdetta da parte del locatore nei casi espressamente
consentiti dalla legge.
Tuttavia, l’aliquota ridotta è riconosciuta a condizione che tali
contratti abbiano a oggetto immobili situati nei comuni di
Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo,
Roma, Torino, Venezia e nei comuni confinanti con gli
stessi; negli altri comuni capoluogo di provincia e nei comuni
considerati ad alta tensione abitativa, individuati nella delibera Cipe 30 maggio 1985, non compresi
nelle lettere precedenti.
Più in generale il Comitato interministeriale per la programmazione
economica, su proposta del ministro dei Lavori pubblici, d’intesa
con i ministri dell’Interno e di Grazia e Giustizia, provvede, ogni
ventiquattro mesi, all'aggiornamento dell’elenco dei comuni.
L’ultima delibera in materia risale al 13 novembre 2003.
Al fine di incentivare l’utilizzo di tale tipologia contrattuale,
per effetto del decreto legge n. 102/2013,
l’aliquota del 19% è stata ridotta al 15%, in relazione ai
contratti a canone concordato, relativi ad abitazioni ubicate nei
comuni ad alta densità abitativa, stipulati nel periodo d'imposta
in corso al 31 dicembre 2013.
Successivamente, con il “decreto casa” (Dl n. 47/2014), l’aliquota in
commento veniva ulteriormente ridotta al 10% in relazione ai
contratti a canone concordato stipulati nei comuni ad alta densità
abitativa, nel corso del quadriennio 2014 – 2017.
In sede di conversione del decreto legge, inoltre, l’applicazione
dell’aliquota agevolata veniva estesa anche ai contratti di
locazione aventi a oggetto immobili situati nei comuni per i quali
fosse stato deliberato, nei cinque anni precedenti la data di
entrata in vigore della legge di conversione del decreto (27 maggio
2014), lo stato di emergenza dovuto a eventi naturali o connessi
con l'attività dell'uomo che, in ragione della loro intensità ed
estensione, avrebbero dovuto essere fronteggiati con mezzi e poteri
straordinari da impiegare durante periodi di tempo limitati e
predefiniti.
Più tardi, la legge n. 205/2017 (il Bilancio
2018), modificando il “decreto casa” ha ulteriormente prorogato il
periodo di validità dell’aliquota ridotta al 10%, di ulteriori due
anni, fino al 2019.
Pertanto, in prossimità dell’imminente scadenza del periodo di
proroga (31 dicembre 2019), il legislatore è intervenuto
nuovamente con la legge di bilancio 2020, modificando
l’articolo 3, comma 2, del Dlgs n. 23/2011, al
fine di rendere permanente la riduzione al 10% dell’aliquota
agevolata.
Inoltre, in virtù del rinvio effettuato dall’articolo 9 del
“decreto casa” alle disposizioni in materia di cedolare secca, la
stessa l’aliquota continuerà ad applicarsi anche ai contratti di
locazione relativi a immobili situati nei comuni per i quali sia
stato deliberato, nei cinque anni precedenti la data di entrata in
vigore della legge di conversione del decreto (27 maggio 2014), lo
stato di emergenza dovuto a eventi calamitosi.
Ricordiamo che l’articolo 3-bis del “decreto crescita”
(Dl n. 34/2019) ha disposto
l’abrogazione dell’obbligo della comunicazione della proroga della
cedolare secca e della relativa sanzione previsti all’articolo 3,
comma 3 del Dlgs n. 23/2011.
Fonte FiscoOggi
pubblicazione dell'Agenzia delle Entrate
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