Libera professione: criticità su tassazione, cambi normativi e concorrenza
09/11/2018
Sono 1,4 milioni i liberi professionisti in Italia (6% della forza lavoro), con un indotto di 2,3 milioni di occupati, che rappresentano il 19% del totale in Unione Europea, confermando il nostro Paese al primo posto.
Primato confermato non solo dalla numerosità censita di liberi professionisti ma anche dal rapporto professionisti/popolazione che in Europa si attesta a 11 ogni 1.000 abitanti, mentre in Italia arriva a 17 che, complice la crisi economica e la riduzione del Pil, giustificano la riduzione dei redditi degli ultimi anni.
Sono questi i numeri emersi all'intero del Rapporto 2018 sulle libere professioni, curato dall'Osservatorio sulle libere professioni, coordinato dal prof. Paolo Feltrin e presentato a Roma in apertura del Congresso nazionale di Confprofessioni. "Negli ultimi dieci anni i liberi professionisti sono l’unica componente del mercato del lavoro che ha retto gli urti della crisi economica, in netta controtendenza rispetto agli altri segmenti occupazionali del mercato del lavoro indipendente - ha commentato il presidente di Confprofessioni, Gaetano Stella - Una tendenza che si rispecchia anche in altri indicatori economici che mostrano incoraggianti segnali di ripresa. Il Rapporto 2018 sulle libere professioni segna infatti un aumento del numero degli iscritti agli ordini e alle casse professionali; i professionisti si attestano intorno a 1.400.000 unità e tra questi cresce la componente dei datori di lavoro".
Interessante è il dato relativo alla "soddisfazione" della propria attività professionale che, per quanto concerne l'area tecnica, ha registrato:
- 14,7% insufficiente
- 37,4% sufficiente o discreto
- 47,9% di buono e ottimo
Dati inversamente proporzionali alla soddisfazione per l’andamento economico della propria attività nelle aree professionali che, invece, registra:
- 39,3% insufficiente
- 45,4% sufficiente o discreto
- 21,6% di buono e ottimo
Interessante è anche il dato relativo alla percezione dei principali rischi a cui è esposta l’attività professionale che vede al primo posto fattori connessi al contesto regolativo quali la tassazione elevata e l’incertezza indotta dalle frequenti modifiche delle norme. Di seguito il risultato dell'analisi condotta all'interno del rapporto:
Quote % di professionisti che indicano
il fattore di rischio
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Rischi connessi al contesto regolativo |
79,8%
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Tassazione elevata |
41,2%
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Continui cambiamenti normativi |
30,3%
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Deregolamentazione delle professioni |
8,3%
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Rischi connessi al mercato - concorrenza |
37,6%
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Concorrenza al ribasso da parte di altri professionisti |
28,2%
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Concorrenza da parte di imprese, multinazionali, franchising |
9,4%
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Rischi connessi al mercato - domanda |
22,3%
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Discontinuità del lavoro, insicurezza |
22,3%
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Rischi connessi all'evoluzione tecnologica |
6,5%
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Obsolescenza / spiazzamento indotto da nuove tecnologie |
6,5%
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I settori trainanti. Le libere professioni abbracciano una realtà estremamente articolata. Dalle discipline artistiche alla consulenza aziendale, dalle scienze umane alle professioni tecniche, dai servizi alla persona alle funzioni di supporto amministrativo, i professionisti italiani rappresentano l’architrave del mercato dei servizi che si rivolge ai cittadini privati come alle imprese, al settore primario come alla P.A. Entrando nel dettaglio, i professionisti dell’area medica, legale e amministrativa rappresentano lo zoccolo duro della libera professione in Italia: messe insieme costituiscono quasi 1/3 dell’universo professionale. Secondo il Rapporto 2018 di Confprofessioni il numero degli avvocati sfiora le 200 mila unità, i medici sono circa 139 mila, mentre i consulenti aziendali si attestano a 119 mila. A ruota seguono architetti (95 mila), ingegneri (73 mila) e psicologi (55 mila). Agronomi e notai chiudono la classifica rispettivamente con 6 mila e 4 mila professionisti.
Professione sempre più rosa. È un’immagine dinamica quella del libero professionista che esce dal Rapporto 2018 di Confprofessioni. Negli ultimi anni, infatti, l’universo professionale italiano sta cambiando pelle e se il mondo delle professioni è tutt’ora dominato dagli uomini, la componente femminile sta rapidamente conquistando terreno. Negli ultimi otto anni sono infatti le donne a trainare la crescita delle libere professioni, con una variazione positiva che si attesta a 176 mila unità, mentre i maschi si fermano a quota 80 mila. Scendendo nel dettaglio, sono le psicologhe e le biologhe a trainare la professione al femminile, da registrare inoltre come nella professione veterinaria le donne abbiano scavalcano gli uomini. Saldamente in mano a questi ultimi, invece, la professione di geologo, geometra e ingegnere. «Stiamo assistendo a un profondo ricambio generazionale, con una marcata tendenza al ribilanciamento di genere» commenta Paolo Feltrin, curatore del Rapporto. «Il peso delle generazioni più giovani e, al loro interno, delle donne, cresce sempre di più. Tra il 2009 e il 2017 gli over 45 che escono dal mercato del lavoro libero professionale sono per quasi l’80% uomini, mentre nello stesso il contributo delle donne alla crescita dei liberi professionisti (+255 mila unità) è del 67%».
Redditi su, ma non per tutti. Se il fatturato complessivo dei liberi professionisti è cresciuto negli ultimi sei anni, anche i redditi medi delle professioni ordinistiche confermano una dinamica positiva. Ma sono dati da prendere con le molle avverte il Rapporto 2018 Confprofessioni, perché ogni fonte utilizza criteri di classificazione differenti. Secondo i dati Mef, il volume di affari dei professionisti è passato dai 188 miliardi del 2011 ai 207 miliardi del 2016, segnando una leggera contrazione tra il 2015 e il 2016 che ha limato al 12,4% (da 12,8%) il contributo dei professionisti al Pil. Altro criterio è quello utilizzato dal Sose (riferito ai soggetti interessati dagli studi di settore) che al 2016 fissa il reddito medio dei professionisti sui 52 mila euro, in crescita del 12% rispetto all’anno precedente. Permane, comunque, un profondo divario tra le diverse professioni: si passa dai 22 mila euro annui degli studi di psicologia ai 285 mila delle attività notarili. Nella parte alta della classifica si collocano anche farmacisti (121 mila euro annui) e studi medici (66 mila euro), mentre nelle retrovie, insieme agli psicologi, si trovano veterinari, geometri e architetti. Anche i dati di lungo periodo indicano una chiave di lettura in chiaro scuro. Tra il 2006 e il 2016 sono calati drasticamente i redditi medi di notai e farmacisti, rispettivamente -40% e -10%. In flessione anche i redditi di architetti (-16%), ingegneri (-12%) e geometri (-5%), penalizzati dalla crisi dell’edilizia e dal blocco degli appalti pubblici. In salita, invece, i redditi di veterinari (+50%), contabili, periti e consulenti (+29%) e psicologi (+22%). Negli ultimi due anni, tuttavia, il Rapporto 2018 di Confprofessioni registra un’inversione di tendenza che ha spinto in avanti le dinamiche reddituali di quasi tutte le categorie professionali.
A cura di Redazione LavoriPubblici.it
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