Liberi Professionisti: quale tutela nel Ddl per il lavoro autonomo?
01/02/2016
Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato. È questo il nome del disegno di legge approvato dal Consiglio dei Ministri n. 102 il 29 gennaio 2016, su proposta del Ministro del Lavoro Giuliano Poletti, che si propone di applicare alcune misure a tutela del lavoro autonomo previsto dal titolo III, Libro V del codice civile.
Il disegno di legge è suddividono in 3 titoli e 22 articoli:
- Titolo I – Tutela del lavoro autonomo
- Titolo II – Lavoro “Agile”
- Titolo III – Disposizioni finali
Dopo aver letto i 22 articoli previsti dal disegno di legge e ascoltato l’urlo assordante dei commenti dei professionisti che dovrebbero essere tutelati da questo provvedimento, appare lecito chiedersi se queste siano delle disposizioni a favore della professione o solo l’ennesima beffa per una categoria ormai in forte crisi. Da una semplice analisi del provvedimento, infatti, non si trovano vere misure a tutela ma solo goffi tentativi di rendere ancora più difficile l'attività libero professionale in questo Paese.
Formazione e Assicurazione
Si pensi, ad esempio, all’art. 5 che prevede da una parte la deducibilità completa dei costi relativi all’obbligo di formazione dei professionisti (provvedimento di per sé utile se non fosse deleterio il sistema di aggiornamento che è stato costruito dai Consigli Nazionali) e dall’altra la possibilità di dedurre integralmente gli oneri sostenuti per attivare un’assicurazione professionale contro il mancato pagamento delle prestazioni. Cosa significa questo?coscienti del fatto che la certezza dei pagamenti è diventata una chimera per molti professionisti che spesso lavorano gratis per il proprio committente, l’unico provvedimento che il Governo è riuscito a partorire costringe il professionista stesso a spendere altri soldi per poter lavorare in tranquillità.
Il commento del Comitato Professioni Tecniche e di Assoarching
Sul Ddl sono intervenuti il Comitato Professioni Tecniche e l'Associazione Liberi Professionisti Architetti e Ingegneri (Assoarching) che in un comunicato congiunto hanno palesato tutta la loro delusione verso un provvedimento che dimostra ancora una volta la distanza tra il mondo politico e quello professionale e l'arroganza di chi "pretende di introdurre delle regole nel lavoro dei professionisti senza dare dovuto ascolto a chi opera nel settore".
Per questo motivo, la richiesta delle due associazioni di liberi professionisti è di rinunciare al ddl ritenuto "vacuo" e "carente" sotto tanti punti di vista e costruire insieme alle libere associazioni di professionisti una nuova legge che ascolti veramente gli autonomi e i loro principali problemi che riguardano la forte pressione fiscale e previdenziale, la certezza dei pagamenti e la qualità della formazione. Secondo le due libere associazioni, infatti, non dovrebbero essere gli Ordini professionali e Consigli Nazionali ad interloquire con la politica, perché non è il loro ruolo istituzionale.
Entrando nel dettaglio, le due associazioni rigettano il disegno di legge per le seguenti motivazioni:
- perché l’idea che il professionista debba stipulare a proprie spese un’assicurazione per avere certezza dei pagamenti (come previsto dall’art. 5 del DDL) ci sembra l’ennesimo favore fatto alle assicurazioni. La certezza dei pagamenti è un diritto che deve tutelare lo Stato non un’assicurazione a spese del creditore. Svolgiamo un’attività con una pressione fiscale e previdenziale che arriva al 70% e si pensa ancora ad aggiungere spese?
- perché si parla di deducibilità dei costi della formazione quando il vero problema è che siamo obbligati ad usufruire dell'offerta formativa proposta dagli ordini o effettuata da enti accreditati dai consigli nazionali, che si è rivelata carente, che ci sottrae tempo e risorse da dedicare all'aggiornamento del livello adeguato a cui i professionisti sono stati da sempre dediti, anche prima che qualcuno lo facesse diventare un obbligo;
- perché riteniamo che il sistema per agevolare la partecipazione ai bandi pubblici non sia quella prevista dall'art. 7 del DDL, ma è necessario eliminare la norma anticostituzionale contenuta nel codice degli appalti che impedisce di lavorare a chi è in condizione di personale irregolarità contributiva.
In definitiva, le associazioni si sono rese disponibili ad un confronto affinché possa nascere una nuova forma collaborativa tra chi legifera e il mondo professionale, in modo da risolvere insieme le tante problematiche nate soprattutto in questi ultimi anni di pesante crisi.
A cura di Ing. Gianluca Oreto
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