NUOVA COSTRUZIONE CON VARIAZIONE DI ALTEZZE E DISTANZE

22/05/2007

Il Tribunale amministrativo regionale della Lombardia, con la sentenza n. 1991 del 26 aprile 2007 ha stabilito che il recupero dei sottotetti non può derogare agli standard minimi imposti dalla normativa nazionale.
Il TAR ha precisato che la norma regionale per il governo del territorio (articolo 64, comma 2, Legge regionale n. 12/2005), che autorizza il recupero dei sottotetti anche in deroga alle distanze minime imposte dagli strumenti comunali, non è applicabile perché contrasta con norme nazionali “a carattere inderogabile, qual è appunto il decreto ministeriale 1444/1968 nella parte in cui disciplina le distanze tra fabbricati”.

La vicenda nasce dalla presentazione di una Denuncia di inizio attività che i proprietari di un edificio residenziale avevano presentato per il recupero ai fini abitativi di un sottotetto ed al successivo provvedimento con cui l’amministrazione comunale aveva vietato l’intevento rilevando che l’incremento dell’altezza di imposta e di colmo del sottotetto non rispettano le distanze minime previste dal D.M. n. 1444/1968.
I proprietari dell’immobile si erano rivolti al Tar della Lombardia, impugnando il provvedimento osservando:
  • che l’intervento in argomento era qualificato dalla legge come “ristrutturazione” rendendo inapplicabile l’articolo 9 del citato D.M. riferito espressamente ai “nuovi edifici”;
  • che avevano stipulato una convenzione con i proprietari degli immobili vicini, per il riconoscimento reciproco del diritto di ridurre la distanza tra fabbricati in caso di sopraelevazione finalizzata al recupero del sottotetto.
Il Comune, costituendosi in giudizio, aveva controdedotto che l'edificio dei ricorrenti era situato in zona B-A, definita dall'articolo 11 delle norme tecniche di attuazione (n.t.a.) come "tessuto di più antica urbanizzazione", e che per gli "interventi edilizi" nelle zone B-A lo stesso articolo 11 (punto 2) prevede una distanza tra pareti finestrate (Df) non inferiore all'altezza H e comunque non inferiore a mt 10,00.
I Giudici nella sentenza precisano che:
  • la nozione di "interventi edilizi" di cui all'articolo 11 n.t.a. è tale da ricomprendere anche la ristrutturazione quando essa comporti l'ampliamento di edifici "all'esterno della sagoma esistente";
  • l'art. 9 del d.m. 2 aprile 1968, n. 1444,pur riferendosi (comma 1, n. 2) alla realizzazione di "nuovi edifici", è applicabile anche agli interventi di sopraelevazione, e dunque anche alle ristrutturazioni che comportino un incremento non trascurabile dell'altezza del fabbricato;
  • la normativa in questione, mirando ad evitare la creazione di intercapedini in grado di impedire la libera circolazione dell'aria, come tali produttive di insalubrità oltreché riduttive di luminosità e dunque non autorizzabili per motivi igienico, risponde ad esigenze pubblicistiche che sovrastano gli interessi dei singoli, per soddisfare interessi generali, e non è pertanto suscettibile i deroghe patrizie.
I giudici precisano anche che a sostegno dell'opposta tesi non può essere invocato l'art. 64, secondo comma, della legge regionale n. 12 del 2005, secondo cui il recupero a fini abitativi dei sottotetti esistenti " ... è ammesso anche in deroga ai limiti ed alle prescrizioni degli strumenti di pianificazione comunale ...", dovendo la norma interpretarsi nel senso che la derogabilità non opera nei casi in cui lo strumento urbanistico riproduce disposizioni normative di rango superiore, a carattere inderogabile, qual è appunto il decreto ministeriale nella parte in cui disciplina le distanze tra fabbricati, trattandosi di materia inerente l'ordinamento civile e rientrante, come tale, nella competenza esclusiva dello Stato.

Per questi motivi Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia ha respinto il ricorso dei proprietari.

A cura di Paolo Oreto


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