NUOVA SENTENZA DELLA CASSAZIONE
04/12/2007
Dopo la sentenza della Corte costituzionale 24 ottobre 2007,
n. 348 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art.
5-bis, commi 1 e 2, del decreto legge 11 luglio 1992, n. 333
convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1992, n. 359,
per violazione dell’art. 111 della Costituzione, in relazione alla
Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle
libertà fondamentali (CEDU) con la conseguenza dell’illegittimità
costituzionale anche dell'art. 37, commi 1 e 2, del DPR 327/2001
(TU delle espropriazioni per pubblica utilità) che ne ha riprodotto
il contenuto, arriva la sentenza della Cassazione n. 24397 del
23/11/2007 che ha rafforzato la tutela nei confronti dei
proprietari a cui vengono illegittimamente occupati dei
terreni.
Il caso si riferisce a due società private a cui la regione Lazio ed un consorzio di bonifica avevano espropriato illegittimamente un terreno che, a causa degli interventi di trasformazione per la realizzazione di un opera pubblica, era stato danneggiato in modo irreversibile.
Già il Tribunale superiore delle acque pubbliche aveva dichiarato la responsabilità della pubblica amministrazione ed il consorzio, sentenza, appunto, confermata dalla cassazione che ha imposto anche il risarcimento danni motivando così la decisione: “qualora l’amministrazione espropriante avvalendosi dello schema, affidi ad altro soggetto, mediante una concessione, la realizzazione di un’opera pubblica e gli deleghi nello stesso tempo gli oneri concernenti la procedura ablatoria, l’illecito in cui consiste l’occupazione appropriativa, per cui, a causa della trasformazione irreversibile del suolo in mancanza del decreto di esproprio, si verifica comunque la perdita della proprietà a danno del privato, è ascrivibile anzitutto al soggetto che ne sia stato autore materiale, pur senza essere munito del titolo che l’autorizzasse”.
In merito specifico poi alla questione affrontata la Cassazione ha aggiunto: “esiste una corresponsabilità dell’Ente delegante, il quale con il conferimento del mandato non si spoglia delle responsabilità relative allo svolgimento della procedura espropriativa secondo i suoi parametri soprattutto temporali, e conserva quindi l’obbligo di sorvegliare il corretto svolgimento, anche perché questo si svolge non solo in nome e per conto di detta amministrazione, ma altresì d’intesa con essa”. .
© Riproduzione riservata
Il caso si riferisce a due società private a cui la regione Lazio ed un consorzio di bonifica avevano espropriato illegittimamente un terreno che, a causa degli interventi di trasformazione per la realizzazione di un opera pubblica, era stato danneggiato in modo irreversibile.
Già il Tribunale superiore delle acque pubbliche aveva dichiarato la responsabilità della pubblica amministrazione ed il consorzio, sentenza, appunto, confermata dalla cassazione che ha imposto anche il risarcimento danni motivando così la decisione: “qualora l’amministrazione espropriante avvalendosi dello schema, affidi ad altro soggetto, mediante una concessione, la realizzazione di un’opera pubblica e gli deleghi nello stesso tempo gli oneri concernenti la procedura ablatoria, l’illecito in cui consiste l’occupazione appropriativa, per cui, a causa della trasformazione irreversibile del suolo in mancanza del decreto di esproprio, si verifica comunque la perdita della proprietà a danno del privato, è ascrivibile anzitutto al soggetto che ne sia stato autore materiale, pur senza essere munito del titolo che l’autorizzasse”.
In merito specifico poi alla questione affrontata la Cassazione ha aggiunto: “esiste una corresponsabilità dell’Ente delegante, il quale con il conferimento del mandato non si spoglia delle responsabilità relative allo svolgimento della procedura espropriativa secondo i suoi parametri soprattutto temporali, e conserva quindi l’obbligo di sorvegliare il corretto svolgimento, anche perché questo si svolge non solo in nome e per conto di detta amministrazione, ma altresì d’intesa con essa”. .
A cura di Paola
Bivona
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